Piani Individuali di Risparmio. La disciplina dei Pir finisce sotto la lente d’ingrandimento dell’Agenzia delle entrate.
È stata pubblicata, infatti, la circolare 3/E del 26 febbraio 2018, con la quale sono state affrontate e chiarite le questioni problematiche emerse nel corso del primo anno di applicazione della disciplina.
Dopo un breve riepilogo della normativa di riferimento, segue una sintesi dei principali aspetti trattati dalla circolare.
Pir: normativa di riferimento del regime fiscale agevolato
Il regime di non imponibilità dei redditi di capitale e diversi di natura finanziaria conseguiti, al di fuori dell’esercizio di attività d’impresa, da persone fisiche residenti in Italia e derivanti dall’effettuazione di specifiche tipologie di investimenti mediante piani individuali di risparmio a lungo termine (Pir), è stato introdotto dalla legge di bilancio 2017 (articolo 1, commi da 100 a 114, legge 232/2016).
Come si legge nella relazione illustrativa alla legge, con il nuovo regime il legislatore ha voluto introdurre “un significativo incentivo fiscale finalizzato a canalizzare il risparmio delle famiglie verso gli investimenti produttivi in modo stabile e duraturo, facilitando la crescita del sistema imprenditoriale italiano. L’obiettivo della normativa in esame è, in particolare, quello di indirizzare il risparmio delle famiglie (…) verso gli strumenti finanziari di imprese industriali e commerciali italiane ed europee radicate sul territorio italiano, per le quali maggiore è il fabbisogno di risorse finanziarie e insufficiente è l’approvvigionamento mediante il canale bancario”.
La disciplina originaria è stata modificata prima dal Dl 50/2017 (articolo 57) e poi dalla legge di bilancio 2018 (articolo 1, comma 80, legge 205/2017), che hanno previsto, rispettivamente:
- la possibilità per gli enti di previdenza obbligatoria e le forme di previdenza complementare di investire nei piani di risparmio a lungo termine, con l’applicazione del relativo regime fiscale agevolato
- l’inclusione delle imprese che svolgono attività immobiliare nel novero di quelle nelle quali è possibile effettuare investimenti fiscalmente agevolati attraverso i Pir.
Lo scorso mese di ottobre, il dipartimento delle Finanze del Mef ha pubblicato le Linee guida per l’applicazione della nuova disciplina, puntualizzandone e chiarendone alcuni aspetti (vedi “Piani risparmio a lungo termine: disponibili le linee guida del Mef”).
I contenuti della circolare
Con il documento di prassi pubblicato oggi, l’Agenzia delle entrate, oltra a procedere a una organica ricostruzione della disciplina, si sofferma sulle problematiche applicative emerse dopo la sua entrate in vigore, fornendo i relativi chiarimenti.
Pir intestati a minori
Non sono previsti limiti minimi all’età delle persone fisiche che possono essere titolari di un Pir, quindi anche un minore può esserne titolare. In linea generale, il Tuir prevede che i redditi dei beni dei figli minori soggetti all’usufrutto legale dei genitori sono imputati per metà del loro ammontare netto a ciascun genitore e che in presenza di un solo genitore (o se l’usufrutto legale spetta a un solo genitore) i redditi gli sono imputati per l’intero ammontare.
Sul punto la circolare chiarisce che il regime di non imponibilità si applica solo se l’usufruttuario, a cui è imputato il reddito finanziario derivante da investimenti inseriti in un Pir intestato a un minore, non sia contemporaneamente titolare di altro Pir.
Stabile organizzazione e residenza fiscale
Per la corretta applicazione della disciplina agevolativa, spetta al soggetto emittente il compito di certificare i requisiti di esistenza di una stabile organizzazione in Italia e di residenza in determinati Stati delle imprese oggetto di investimento (requisito del radicamento in Italia). La stessa certificazione, inoltre, deve riguardare la sussistenza di tali requisiti alla data di effettuazione dell’investimento.
