Una significativa novità, introdotta nell’ottica di generale favor verso l’istituto dell’interpello, concerne la regolamentazione di una fase nuova (la richiesta di regolarizzazione) che, nella disciplina previgente, era contemplata solo per il vizio di sottoscrizione e che ora assume portata generale.
L’amministrazione invita il contribuente a regolarizzare gli elementi carenti dell’istanza qualora riscontri che l’interpello sia privo di uno dei seguenti requisiti:
– l’indicazione della tipologia di interpello
– le disposizioni di cui si richiede l’interpretazione, l’applicazione o la disapplicazione
– l’esposizione della soluzione prospettata dal contribuente
– l’indicazione del domicilio e dei recapiti anche telematici dell’istante o dell’eventuale domiciliatario e la sottoscrizione dell’istante o del suo legale rappresentante, ovvero del procuratore generale o speciale incaricato nonché, in quest’ultimo caso, la produzione della procura.
Interpretando lo spirito di favore sotteso all’istituto della regolarizzazione, è facoltà dell’amministrazione attivare la procedura soltanto nelle ipotesi in cui la mancanza di alcuni dati pregiudichi la possibilità di istruire l’istanza e di rendere una risposta nel merito. Questa precisazione assume particolare rilevanza con riferimento all’indicazione della tipologia di istanza e alle disposizioni di cui si richiede l’interpretazione, l’applicazione o la disapplicazione.
Di seguito, a titolo esemplificativo, alcuni casi individuati dall’Agenzia delle Entrate nella circolare 9/2016, per i quali la regolarizzazione può non essere richiesta:
- omessa indicazione del riferimento all’articolo 11, comma 1, lettera b), dello Statuto (interpello probatorio) in relazione a un’istanza relativa alla disciplina delle Cfc, se dal contenuto della stessa emerge chiaramente che essa è tesa a ottenere un parere sull’idoneità degli elementi indicati nell’istanza ai sensi e per gli effetti di cui ai commi 5 e 8-ter dell’articolo 167 del Tuir
- assenza della indicazione delle norme di cui si chiede l’interpretazione, l’applicazione o la disapplicazione, qualora risulti inequivocabile, nella descrizione della fattispecie e nella esposizione della soluzione, la norma o le norme di riferimento.
Viceversa, la regolarizzazione appare necessaria:
- quando dall’istanza non appare agevole desumere se, rispetto alle disposizioni invocate, il contribuente intenda chiedere un parere di tipo strettamente interpretativo o di tipo diverso (ad esempio, probatorio o disapplicativo)
- quando la mancata indicazione delle norme e/o del settore impositivo di riferimento si traduce nella impossibilità di istruire le istanze, come nel caso delle nuove istanze antiabuso
- quando i dati richiesti sono carenti e le indicazioni fornite nell’istanza appaiono tra loro contraddittorie e non consentono una trattazione dell’istanza.
Il procedimento di regolarizzazione prevede che:
- la direzione competente alla trattazione dell’istanza, entro trenta giorni dalla data di presentazione, invita l’istante alla regolarizzazione segnalando il dato o i dati carenti
- il contribuente, nei trenta giorni successivi alla ricezione della predetta richiesta, provvede a regolarizzare l’istanza carente.
Nel caso il contribuente produca gli elementi carenti, i termini per la risposta decorrono dalla data di consegna o ricezione degli stessi da parte dell’Agenzia. Viceversa, qualora la regolarizzazione non pervenga nei previsti trenta giorni dalla ricezione dell’invito, l’istanza è dichiarata inammissibile. L’amministrazione, oltre i trenta giorni previsti per la regolarizzazione, può comunque richiedere al contribuente i dati carenti; la richiesta, tuttavia, non determina alcun differimento del dies a quo dei termini per la risposta, che restano collegati alla presentazione dell’istanza alla direzione competente. Gli elementi richiesti per la regolarizzazione devono essere trasmessi con le stesse modalità previste per la presentazione dell’interpello (consegna a mano, raccomandata a/r, Pec o posta elettronica libera, per i soli contribuenti cui ne è consentito l’uso) e non potranno essere considerate validamente presentate le istanze che siano trasmesse con canali diversi da quelli previsti.
Infine, è stato precisato che la regolarizzazione non deve essere richiesta tutte le volte in cui l’Agenzia sia in grado di riscontrare, entro i trenta giorni dalla ricezione, sulla base dei dati contenuti nell’istanza, l’inammissibilità della medesima (ad esempio, nel caso di difetto di preventività o in caso di difetto dei requisiti essenziali non suscettibili di regolarizzazione) in quanto, pur in presenza di istanza formalmente regolare, non sarebbe comunque possibile istruire nel merito il quesito presentato.
