La riforma delle agenzie fiscali: Ruffini interviene al Senato. Il nuovo assetto in discussione consente di valorizzare il personale per le specifiche competenze attraverso regole più flessibili per l’assegnazione di incentivi retributivi e promozioni.
“Ripartire dall’originale impostazione del modello delle agenzie della fine degli anni Novanta e porla al passo con i tempi, rafforzando, da un lato, i poteri di indirizzo e controllo del Governo e del ministero dell’Economia e delle Finanze e, dall’altro, restituendo quella flessibilità ed efficienza gestionale che corpi tecnici specializzati come le agenzie fiscali richiedono”. Ad affermarlo il direttore dell’Agenzia delle entrate, Ernesto Maria Ruffini, in audizione, questo pomeriggio, alla commissione Finanze e Tesoro della Senato, sul disegno di legge che prevede la riorganizzazione delle agenzie fiscali.
Ruffini ha ripercorso, nella prima parte del suo intervento, la storia della trasformazione del Fisco italiano nel modello “agenzie”, un’evoluzione che garantisce una maggiore autonomia operativa e più flessibilità nella gestione delle risorse umane e materiali. Un cambiamento in linea con il Dlgs 29/1993, il decreto di riforma delle pubbliche amministrazioni, al quale si deve l’affermazione del principio della distinzione tra le funzioni di indirizzo e controllo, assegnati agli organi di governo, e attuazione e gestione, affidate alla dirigenza.
Si può dire che, con il nuovo modello, il dirigente pubblico diventa un “amministratore dotato di autonomia gestionale di un proprio budget, gestore di risorse umane e strumentali e destinatario di responsabilità di risultato”. Sulla scia della riforma organizzativa sono arrivati anche istituti fiscali innovativi come l’accertamento con adesione, la compensazione tra crediti e debito, l’interpello generalizzato, la dichiarazione telematica. Il nuovo assetto rispondeva, tra l’altro, agli input provenienti da studi e report elaborati da organismi internazionali, come l’Ocse, la Commissione europea e l’Fmi, che indirizzavano verso l’autonomia delle amministrazioni fiscali, perché più efficienti ed efficaci del format ministeriale, grazie alla loro specificità e competenza. A confermare la validità di tale modello, inoltre, i risultati già raggiunti da altri Stati.
Un adeguato sviluppo di questo tipo di organizzazione, in allineamento con gli standard internazionali, ha richiesto anche una maggiore autonomia nelle procedure di selezione della dirigenza, introducendo una sperimentazione sul campo dei candidati, per valutarne con più certezza capacità manageriali e competenze. In questo senso è intervenuto il Dlgs 300/1999. Ma pian piano l’azione delle agenzie ha perso l’autonomia gestionale prevista in origine dal legislatore. Un esempio, ricorda il direttore delle Entrate, è il meccanismo di approvazione delle delibere riguardanti il funzionamento interno, ora operative soltanto dopo l’approvazione del ministro, mentre in base al Dlgs 300/1999 era sufficiente l’ok del Comitato di gestione salvo sospensione richiesta dal ministro.
Altre criticità rilevate rispetto al disegno iniziale sono la riduzione del mandato dei direttori delle agenzie da cinque a tre anni, l’aver fatto confluire il personale nello stesso comparto di contrattazione dei ministeri, degli enti pubblici non economici, delle istituzioni ed enti di ricerca, delle università, e i limiti posti dalla norma in materia di inconferibilità e incompatibilità di incarichi.
Sulla base di questi presupposti, Ruffini dichiara, quindi, di condividere il disegno di legge in discussione “finalizzato a ripristinare spazi di autonomia per le agenzie”. Il provvedimento legislativo tiene sicuramente conto, afferma il direttore, dei rapporti dell’Ocse e dell’Fmi sullo stato dall’amministrazione tributaria italiana, pubblicati a luglio 2016, dai quali emerge un Fisco che, con il modello “agenzie” ha migliorato la sua performance. Gli stessi studi, però, evidenziano “la necessità – già fatta propria dall’autorità politica nella legge delega fiscale del 2014 – di riorientare l’attività di controllo e accertamento al fine di potenziare la compliance e l’adempimento spontaneo, prevenire ex ante i rischi di evasione ed elusione piuttosto che tentare di reprimerli ex post, ridurre il contenzioso”.