Strumenti finanziari derivati
La circolare precisa che gli strumenti derivati, cioè gli strumenti finanziari il cui valore dipende (“deriva”) dal valore di un’altra attività finanziaria o reale (“attività sottostante”), non possono, in linea generale, beneficiare della disciplina dei Pir. Ciò in quanto le caratteristiche di tali strumenti mal si conciliano con la ratio della disciplina in esame.
Tuttavia, nella circolare si è ulteriormente precisato che negli Oicr Pir compliant è comunque possibile utilizzare derivati nell’ambito della quota libera del 30% all’unico scopo di ridurre il rischio degli investimenti qualificati (“derivati di copertura”).
Peraltro, anche nel caso dei derivati di copertura, i redditi che superano l’ammontare necessario per la copertura delle perdite degli investimenti qualificati detenuti nel Pir sono assoggettati a tassazione ordinaria.
Divieto di investimento in Paesi non collaborativi
In base alla disciplina del regime agevolato, le somme o i valori destinati nel piano non possono essere investiti in strumenti emessi o stipulati con soggetti residenti in Stati o territori diversi da quelli che consentono un adeguato scambio di informazioni. La circolare precisa che il mancato rispetto del divieto implica la decadenza dell’agevolazione.
Sussistenza dei requisiti degli investimenti
Con riguardo alle caratteristiche degli investimenti inseriti nel piano (ad esempio, residenza o esistenza di una stabile organizzazione in Italia dell’emittente, inclusione nell’indice Ftse Mib o indici equivalenti), l’Agenzia sottolinea che la verifica della loro sussistenza deve essere compiuta dall’intermediario presso cui è costituito il piano al momento di effettuazione dell’investimento. Infatti, le modifiche intervenute in un momento successivo all’acquisto, per effetto di eventi non prevedibili da parte dell’investitore e indipendenti dalla sua volontà (quali, ad esempio, operazioni di riorganizzazione societarie, trasferimenti all’estero della residenza o della stabile organizzazione, variazioni nella composizione dell’indice di borsa), non assumono rilevanza.
Costo medio ponderato complessivo
In presenza di una pluralità di titoli, quote, certificati o rapporti appartenenti a categorie omogenee, per la determinazione del reddito, è possibile utilizzare il costo o valore medio ponderato relativo a ciascuna categoria di titoli, quote, certificati o rapporti.
Disinvestimento tramite cessione
La disciplina in esame ammette la possibilità di “disinvestimento” del piano attraverso la cessione degli strumenti finanziari in esso contenuti. Le conseguenze della dismissione dipendono dal rispetto o meno dell’holding period (periodo di possesso minimo di cinque anni):
- nel caso di maturazione dell’holding period, la cessione non ha conseguenze fiscali, in quanto il regime di non imponibilità, di cui hanno fruito i redditi medio tempore percepiti, riferibili allo strumento finanziario ceduto, si consolida anche relativamente al reddito derivante dalla cessione
- invece, in caso di mancato rispetto dell’holding period, la cessione implica, in linea di principio, che i redditi percepiti medio tempore e quelli realizzati a seguito della stessa sono soggetti a recapture (ripresa a tassazione) secondo le regole ordinarie, ossia quelle proprie del regime del risparmio amministrato.
Sul punto, le Linee guida del Mef hanno chiarito che, nell’ipotesi di cessione degli strumenti finanziari oggetto di investimento nel Pir prima dei cinque anni, se il corrispettivo di cessione viene reinvestito entro 90 giorni dalla cessione, il periodo di possesso dello strumento ceduto si somma a quello dello strumento acquistato.
Di conseguenza, sottolinea la circolare:
- i redditi derivanti dallo strumento finanziario ceduto, medio tempore conseguiti, non sono soggetti al meccanismo del recupero a tassazione
- i redditi percepiti al momento della cessione non sono soggetti a imposizione.
