La controversia sul regime del margine su cessione di pezzi di ricambio, giunta a sentenza ieri, verte sull’interpretazione dell’articolo 311, paragrafo 1, punto 1, della direttiva 2006/112/CE in materia di imposta sul valore aggiunto.
La controversia esaminata dalla Corte di giustizia dell’Unione europea vede protagonisti un’impresa di riciclaggio e pezzi di ricambio di automobili, la cui attività principale consiste nella commercializzazione di pezzi usati di automobili, e l’Amministrazione fiscale danese in ordine all’applicabilità del regime d’imposizione del margine alla vendita di pezzi provenienti da autoveicoli fuori uso destinati a essere venduti come pezzi di ricambio.
L’acquisto da parte di tale impresa di veicoli fuori uso viene effettuato presso privati e compagnie di assicurazione. Né i privati né le compagnie di assicurazione dichiarano l’Iva sulle vendite realizzate. Nella sua decisione il giudice ‘a quo’ ha precisato cha la questione sottoposta alla Corte Ue riguarda soltanto la qualificazione dei pezzi usati provenienti da veicoli che la stessa impresa ha acquistato da privati.
La demolizione di un veicolo fuori uso dà diritto a un contributo di rottamazione versato dal ministero dell’Ambiente all’ultimo proprietario del veicolo iscritto nel registro nazionale dei veicoli. La finalità di tale regime è quella di incentivare i proprietari a garantire che il veicolo venga rottamato in modo ecocompatibile. La riscossione del contributo di rottamazione spetta ai proprietari di tali veicoli, e non più all’impresa.
La posizione dell’Amministrazione fiscale danese
A tal proposito, l’amministrazione fiscale danese ha rilasciato un parere sulla base del quale l’impresa di riciclaggio non avrebbe diritto di avvalersi del regime d’imposizione del margine delle vendite di beni d’occasione, in ragione del fatto che i pezzi di automobili in questione non rientrano nella nozione di ‘beni d’occasione’ ai sensi della normativa applicabile.
La questione è approdata dinanzi alla competente autorità giurisdizionale che ha sottoposto al vaglio pregiudiziale della Corte Ue la seguente questione: se, nella fattispecie in esame, si possano considerare “beni d’occasione” ai sensi dell’articolo 311, paragrafo 1, punto 1, della direttiva 2006/112 le parti di veicoli fuori uso che un’impresa di riciclaggio di veicoli, registrata ai fini dell’Iva, rimuove da un veicolo per rivenderle come ricambi auto.
Le valutazioni della Corte Ue
Con la sua questione pregiudiziale, il giudice ‘a quo’ chiede di conoscere, in sostanza, se l’articolo 311, paragrafo 1, punto 1, della direttiva 2006/112, debba essere interpretato nel senso che pezzi usati provenienti da autoveicoli fuori uso acquisiti da un’impresa di riciclaggio di automobili presso un privato e destinati a essere venduti come pezzi di ricambio costituiscono “beni d’occasione”, ai sensi di tale disposizione, con la conseguenza che le cessioni di tali pezzi, effettuate da un soggetto passivo-rivenditore, sono assoggettate all’applicazione del regime del margine.
Beni d’occasione e beni mobili materiali suscettibili di reimpiego
Ai sensi dell’articolo 311, paragrafo 1, punto 1, della direttiva 2006/112, si ritiene costituiscono “beni d’occasione” i “beni mobili materiali suscettibili di reimpiego, nello stato originario o previa riparazione”. Da tale disposizione non risulta che la nozione di “beni d’occasione”, ai sensi di quest’ultima, esclude i beni mobili materiali suscettibili di reimpiego, nello stato originario o previa riparazione, provenienti da un altro bene nel quale erano incorporati come parti costitutive.
Infatti, la circostanza che un bene usato costitutivo di un altro bene venga separato da quest’ultimo non mette in discussione la qualificazione del bene prelevato come “bene d’occasione”, purché esso possa essere reimpiegato “nello stato originario o previa riparazione”. Inoltre, la qualificazione come “bene d’occasione” richiede unicamente che il bene usato abbia conservato le funzionalità che possedeva allo stato nuovo, e che possa quindi essere riutilizzato nello stato originario o previa riparazione.
Ciò si verifica nel caso dei pezzi di automobili prelevati da un autoveicolo fuori uso, dal momento che, anche se separati da tale veicolo, essi conservano le funzionalità che possedevano allo stato nuovo e possono quindi essere riutilizzati per gli stessi fini. Tale interpretazione è peraltro coerente con il principio fondamentale secondo il quale si devono reimpiegare e recuperare i rifiuti di automobili, tra i quali figurano i componenti e i materiali dei veicoli fuori uso.