Le tradizionali modalità di contrasto all’evasione e alla frode devono, quindi, essere accompagnate da misure “che valorizzino il confronto preventivo tra fisco e contribuente, garantiscano certezza normativa e procedurale, realizzino una reale semplificazione dei regimi fiscali e degli adempimenti, riducano l’impatto dell’attività di accertamento sullo svolgimento dell’attività economica dei contribuenti. È un’operazione ambiziosa e complessa, ma allo stesso indispensabile, se si vuole un sistema fiscale efficiente e al passo con i tempi”.
Per “fronteggiare tali sfide” il Comitato di gestione dell’Agenzia, con l’approvazione del ministro dell’Economia e delle Finanze, ha modificato in modo molto più incisivo che nel passato, l’articolo 3 del regolamento dell’Agenzia delle Entrate, nel quale vengono individuate le organizzazioni di vertice centrali. Il nuovo assetto, afferma il capo delle Entrate, porterà agli effetti previsti, però, soltanto se supportato da una rinnovata autonomia di gestione.
Ruffini, tornando al progetto di legge in argomento, dichiara che intende soffermarsi più sulla filosofia di fondo dell’intervento legislativo, e in particolare sull’articolo che modifica il Dlgs 300/1999, che sulle condivisibili singole modifiche. Da rilevare, per il direttore, che secondo la riforma, al ripristino di una maggiore flessibilità e autonomia limitata alla gestione interna dell’amministrazione fiscale, fa da contrappeso una più incisiva responsabilizzazione nei confronti dell’autorità politica e dell’opinione pubblica.
Un aspetto fondamentale su cui intervenire, come evidenziato anche dal rapporto dell’Fmi, per garantire un’adeguata autonomia, è il meccanismo che prevede “regole complesse e rigide per la valutazione del personale, gli incentivi retributivi e la promozione”. Da sostenere, quindi, per il direttore, il ripristino del comparto autonomo di contrattazione, così da poter meglio valorizzare le capacità e competenze sia sul piano giuridico che economico. La modifica comporta effetti determinanti anche sul sistema di reclutamento, la determinazione delle dotazioni organiche, l’accesso alla dirigenza, le posizioni organizzative non dirigenziali e le relative regole di accesso.
In particolare di disegno di legge prevede le modalità concorsuali di assunzione di dirigenti. Le prove saranno basate su materie riguardanti il ruolo istituzionale che il candidato dovrà rivestire e saranno prese in considerazione le sue esperienze lavorative. La selezione si baserà non soltanto sulle conoscenze tecniche ma anche sulle capacità gestionale dell’aspirante dirigente. Fondamentale, inoltre, per Ruffini, l’aver definito la posizione dei “quadri”, ovvero di quelle figure intermedie tra funzionari e dirigenti. In questo modo l’amministrazione potrà premiare dipendenti capaci per i quali si riapre anche una possibilità di sviluppo di carriera.
Il direttore dell’Agenzia delle Entrate auspica, quindi, che il progetto di legge vada in porto per evitare che le amministrazioni fiscali entrino in crisi e con esse il sistema tributario italiano e il “nostro stesso vivere civile”. È fondamentale, infatti, conclude Ruffini “che le agenzie fiscali riprendano quel cammino che un tempo sembrò così ben avviato; e per questo è indispensabile, è urgente che alle agenzie sia dato un quadro chiaro di ciò a cui esse hanno diritto nello svolgere la propria attività perché solo così possiamo da esse pretendere quello che da esse ci aspettiamo”.