Inoltre, per la verifica del rispetto del limite annuale di 30mila euro e di quello complessivo di 150mila euro, il reinvestimento del corrispettivo conseguito con la cessione non deve essere considerato come un “nuovo” investimento.
Nell’ipotesi in cui gli strumenti finanziari oggetto di reinvestimento vengano ceduti prima che sia trascorso l’holding period, le conseguenze derivanti dalla cessione si verificano non solo per i redditi derivanti da questi ultimi strumenti finanziari, ma anche per quelli derivanti dagli strumenti finanziari che sono stati oggetto di cessione.
Versamento delle imposte in caso di mancato reinvestimento
Come già ricordato, in caso di cessione degli strumenti finanziari oggetto di investimento prima dei cinque anni, i redditi realizzati attraverso la cessione e quelli percepiti durante il periodo minimo di investimento del piano sono soggetti a imposizione secondo le regole ordinarie (recapture).
In tal caso, le imposte dovute, unitamente agli interessi (ma senza applicazione di sanzioni), devono essere versate dall’intermediario presso il quale il piano è stato aperto entro il giorno 16 del secondo mese successivo alla cessione, mediante F24.
Sul punto, la circolare precisa che nel caso di cessione o rimborso prima dei cinque anni, tenuto conto del termine di 90 giorni entro cui adempiere all’obbligo di reinvestimento, il versamento deve avvenire entro il giorno 16 del mese successivo a quello in cui cade il termine ultimo di reinvestimento.
Trasferimento del Pir
Il trasferimento del piano dall’intermediario presso cui è stato costituito a un altro intermediario autorizzato alla gestione non rileva per il calcolo dei cinque anni di possesso minimo (holding period). Il trasferimento non determina la decadenza dal regime agevolato.
Tuttavia, in questo caso occorre che il rapporto di destinazione sia un piano di investimento intestato allo stesso titolare. Solo in tal caso dal trasferimento non deriva nessun effetto realizzativo.
Inoltre, nel caso di trasferimento del Pir, l’intermediario presso cui il piano è trasferito deve procurarsi presso l’intermediario di provenienza tutte le informazioni rilevanti previste dalla normativa, oltre ai dati relativi alle ritenute e alle imposte sostitutive non applicate in via condizionata, nonché ogni altra informazione necessaria in relazione agli investimenti effettuati nel piano, per ciascun anno di durata dello stesso.
In ogni caso, rimane ferma la responsabilità nei confronti dell’Amministrazione finanziaria dell’intermediario di provenienza circa la correttezza dei dati relativi al periodo di gestione forniti all’intermediario di destinazione.
Perdita della residenza in Italia
Il trasferimento della residenza fiscale all’estero da parte del titolare del Pir implica il venir meno dell’applicazione del regime fiscale agevolato, consolidando il regime di esenzione per i redditi già realizzati e per quelli maturati fino al momento della perdita della residenza, anche se relativi a strumenti finanziari per i quali al momento in cui ha efficacia il trasferimento di residenza non è maturato l’holding period, a condizione, però, che il soggetto continui a mantenerne la titolarità nell’ambito di un rapporto ordinario senza cambio di intestazione.
Cumulabilità del regime dei Pir con la disciplina degli investimenti in start-up innovative
Il regime agevolato previsto per i redditi derivanti dagli investimenti nei Pir è cumulabile con quello che prevede incentivi per gli investimenti in start-up innovative (articolo 29, Dl 179/2012). Ciò in quanto l’ambito oggettivo di applicazione delle due misure è differente: infatti, quello disciplinato dall’articolo 29 ha a oggetto gli investimenti effettuati dai soggetti Irpef e Ires nel capitale sociale di start upinnovative, mentre il regime Pir ha a oggetto gli investimenti effettuati dalle persone fisiche, al di fuori dell’esercizio di un’attività di impresa commerciale, in strumenti finanziari mediante un piano di risparmio a lungo termine.
Pertanto, le due misure sono tra loro compatibili con la conseguenza che gli investitori persone fisiche possono beneficiarne cumulativamente.