impostaNel revisionare il sistema sanzionatorio amministrativo secondo criteri di predeterminazione e proporzionalità, il decreto attuativo della delega conferita al Governo con legge 23/2014 ha apportato rilevanti modifiche alle fattispecie di omessa e infedele dichiarazione ai fini delle imposte dirette, ai fini Iva e ai fini delle violazioni commesse dal sostituto d’imposta (di cui, rispettivamente, agli articoli 1, 5 e 2 del Dlgs 471/1997). In particolare, l’articolo 15 del decreto, comma 1, lettere b) ha apportato interventi puntuali alla disciplina delle violazioni relative alla dichiarazione dei sostituti d’imposta.

 

Così come già detto in merito alle violazioni in materia di imposte dirette, è nelle modifiche apportate all’impianto sanzionatorio connesso all’istituto dichiarativo che emergono, in modo più evidente, le finalità della legge di delega, ossia la piena attuazione dei principi di effettività, proporzionalità e certezza del sistema sanzionatorio.

 

Ciò ha portato il legislatore delegato a introdurre modifiche alle violazioni dichiarative commesse dal sostituto d’imposta secondo uno schema, sotto alcuni profili analogo, che prevede la piena graduazione della risposta sanzionatoria alle condotte illecite a seconda che le stesse si connotino per:

 

  • fraudolenza del sostituto, ciò che determina la più severa risposta da parte dell’ordinamento

 

  • elemento soggettivo della colpa e assenza di comportamenti fraudolenti

 

  • colpa lieve o particolare esiguità del danno erariale cagionato dall’errore.

 

 

Si ricorda che il sostituto d’imposta – definito dall’articolo 64 del Dpr 600/1973, recante disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi, come “Chi in forza di disposizioni di legge è obbligato al pagamento di imposte in luogo di altri, per fatti o situazioni a questi riferibili ed anche a titolo di acconto..” – ai sensi degli articoli 23 e seguenti del citato Dpr n. 600 è tenuto a operare una ritenuta sui redditi, corrispettivi, provvigioni, dividendi e, più in generale, sugli emolumenti corrisposti nei confronti del percipiente (sostituito), a titolo d’imposta o a titolo di acconto dell’imposta sul reddito delle persone fisiche o dell’imposta sul reddito delle società dovuta dallo stesso percipiente. A tale obbligo si accompagna quello, conseguenziale, di versamento delle ritenute operate e quelli strumentali di certificazione e dichiarazione delle stesse.

 

L’articolo 2 in esame disciplina, in primo luogo, le sanzioni applicabili al sostituto per violazioni relative all’obbligo dichiarativo, la cui disciplina sostanziale è contenuta, primariamente, nell’articolo 4 del Dpr 322/1998, rubricato “Dichiarazione e certificazioni dei sostituti d’imposta“. Ai fini sanzionatori, è stato introdotto il concetto di ultra-tardività della dichiarazione presentata dal sostituto d’imposta, prevedendo che, se la dichiarazione viene presentata oltre i 90 giorni dalla scadenza del termine ma entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo, alla violazione si applica la sanzione amministrativa pari alla metà di quella ordinaria prevista per l’omissione totale, ossia la sanzione dal 60 al 120% dell’ammontare delle ritenute non versate, con un minimo di 200 euro.

 

Ciò, nel presupposto – valido anche ai fini delle dirette e dell’Iva – che non siano già iniziate attività di controllo. Si ricorda che le dichiarazioni presentate oltre il termine di 90 giorni dalla scadenza del termine “si considerano omesse, ma costituiscono, comunque, titolo per la riscossione delle imposte dovute in base agli imponibili in esse indicati e delle ritenute indicate dai sostituti d’imposta” (articolo 2, comma 7, Dpr 322/1998). Sebbene la dichiarazione presentata oltre detto termine continui a considerarsi omessa, non essendo stata oggetto di modifica la disciplina sostanziale dei termini di presentazione delle dichiarazioni, tuttavia la risposta sanzionatoria sarà più lieve per il sostituto che, sebbene con notevole ritardo, abbia comunque provveduto a porre in essere l’adempimento dichiarativo.

 

Inoltre, la sanzione per infedeltà della dichiarazione – che, per espressa previsione di legge, ricorre laddove “l’ammontare dei compensi, interessi ed altre somme dichiarati è inferiore a quello accertato” – viene fissata nella misura compresa tra il 90 e il 180% dell’importo delle ritenute non versate, con riduzione dell’ammontare edittale, prima fissato nella misura compresa tra il 100 e il 200 per cento.

 

È proprio con riferimento all’infedeltà che vengono riproposte le graduazioni sanzionatorie già viste per l’infedele dichiarazione ai fini delle imposte dirette, connaturate al disvalore del comportamento tenuto dal sostituto o alla lievità del danno cagionato all’erario. In particolare:

 

  • la sanzione base (dal 90 al 180%) è aumentata della metà quando la violazione è realizzata mediante l’utilizzo di documentazione falsa, mediante artifici o raggiri, condotte simulatorie o fraudolente

 

  • al di fuori delle condotte fraudolente del sostituto, quando l’ammontare delle ritenute non versate è inferiore al 3% delle ritenute riferibili all’ammontare dei compensi, interessi ed altre somme dichiarati e, comunque, è inferiore a 30mila euro, la sanzione base è ridotta di un terzo.