La richiesta di documentazione integrativa
Quando non è possibile fornire risposta sulla base della documentazione allegata all’istanza, l’amministrazione può richiedere al contribuente di fornire ulteriore documentazione. Le nuove regole procedurali prevedono:
- la richiesta di documentazione integrativa attivabile per tutte le tipologie di interpello
- la riduzione dei tempi di risposta a seguito della ricezione della documentazione integrativa, innovando sui tempi complessivi di risposta: per tutte le tipologie di istanza l’amministrazione dispone di ulteriori sessanta giorni.
Il contribuente è tenuto a fornire tutta la documentazione richiesta, trasmettendola con le stesse modalità di presentazione dell’istanza (consegna a mano, raccomandata a/r, Pec e posta elettronica libera, solo per i soggetti cui ne è consentito l’utilizzo), preferibilmente su supporto informatico.
La risposta dell’amministrazione
In ordine alla risposta al contribuente, la revisione del sistema ha previsto significative novità riguardo alla tempistica. L’amministrazione deve fornire il parere:
- entro novanta giorni dalla ricezione dell’istanza da parte della direzione competente per gli interpelli ordinari, sia “puri” che “qualificatori”
- entro centoventi giorni per tutte le altre tipologie di istanze.
Oltre alla riduzione dei tempi per la risposta, rilevante per gli interpelli ordinari per i quali il termine previgente di centoventi giorni viene ridotto a novanta, il legislatore ha attribuito a tutti i termini quel carattere di perentorietà che non era previsto per tutte le tipologie di istanze dalla precedente disciplina, prevedendo la regola del silenzio assenso che prima caratterizzava solo le istanze di interpello ordinario.
Le risposte a istanze inammissibili
Riguardo all’inammissibilità delle istanze sono ora previste tassativamente le seguenti ipotesi:
- carenza dei dati identificativi dell’istante e mancanza della descrizione puntuale e specifica della fattispecie
- mancanza di preventività
- mancanza delle condizioni di obiettiva incertezza
- reiterazione di istanze per le quali il contribuente abbia già ottenuto un parere
- presentazione di istanze che vertono su materie oggetto delle procedure espressamente escluse dalla disciplina comune degli interpelli e, cioè, gli accordi preventivi di cui all’articolo 31-ter del Dpr 600/1973, l’interpello sui nuovi investimenti e qualsiasi tipologia di interpello, per le istanze dei contribuenti che hanno avuto accesso al regime dell’adempimento collaborativo
- istanze che interferiscono con l’esercizio dei poteri accertativi, perché vertenti su questioni per le quali sono state già avviate attività di controllo alla data di presentazione dell’istanza. In questo caso, l’inammissibilità, stante il tenore letterale della norma che riferisce le attività di controllo non all’istante ma alle questioni oggetto dell’istanza, ricorre non solo per le attività riferite direttamente al contribuente (quindi anche a terzi) purché l’istante ne sia formalmente a conoscenza e opera anche nel caso in cui oggetto di accertamento non siano direttamente i comportamenti oggetto dell’istanza ma altri, riferiti a precedenti periodi di imposta, comunque strettamente correlati alla richiesta di interpello, perché, tra l’altro, perfettamente sovrapponibili. Si ricorda, infine, che il riferimento alle “attività di controllo” va interpretato in senso ampio e comprende anche l’avvenuta presentazione di istanze di rimborso o istanze di annullamento, anche parziale, in autotutela, nonché le attività di accertamento tecnico di competenza dell’amministrazione procedente
- istanze non regolarizzate nel previsto termine di trenta giorni.
Con riferimento ai casi in cui l’interpello sia dichiarato inammissibile per mancanza delle condizioni di obiettiva incertezza legate, in particolare, al fatto che l’amministrazione ha già fornito la soluzione di fattispecie corrispondenti a quella rappresentata dall’istante mediante atti resi pubblici nelle forme previste dalla legge, è onere dell’Agenzia fornire al contribuente l’indicazione dell’atto nel quale quest’ultimo può trovare risposta al quesito presentato nonché fornire una sintetica descrizione della risposta, per la parte che rileva ai fini del quesito presentato. Resta confermato, in ogni caso, che alle istanze inammissibili non viene fornito riscontro nemmeno a titolo di consulenza giuridica (cfr circolare 32/2010).