L’identità tra il bene acquistato e il bene venduto
Il diverso argomento secondo cui la qualificazione come “bene d’occasione”, ai sensi dell’articolo 311, paragrafo 1, punto 1, della direttiva 2006/112, presuppone un’identità tra il bene acquistato e il bene venduto, il che non avverrebbe nell’ipotesi dell’acquisto di un autoveicolo completo e della rivendita dei pezzi di ricambio prelevati da tale veicolo, non può rimettere in discussione tale interpretazione. Sulla base di tale diverso argomento i pezzi asportati di un veicolo usato sono stati prodotti in occasione del trattamento dei rifiuti del veicolo. Pertanto, essi non avrebbero conservato la loro identità tra il momento in cui sono stati acquistati dall’impresa come parti di un veicolo fuori uso e il momento in cui sono stati venduti come pezzi di ricambio.
Beni d’occasione e regime del margine
I pezzi provenienti da autoveicoli fuori uso devono essere considerati “beni d’occasione” ai sensi dell’articolo 311, paragrafo 1, punto 1, della direttiva 2006/112, con la conseguenza che le cessioni di tali pezzi effettuate da soggetti passivi-rivenditori sono assoggettate all’applicazione del regime del margine, coerentemente con quanto disposto dall’articolo 313, paragrafo 1, di tale direttiva. A tal riguardo, per quanto attiene al regime del margine, la Corte Ue osserva che, ai sensi dell’articolo 315, secondo comma, della direttiva 2006/112, il margine del soggetto passivo-rivenditore è pari alla differenza tra il prezzo di vendita chiesto dal soggetto passivo-rivenditore per il bene e il prezzo di acquisto.
La mancata applicazione di tale regime ai pezzi di ricambio prelevati su autoveicoli fuori uso acquistati da privati sarebbe contrario all’obiettivo del regime speciale del margine, il quale è finalizzato ad evitare la doppia imposizione e le distorsioni di concorrenza tra soggetti passivi nel settore dei beni d’occasione.
L’effetto della doppia imposizione
Difatti, l’assoggettamento ad Iva delle operazioni di cessione di tali pezzi di ricambio effettuate da un soggetto passivo-rivenditore produrrebbe una doppia imposizione, in quanto, da un lato, il prezzo di vendita di detti pezzi tiene necessariamente già conto dell’Iva versata a monte in occasione dell’acquisto del veicolo da una persona rientrante nell’ambito di applicazione dell’articolo 314, lettera a), della direttiva 2006/112 e, dall’altro, né tale persona né il soggetto passivo-rivenditore sono stati in grado di detrarre tale importo.
È pur vero che sono state prospettate, nell’ambito della controversia in commento, eventuali difficoltà nella determinazione, in ossequio all’articolo 315 della direttiva 2006/112, della base imponibile del margine e, in particolare, del prezzo d’acquisto dei singoli pezzi di ricambio.
Tuttavia, le eventuali difficoltà pratiche nell’applicazione del regime del margine non possono giustificare l’esclusione di alcune categorie di soggetti passivi-rivenditori da tale regime, dato che la possibilità di tale esclusione non è prevista né dall’articolo 313 né da nessuna altra disposizione della direttiva 2006/112. Inoltre, la base imponibile determinata secondo il regime del margine deve risultare da una contabilità che consenta di verificare che tutte le condizioni di applicazione di tale regime siano soddisfatte.
Le conclusioni della Corte Ue
Tutto ciò premesso, l’articolo 311, paragrafo 1, punto 1, della direttiva 2006/112, deve essere interpretato nel senso che pezzi usati, provenienti da autoveicoli fuori uso acquisiti da un’impresa di riciclaggio di automobili presso un privato e destinati a essere venduti come pezzi di ricambio, costituiscono “beni d’occasione”, ai sensi di tale disposizione, con la conseguenza che le cessioni di tali pezzi, effettuate da un soggetto passivo-rivenditore, sono assoggettate all’applicazione del regime del margine.
Come stabilire il prezzo di acquisto da attribuire a ciascun pezzo di ricambio che può essere derivato da un’auto da rottamare acquistata da privato, spesso a valori irrisori?
E ogni pezzo dovrà poi essere iscritto nel registro dei beni usati, dovrà essere individuato singolarmente, mi sembra davvero impossibile gestire correttamente i pezzi di ricambio, specie quando si tratta di oggetti piccoli (lampade, portaceneri, accendisigari, tappetini, etc)
Anche perchè il bene di occasione originario è un’auto, mentre poi si ottengono decine di pezzi ognuno dei quali sarà destinato ad un altro mezzo.