Dalla Relazione al rendiconto generale dello Stato 2015, presentata dalla Corte dei Conti, emerge che in quattro anni il contributo dei comuni alla lotta all’evasione fiscale è decisamente sceso. La Relazione sul Rendiconto generale dello Stato espone risultati e valutazioni che si muovono nel solco della contabilità finanziaria, con riguardo ai principali saldi di bilancio, alle analisi generali sulle tendenze delle entrate e delle spese dello Stato e, infine, alla gestione delle risorse assegnate a ciascun Ministero. L’esame degli andamenti complessivi di entrate e spese – cui è dedicato il volume I della Relazione – si accompagna alla verifica dei risultati ottenuti con riguardo ai principali provvedimenti e manovre avviati fin dagli anni precedenti e all’approfondimento di aspetti di carattere economico finanziario, che trasversalmente riguardano tutte le Amministrazioni.
La Relazione si sofferma, selettivamente, su alcuni punti critici che riguardano pressoché tutte le Amministrazioni dello Stato: la politica di centralizzazione degli acquisti, gli adempimenti in tema di accelerazione dei tempi di pagamento dei fornitori e la questione dei debiti fuori bilancio.
Per lo Stato, infatti, l’area interessata copre complessivamente circa il 30 per cento dell’intera categoria di “consumi intermedi”. Circa 8,2 miliardi nel 2015 (7,4 miliardi nel 2014), riguardano “altre spese” che non sono riconducibili ad attività strettamente contrattuale, in quanto riferite ad aggi, imposte, spese postali, indennità e gettoni di presenza, o che, a detta delle Amministrazioni, sono relative ad attività istituzionali che vengono sostenute fondamentalmente sulla base di accordi di collaborazione (ex art. 15 legge 241 del 1990) ovvero convenzioni con Enti pubblici o altre Amministrazioni.
A fronte di un ammontare di debiti dichiarati dai Ministeri al 31 dicembre 2012 pari a poco più di 930 milioni, si registra infatti a fine 2014 un debito residuo pari a circa 1.705 milioni, che supera i 2 miliardi nel 2015. I debiti si formano prevalentemente in alcune categorie di spesa, quali “consumi intermedi”, “trasferimenti correnti alle famiglie”, “altre uscite correnti” e “investimenti fissi lordi”; ad esse è infatti riferibile il 77 per cento dell’ammontare complessivo del debito da smaltire. Un importo che rappresenta, in rapporto al totale della spesa di tali categorie, il 6,3 per cento in termini di impegni e il 6,8 per cento in termini di pagamenti.