La rettifica della risposta
L’amministrazione – stante l’immanenza del generale potere di autotutela – ha sempre la possibilità di comunicare al contribuente istante un cambio di orientamento rispetto alla precedente risposta fornita espressamente (risposta rettificativa vera e propria) o consolidatasi per effetto del silenzio (risposta tardiva). Gli effetti della risposta all’istanza sono interrotti dalla comunicazione da parte dell’amministrazione di un nuovo parere che integra e/o corregge quello precedentemente reso. Con riguardo alle fattispecie suscettibili di ripetersi nel tempo e alle ipotesi in cui l’amministrazione fornisca una nuova risposta sfavorevole all’istante, il contribuente non potrà beneficiare degli effetti del primo parere per i comportamenti da lui posti in essere dopo la comunicazione della risposta rettificativa.
Più in generale, al di là delle ipotesi aventi a oggetto fattispecie ripetitive, resta confermata la regola secondo cui occorre aver riguardo al momento in cui la rettifica della risposta viene notificata o comunicata al contribuente. Ove, infatti, al momento della ricezione della risposta rettificativa, quest’ultimo abbia già posto in essere il comportamento prospettato nell’istanza o dato attuazione alla norma oggetto dell’interpello, comportandosi in senso conforme al parere dell’Agenzia (anche formatosi per effetto del silenzio), resta confermata la regola della nullità degli eventuali atti impositivi o sanzionatori fondati sul diverso parere contenuto nella risposta rettificativa. Qualora, invece, la nuova risposta sia notificata o comunicata prima che l’istante abbia tenuto il comportamento prospettato o dato attuazione alla norma oggetto dell’interpello, l’Amministrazione finanziaria, in applicazione del parere contenuto nella nuova risposta e disatteso dal contribuente, può recuperare le imposte eventualmente dovute e i relativi interessi, senza tuttavia, in applicazione del principio di tutela dell’affidamento, irrogare le sanzioni.
La rinuncia
Una novità della nuova disciplina è rappresentata dalla regolamentazione della rinuncia all’interpello sia espressa (formalizzata con una richiesta del contribuente) che implicita (in caso di mancata trasmissione della documentazione integrativa, decorso un anno dalla richiesta). In pendenza dei termini di istruttoria dell’interpello, resta ferma la possibilità per i contribuenti di presentare con le modalità consentite la rinuncia espressa all’interpello alla direzione competente. La rinuncia è trasmessa con le stesse modalità previste per la presentazione dell’interpello e deve essere sottoscritta dall’istante o dal suo legale rappresentante o dal procuratore generale o speciale, con l’avvertenza che, anche in questo caso, la procura alla rinuncia – se non contenuta in calce o a margine dell’atto – deve essere a quest’ultimo allegata.
Per effetto della presentazione della rinuncia espressa, si determina un’anticipata chiusura del procedimento senza che la risposta venga resa e senza che – evidentemente – il silenzio assuma significato; l’Agenzia prende atto della rinuncia effettuando tempestivamente la relativa notificazione o comunicazione al contribuente. Con riferimento alla rinuncia implicita, che si verifica quando la documentazione integrativa non è trasmessa dal contribuente entro un anno dalla data della relativa richiesta, la direzione competente prende atto della rinuncia all’interpello effettuando tempestivamente la relativa notificazione o comunicazione.
La pubblicità delle risposte
Lo Statuto ha, tra l’altro, codificato le ipotesi in cui l’amministrazione provvede a dare pubblicità, al fine di garantire la trasparenza dell’azione amministrativa, alle risposte fornite in sede di interpello. Queste ricorrono quando:
- la medesima questione o questioni analoghe sono presentate da un numero elevato di contribuenti
- sia stata fornita l’interpretazione di norme di recente approvazione o di disposizioni per le quali manchino indicazioni ufficiali della stessa amministrazione
- sulla questione oggetto dell’istanza, l’amministrazione sia a conoscenza di comportamenti non uniformi da parte degli uffici
- più in generale, in ogni altro caso in cui l’amministrazione ritenga di interesse generale il chiarimento fornito.
Infine, si evidenzia che la pubblicazione della risposta non esime l’amministrazione dal provvedere alla comunicazione della stessa a ciascuno dei contribuenti istanti; ciò anche per consentire che, rispetto a questi ultimi, si producano, individualmente, gli effetti propri della risposta all’interpello.