Lo Stato può fissare in via unilaterale la misura del concorso e i criteri del riparto del Patto di stabilità anche per le Regioni a Statuto speciale. A dirlo è la Corte costituzionale, nella sentenza 19/2015 (presidente Criscuolo, relatore Carosi) depositata giovedì scorso, che interviene dopo un lungo contenzioso costituzionale e dopo uno stillicidio di norme finanziarie succedutesi in brevissimi archi temporali.

In caso di mancato accordo, però, i criteri fissati in via unilaterale devono intendersi come provvisori, fino al momento in cui scadono i termini previsti dalla legge per l’intesa.

Con cinque ricorsi (rispettivamente iscritti ai nn. 7, 8, 12, 13 e 15 del registro ricorsi dell’anno 2012) la Provincia autonoma di Bolzano, la Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste, la Provincia autonoma di Trento, la Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol e la Regione siciliana hanno promosso questioni di legittimità costituzionale relative all’art. 32 della legge 12 novembre 2011, n. 183 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge di stabilità 2012).

Il contenuto degli accordi, oltre che la riduzione dei programmi in rapporto al concorso della Regione interessata ad obiettivi di finanza pubblica, può e deve riguardare anche altri profili di natura contabile quali, a titolo esemplificativo, le fonti di entrata fiscale, la cui compartecipazione sia quantitativamente controversa, l’accollo di rischi di andamenti difformi tra dati previsionali ed effettivo gettito dei tributi, le garanzie di finanziamento integrale di spese essenziali, la ricognizione globale o parziale dei rapporti finanziari tra i due livelli di governo e di adeguatezza delle risorse rispetto alle funzioni svolte o di nuova attribuzione, la verifica di congruità di dati e basi informative finanziarie e tributarie, eventualmente conciliandole quando risultino palesemente difformi, ed altri elementi finalizzati al percorso di necessaria convergenza verso gli obiettivi derivanti dall’appartenenza all’Unione europea.

In definitiva, l’oggetto dell’accordo è costituito dalle diverse componenti delle relazioni finanziarie che, nel loro complesso, comprendono e trascendono la misura del concorso regionale. Infatti, gli obiettivi conseguenti al patto di stabilità esterno sono i saldi complessivi, non le allocazioni di bilancio. Per questo motivo, ferme restando le misure finanziarie di contenimento della spesa concordate in sede europea, le risorse disponibili nel complesso della finanza pubblica allargata ben possono essere riallocate, a seguito di accordi, anche ad esercizio inoltrato.

Anche lo Stato, dunque, deve fare in modo che l’attività di concertazione si svolga secondo comportamenti coerenti e non contraddittori, tanto in riferimento ai limiti di accoglimento delle proposte formulate dalle autonomie speciali, quanto in relazione alle possibili alternative da offrire a queste ultime. Ciò senza dar luogo ad atteggiamenti dilatori, pretestuosi, ambigui, incongrui o insufficientemente motivati, di modo che il confronto possa avvenire su basi di correttezza e di apertura all’altrui posizione.

Il principio dell’autonomia regionale deve essere contemperato con gli obiettivi e i vincoli di risparmio concordati in sede europea (sentenza n. 118 del 2012). Detti obiettivi non si esauriscono negli ambiti discrezionali dell’accordo, ma possono – nell’indefettibile rispetto delle norme statutarie – prevedere, come nel caso in esame, forme di riorganizzazione delle funzioni amministrative e del loro riparto tra Stato e Regioni, capaci di produrre effetti favorevoli in termini di efficienza ed economicità.

 

 

Consulta la sentenza completa: SENTENZA N.19-2015 Corte Costituzionale

 

 

 

 

FONTE: Corte Costituzionale della Repubblica Italiana

 

 

 

 

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