 

Per determinare l’ammontare delle ritenute non versate da paragonare alle ritenute dichiarate, occorre prendere a riferimento solo le ritenute riferibili alla differenza tra l’ammontare dei compensi, interessi e altre somme accertati e quelli dichiarati.

 

Nel comma 4-bis della disposizione in commento viene prevista, anche per i sostituti d’imposta, la definizione di ciò che deve rappresentare la base di commisurazione della sanzione, prima prevista solo con riferimento alla dichiarazione infedele ai fini delle imposte sui redditi.

 

In particolare, si precisa che per ritenute non versate si intende “la differenza tra l’ammontare delle ritenute accertate e quelle liquidabili in base alla dichiarazione, ai sensi degli artt. 36-bis e 36-ter del D.P.R. n. 600 del 1973“. Come risulta dalla relazione illustrativa, tale intervento vuole escludere espressamente che la base di commisurazione della sanzione per infedele dichiarazione nei confronti dei sostituti d’imposta possa comprendere anche le maggiori imposte liquidabili ai sensi degli articoli 36-bis e 36-ter del Dpr 600/1973, sulle quali non deve trovare applicazione la sanzione per infedeltà bensì per omesso versamento, di cui all’articolo 13, comma 1, del Dlgs 471/1997.

 

Infine, per ragioni di coerenza con la disciplina dettata ai fini delle imposte sui redditi, è stata introdotta un’esimente in favore del sostituto d’imposta nel nuovo comma 4-ter, in forza del quale viene esclusa l’applicazione della sanzione per infedele dichiarazione in caso di rettifica del valore normale dei prezzi di trasferimento praticati nell’ambito delle operazioni di cui all’articolo 110, comma 7, del Tuir.

 

Ai fini di una migliore comprensione della novità si ricorda che, in forza di tale ultima disposizione, i componenti del reddito derivanti da operazioni con società non residenti nel territorio dello Stato – che direttamente o indirettamente controllano l’impresa, ne sono controllate o sono controllate dalla stessa società che controlla l’impresa – sono valutati in base al valore normale dei beni ceduti, dei servizi prestati e dei beni e servizi ricevuti, se ne deriva aumento del reddito.

 

La medesima disposizione si applica anche se ne deriva una diminuzione del reddito, ma soltanto in esecuzione degli accordi conclusi con le autorità competenti degli Stati esteri a seguito delle speciali “procedure amichevoli” previste dalle convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni sui redditi. Ai fini delle imposte sui redditi, l’articolo 1, comma 2-bis già prevedeva, in caso di rettifica del valore normale dei prezzi di trasferimento praticati nell’ambito delle richiamate operazioni, la non applicazione della sanzione per infedele dichiarazione qualora il contribuente, nel corso dell’attività di controllo, consegni all’Amministrazione finanziaria la documentazione idonea a consentire il riscontro della conformità al valore normale dei prezzi di trasferimento praticati.

 

Il contribuente che detiene tale documentazione – indicata in apposito provvedimento del direttore dell’Agenzia delle Entrate – è tenuto a darne comunicazione all’Amministrazione, in assenza della quale non trova applicazione l’esimente in esame.

 

Un’analoga esimente non era, tuttavia, prevista per l’ipotesi in cui la società residente nel territorio dello Stato, in relazione alle predette operazioni, avesse assunto la qualifica di sostituto d’imposta e, per effetto della rettifica del valore normale di operazioni poste in essere con le predette società non residenti nel territorio dello Stato, avesse applicato ritenute convenzionali in misura inferiore rispetto a quelle che si sarebbero dovute applicare per effetto della rettifica del valore normale (tale ipotesi può verificarsi nell’ambito delle speciali “procedure amichevoli” previste dalle convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni sui redditi, in esecuzione degli accordi conclusi con le autorità competenti degli Stati esteri. In tale caso, la rettifica riguarda il soggetto estero e, in capo alla società residente nel territorio dello Stato, si determina, ai fini delle imposte dirette, una diminuzione del reddito).

 

Con la modifica è stata, pertanto, introdotta un’esimente speculare a quella prevista ai fini delle imposte dirette, prevedendo che la sanzione per infedele dichiarazione non si applica se il sostituto presenta all’Amministrazione finanziaria il Masterfile e la documentazione nazionale richiesti ai fini del transfer pricing.

 

Da ultimo, si ricorda che il sostituto d’imposta, ai sensi dell’articolo 14 del Dlgs 471/1997, risponde anche delle violazioni dell’obbligo di esecuzione di ritenute alla fonte. Tale sanzione – che, sebbene espressa in misura proporzionale, ha natura formale, in quanto non collegata al mancato versamento del tributo, che rimane violazione autonoma – è irrogabile al sostituto che non esegue, in tutto o in parte, le ritenute alla fonte, “soggetto alla sanzione amministrativa pari al venti per cento dell’ammontare non trattenuto, salva l’applicazione delle disposizioni dell’articolo 13 per il caso di omesso versamento“.

 

Il decreto ha eliminato, rispetto alla previgente formulazione, il riferimento all’applicazione delle disposizioni dell’articolo 13 per il caso di omesso versamento, ciò per evitare che il sostituto possa rispondere anche per la violazione di omesso versamento nell’ipotesi in cui venga accertato che lo stesso non ha operato né dichiarato ritenute, ipotesi in cui trova applicazione esclusivamente l’applicazione della sanzione per infedele dichiarazione e omessa esecuzione della ritenuta.