Ok al ritorno della detassazione dei premi di produttività: dopo lo stop di quest’anno, la bozza di legge di Stabilità per il 2016 reintroduce in forma sperimentale la misura, introdotta nel 2008, con una dote di 650 milioni.
La nuova versione dell’intervento prevede un’imposta sostitutiva dell’IRPEF e delle relative addizionali regionali e comunali, pari al 10% sui premi di risultato entro 2mila euro lordi (ovvero a 2.500 euro per le imprese che coinvolgano pariteticamente i lavoratori nell’organizzazione del lavoro), legati a incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza e innovazione (misurabili e verificabili sulla base di criteri stabiliti da un Decreto Interministeriale Lavoro-Mef che dovrà essere adottato entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della finanziaria).
Ne potranno beneficiare i lavoratori dipendenti con reddito non superiore a 50mila euro nell’anno precedente quello di percezione. Il nuovo regime tributario interesserà sotto il profilo oggettivo, le somme ed i valori corrisposti in esecuzione di contratti collettivi territoriali o aziendali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o di contratti collettivi aziendali stipulati dalle rappresentanze sindacali aziendali delle suddette associazioni ovvero dalla rappresentanza sindacale unitaria.
In arrivo poi una nuova definizione degli indicatori di produttività: la bozza di Ddl include tra le somme incentivate non solo i premi collegati ad incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione, ma anche le somme erogate come forme di partecipazione agli utili dell’impresa. Senza contare che le somme incentivanti, entro sempre il limite dei 2mila euro, non concorreranno alla formazione del reddito ai fine Isee.
Trattamenti di welfare aziendale. Altra novità, gli incentivi fiscali agli accordi collettivi di welfare contrattuale che, attraverso la modifica dell’articolo 51 del Tuir si prevede non concorreranno più alla formazione del reddito da lavoro dipendente, equiparando sostanzialmente il trattamento fiscale a quello previsto per le libere erogazioni decise unilateralmente dal datore di lavoro. Le prestazioni oggetto del beneficio fiscale spaziano dal sostegno all’istruzione, all’educazione, all’assistenza sociale e sanitaria, ai servizi per asili nido, alle colonie climatiche per i figli dei dipendenti, alle borse di studio per i familiari. Tali somme non solo non concorreranno, nel rispetto dei limiti ivi indicati, a formare il reddito di lavoro dipendente, ma non saranno soggetti neanche all’imposta sostitutiva del 10% appena descritta, anche nell’eventualità in cui gli stessi siano fruiti, per scelta del lavoratore, in sostituzione, in tutto o in parte, dei premi aziendali.
In tale ultima ipotesi in buona sostanza, il lavoratore potrà scegliere di non ricevere, in tutto o in parte i premi aziendali, e di fruire, in alternativa, quei trattamenti di welfare aziendale ad esempio corrisposti sotto forma di contributi versati dal datore di lavoro a enti o casse aventi esclusivamente fine assistenziale oppure sotto forma di contributi versati al fondo di previdenza complementare. Resta fermo in tali evenienze, che detti contributi non concorrono alla formazione del reddito di lavoro dipendente nei limiti, rispettivamente, di 3.615,20 e 5.164,57 euro, considerando in tali importi anche quanto già cumulativamente versato nel medesimo periodo d’imposta dal datore di lavoro e dal dipendente.