Pare che il comma 6 dell’art. 22 dello schema di decreto legge predisposto dal governo Renzi sulla base delle indicazioni e dei suggerimenti del commissario straordinario Cottarelli, introduca all’art. 82 del Tuel un nuovo comma 11-bis, ai sensi del quale «L’incarico di amministratore di comuni con popolazione fino a 1.000 abitanti è esercitato a titolo gratuito». Ciò significa che, a partire dal giorno in cui il dl entrerà in vigore, sindaci, assessori e consiglieri dei Comuni sotto i 1.000 abitanti non percepiranno più alcuna indennità, gettone o altro emolumento.
Sono in questa condizione, per restare al mio territorio, 23 su 25 sindaci di Alta Marmilla e Parte Montis.
Capisco che è un argomento un po’ spinoso del quale parlare, ed anche, forse, poco popolare, ma provo lo stesso a sollevarlo, considerato il fatto che il sottoscritto già esercita, dal 2010, la carica di Sindaco a titolo gratuito (l’indennità da Sindaco non è cumulabile con i gettoni di presenza percepiti in qualità di Consigliere Provinciale) e perciò il ragionamento si astrae dal caso personale.
Io non so quanto sia difficile fare il Sindaco di un Comune sopra i mille, i cinquemila, i diecimila, i centomila abitanti.
So invece cosa significhi fare il “Primo” (???) cittadino di una comunità come la mia: ne conosco perfettamente oneri e onori, “gioie e dolori”, gratificazioni e soprattutto frustrazioni; per dirla con Michele Serra sull’Amaca di di qualche giorno fa, su Repubblica “Non c’è orario che tenga, non c’è requie alla trafila di riunioni spesso inutili, e il rendiconto tra le energie spese e i risultati ottenuti è quasi sempre frustrante”.
So cosa significhi lavorare con una struttura ridotta ai minimi termini, ai quali è richiesto di essere competenti ed esperti di una miriade di argomenti.
So cosa vuole dire essere il riferimento diretto, in Comune, a casa, in strada, al campo sportivo, di problemi grandi e piccoli.
So cosa sento dentro quando non riesco a rispondere ed esigenze legittime che i miei cittadini mi pongono, quando un giovane va via, quando un capofamiglia perde il lavoro e mi chiede aiuto, quando l’alcol ed il gioco galoppano nella disperazione degli ultimi.
So come mi trasformo quando a luglio lo scirocco comincia a soffiare forte, a 40 – 45° di temperatura; o a novembre, quando le nubi minacciose si addensano sui nostri torrenti ingombri di rovi.
Potrei continuare a lungo a parlare di quello che Bachisio Porru, ex sindaco di Olzai, chiamò, la “Solitudine del Sindaco”, ossia di colui che si trova stretto tra i due gravosi compiti, talvolta contrastanti, di rappresentare lo Stato e contemporaneamente la comunità che lo ha eletto.
Ora si apprende che anche dal punto di vista simbolico (da quello pratico lo era già, considerato le cifre ridottissime delle quali già parliamo) tutto questo sta per essere considerato di nessun valore e significato. Si sta andando ad affermare: caro Sindaco, anzi, (s)indaco, che tu ci sia o non ci sia nulla cambia, il tuo impegno, il tuo tempo, quello che sottrai al tuo lavoro, ai tuoi affetti, ai tuoi interessi, non ha alcun valore. Se vuoi, prosegui così, altrimenti grazie ed arrivederci.
Non sono un ingenuo, e capisco bene che questa è l’aria che tira, e questo è l’ennesimo segnale verso la volontà di sopprimere i piccoli Comuni, fatti oggetto, oramai senza tregua, di una serie di sconcertanti aggressioni alla legittima possibilità di operare a vantaggio delle proprie comunità (si guardi, un esempio su tutti, alla grottesca vicenda dei cantieri comunali per l’occupazione).
Ma si abbia almeno il coraggio di dirlo con chiarezza, senza passare attraverso scelte populiste e demagogiche che umiliano inutilmente, additandoli come fonte di spreco, chi si sforza di fare, ogni giorno, con fatica e dedizione, il proprio dovere, senza venire meno all’impegno preso con i cittadini ed al giuramento reso alla Repubblica.
AUTORE: Roberto Scema, sindaco di Villa Verde (OR)
FONTE: Associazione dei Comuni virtuosi