Ristabilire un rapporto diretto tra applicazione del tributo e responsabilità del Comune, reintrodurre strumenti «verticali» per la perequazione delle risorse o, in alternativa, destinare un segmento preciso del gettito Imu a finalità perequative, abolire la compresenza di Comuni e Stato nell’attribuzione del gettito, assicurarne l’invarianza mantenendo effettivi margini di manovra per le scelte fiscali locali, semplificare le regole e gli adempimenti a carico dei contribuenti e dei Comuni.
Questi obiettivi dovrebbero essere considerati nella revisione dell’assetto del prelievo fiscale sugli immobili che si sta definendo intorno all’abolizione delle tasse sulla “prima casa”. Affinché sia assicurata la sostenibilità di qualsiasi ipotesi di riassetto della fiscalità locale occorre che si superi la fase dei tagli e dei vincoli finanziari degli ultimi anni (13 miliardi di euro di contributo dei Comuni al risanamento tra il 2011 e il 2015), che si consolidino le risorse precedentemente assegnate e che si prevedano adeguati meccanismi di compensazione dell’eventuale minor gettito derivante dal nuovo assetto dei tributi locali.
I numeri. Dalle analisi effettuate dall’Ifel, l’ammontare massimo delle compensazioni da operare nei confronti dei Comuni a ristoro dei gettiti di cui si prevede l’abolizione, è pari ad almeno 4,9 miliardi, riconducibili: all’abolizione del prelievo Imu/Tasi sull’abitazione principale (3,7 miliardi, comprensivi di una prudente stima – 100/150 milioni – del maggiore sforzo fiscale 2015); all’esclusione dal valore fiscale dei fabbricati industriali degli impianti di natura non strettamente immobiliare (i cosiddetti “imbullonati”); all’abolizione del prelievo sui terreni agricoli (compresi quelli “ex-montani” recentemente sottoposti a tassazione collinari), per oltre 800 milioni.
A questi vanno poi sommati gli effetti dell’esclusione dalla Tasi degli affittuari e delle abitazioni “assimilate” all’abitazione principale, sommariamente valutabili in almeno 100 milioni, oltre al fondo di sostegno al passaggio Imu-Tasi, pari attualmente a 473 milioni. L’abolizione del prelievo sulla “prima casa” allontana le ipotesi di cancellazione dell’addizionale Irpef, sulla quale, non si prevedono modifiche.
Le compensazioni possibili? Le modalità di compensazione possono essere di diversa natura: assegnazione di risorse sostitutive o attribuzione di gettiti ulteriori. In prospettiva, tuttavia, la stabilizzazione di robuste quote di trasferimenti statali ai Comuni appare in conflitto con l’ordinamento finanziario locale definito fin dalla Costituzione. L’ipotesi di attribuire ai Comuni il gettito base dei fabbricati D, oggi di competenza statale, avrebbe il pregio di riunificare il prelievo sugli immobili in capo ai Comuni. Il gettito effettivo dei fabbricati D (incassi 2014-15) ammonta a poco meno di 3,6 miliardi di euro, al lordo degli “imbullonati”.
A questo importo dovrebbe aggiungersi una quota di trasferimenti fino a concorrenza del totale definitivamente valutato. L’obiettivo di ristabilire invece un rapporto diretto tra applicazione del tributo e responsabilità del Comune, comporta l’abolizione, o la radicale riduzione, della quota di Imu che oggi alimenta il Fondo di solidarietà, assegnando invece il compito a una risorsa separata. Il gettito da fabbricati D potrebbe svolgere questa funzione, evitando così ulteriori rilevanti necessità di compensazione dovute alla sua diseguale distribuzione territoriale.
Le «avvertenze»? Certo è che la compensazione deve tenere conto anche per le esenzioni “minori” (“imbullonati” e terreni) delle variazioni di aliquota che i Comuni hanno deliberato per il 2015, e consentire di abbattere la quota di alimentazione del fondo di solidarietà comunale. In un’ottica di semplificazione, va anche evidenziata l’assoluta opportunità di unificare in una “nuova Imu” i prelievi oggi separati di Imu e Tasi; l’unificazione di alcuni tributi minori può costituire un’ulteriore opportunità, tenendo ben conto delle specificità delle diverse basi imponibili che oggi caratterizzano l’imposizione sulla pubblicità e sull’occupazione di suolo pubblico.
I processi di riordino del sistema di riscossione locale e la riforma del catasto restano, infine, due direttrici non eludibili verso un assetto stabile della fiscalità locale, per il rilievo che l’effettiva riscossione delle entrate assume con la riforma della contabilità pubblica e per l’esigenza da tempo maturata di assicurare equità al prelievo immobiliare.