Nel tanto parlare di PNRR, molti non si accorgono delle reali difficoltà e dei pericoli e delle insidie nascoste dietro l’avere a disposizione fondi così importanti, soprattutto per comuni più piccoli.
Queste realtà con spesso personale non sufficiente e non sempre preparato adeguatamente, meno abituato alle grandi opere, alla progettazione e alla gestione di cantieri complessi sono oggi in grande difficoltà e necessitano di porre in atto un grande dispendio economico oltre che di risorse umane che siano in grado di governarne la complessità.
Già lo scorso anno (2023) oltre mille progetti erano “scomparsi” dalla programmazione Pnrr tra luglio e settembre, progetti ai quali i comuni hanno rinunciato. La denuncia era arrivata in questa occasione da Ance, l’associazione dei costruttori che richiamava l’attenzione sulla necessità di garantire certezze sulle risorse ai piccoli Comuni, sempre più in difficoltà da quando il governo ha deciso di de-finanziare le misure che li riguardano, individuando come a rischio 42 mila interventi.
Pericolo indebitamento causa PNRR: l’allarme dai piccoli comuni
In questi giorni, invece, il grido di allarme e di aiuto è stato lanciato dal presidente Uncem (Unione nazionale comuni e comunità montane) Marco Bussone che ha reso noto come molti piccoli comuni siano a rischio dissesto finanziario, a seguito di opere PNRR intraprese ma che non sanno se riusciranno o meno a portare a termine.
Intanto, progettazione e prime fasi di avvio hanno prosciugato tantissime risorse economiche degli enti locali, ed ora mettono a rischio oltre le realtà territoriali anche i cantieri stessi andranno a generare degrado invece che ripresa, poiché per coprirne tutte le spese, dovranno essere liquidati in toto.
I numeri presentati fanno preoccupare: delle circa 270 Municipalità con mendo di 15mila residenti, uno su due rischia il dissesto o di non riuscire a portare a termine le opere entro il 2026, perdendo in questo modo i fondi. Molto simile la voce che a inizio anno si era sollevate per chiedere al Governo un importante intervento viste le difficoltà da più parti definite insormontabili per gli enti più piccoli.
“Dover anticipare è assurdo: nessuno ha avanzi di amministrazione tali da consentirgli di andare avanti così”, aveva dichiarato Franca Biglio, presidente dell’Associazione nazionale piccoli Comuni italiani che accentuava la situazione delle municipalità sotto i 5mila abitanti. “Siamo costretti a ricorrere alle anticipazioni di cassa attraverso le banche, pagando gli interessi passivi. Ma anche quei finanziamenti hanno un limite ben preciso: non possono superare i cinque dodicesimi delle entrate comunali proprie”.
Le criticità attuali nel dettaglio
In realtà non vi è nulla di nuovo visto né di insolito nella prassi dei progetti europee ed anche, da anni ormai, nei progetti nazionali e regionali ed è prassi nota ad imprese ma anche ad associazioni che seppur vincitrici di bandi e progetti sono spesso costrette a rinunciare a quei fondi perché non in grado di anticiparli nella loro interessa, senza una certezza poi del saldo.
I fondi messi in campo sono sostanziosi, ma vengono erogati solo a rendicontazione conclusa secondo quanto stabilito dal nuovo codice degli appalti. I comuni devono quindi anticipare sia i fondi per la progettazione che tutti i fondi necessari al completamento dell’opera progettata. A questo si aggiunge la nota dolente dei tempi molto lunghi per i rimborsi, lunghi mesi che determina una situazione preoccupante di indebitamento e di sofferenza finanziaria per gli Enti locali, soprattutto i più piccoli con meno risorse strutturali e meno accesso al credito.
Le proposte dell’Uncem
L’Uncem ha messo sul piatto diverse idee e possibilità, chiedendo al Governo un sostegno e delle risposte. Tra queste vi è la richiesta della possibilità, per le piccole municipalità, di ricevere un anticipo del 50% del costo dell’opera e poi di poter ricevere alcune tranche seguenti con un protocollo stabilito di avanzamento lavori. Altra possibilità paventata è quella di utilizzare cassa depositi che istituisca un fondo rotativo per prestiti a supporto dell’indebitamento degli enti locali più deboli, quelli sotto i quindicimila abitanti.
Fonte: articolo di Rossella Angius