corte ueGli eurogiudici chiamati a fornire indicazioni sul trattamento fiscale da applicare alla vendita di terreni di una persona fisica che esercita l’attività di imprenditore individuale.

 

Dagli atti di causa risulta che, tra il 1998 e il 2002, il contribuente, protagonista della controversia, acquistava, non come imprenditore ma come persona fisica, sette distinte particelle di terreno. Tra il 2001 e il 2003 il contribuente otteneva le autorizzazioni amministrative necessarie alla costruzione di un centro commerciale sulle sette particelle di terreno sopra menzionate. Nel 2003, il contribuente, in qualità di imprenditore, avviava i lavori di costruzioni del centro commerciale. Successivamente, sempre nel corso del 2003, il contribuente conferiva cinque delle sette particelle del terreno nel patrimonio dell’impresa conservando nel proprio patrimonio privato le rimanenti due particelle.

 

Nel corso del 2004, il contribuente vendeva il centro commerciale realizzato unitamente alle sette particelle di terreno a due società commerciali. Più precisamente, vendeva, quale imprenditore autonomo, assoggettando il corrispettivo ad Iva le cinque particelle di terreno confluite nel patrimonio aziendale e la quota parte del centro commerciale sopra edificato. Le restanti due particelle di terreno e la restante quota parte del centro commerciale erano vendute dal contribuente quale persona fisica senza assoggettare il corrispettivo a Iva.

 

L’autorità tributaria slovena contestava al contribuente che l’intera vendita andava assoggettata ad Iva in quanto rientrante, nel suo intero complesso, nell’attività economica esercitata quale imprenditore individuale.

 

La questione pregiudiziale

 

Il Vrhovno sodisce  (la Corte Suprema Slovena) chiamata a dirimere la controversia tra il contribuente e l’Amministrazione fiscale decideva di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte di giustizia una domanda di pronuncia pregiudiziale in merito all’interpretazione corretta da attribuire alle norme della sesta direttiva da applicare al caso concreto. In particolare il giudice del rinvio chiedeva se gli articoli 2, punto 1, e 4, paragrafo 1, della sesta direttiva debbano essere interpretati nel senso che, in circostanza quali quelle del procedimento principale, sia rilevante il fatto che il contribuente non abbia iscritto i terreni tra le immobilizzazioni dell’impresa, di fatto  non includendo tali beni nel meccanismo Iva,  non risultando, in tal modo, un soggetto passivo obbligato  ad addebitare e versare l’Iva al momento della vendita.

 

Il contesto normativo

 

L’articolo 2 della sesta direttiva prevede che “sono soggette ad Iva le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate a titolo oneroso all’interno del paese da un soggetto passivo che agisce in quanto tale (…)” L’articolo 4 paragrafi 1 della suddetta direttiva recita che “si considera soggetto passivo chiunque eserciti in modo indipendente e in qualsiasi luogo una delle attività economiche di cui al paragrafo 2, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di detta attività”. Il paragrafo 2 continua affermando che “le attività economiche di cui al paragrafo 1 sono tutte le attività di produttore, di commerciante o di prestatore di servizi, comprese le attività estrattive, agricole, nonché quelle delle professioni liberali o assimilate. Si considera in particolare attività economica un’operazione che comporti lo sfruttamento di un bene materiale o immateriale per ricavarne introiti aventi un certo carattere di stabilità”. La sesta direttiva è stata trasposta nell’ordinamento sloveno mediante la legge in materia di imposta sul valore aggiunto la quale prevede, all’articolo 3, che siano assoggettate all’Iva le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate a titolo oneroso nel territorio della Repubblica slovena da un soggetto passivo nell’ambito della sua attività economica.

 

La pronuncia della Corte

 

La Corte di Giustizia riconosce che, in caso di utilizzo di un bene di investimento per fini sia professionali che privati, il contribuente può, a sua scelta, includere tale bene nel patrimonio dell’impresa oppure conservarlo nel suo patrimonio privato escludendolo in tal modo dal meccanismo Iva. Tanto premesso la Corte sottolinea, però, come non sia sufficiente ricomprendere il bene nel proprio patrimonio privato per escluderlo dall’assoggettamento all’Iva.  Infatti, dal momento che le operazioni effettuate a titolo oneroso da un soggetto passivo sono in linea di principio assoggettate all’Iva, è necessario, oltre all’inclusione nel suddetto patrimonio privato, che la vendita venga effettuata nell’ambito dell’esercizio del diritto di proprietà personale e non nell’ambito dell’attività economica.

 

La Corte richiama, quindi, dei propri precedenti (C- 180/10 e C-181/10) per ricordare che, con riferimento alla vendita di terreni edificabili, la Corte ha già precisato che un criterio di valutazione pertinente per marcare la differenza tra esercizio del diritto di proprietà e attività economica può essere individuato nel fatto che l’interessato abbia o meno intrapreso attivamente iniziative di commercializzazione mobilitando mezzi simili a quelli impiegati da un produttore, da un commerciante o da un prestatore di servizi ai sensi dell’articolo 4 della sesta direttiva.

 

Nel caso di specie la Corte osserva in primo luogo che l’acquisto delle particelle di terreno è avvenuto in un lasso di tempo relativamente breve; in secondo luogo che le particelle costituivano, congiuntamente, una condizione necessaria per la costruzione del centro commerciale; in terzo luogo che sui suddetti terreni sono stati realizzati lavori di ripristino per somme considerevoli. Tutte queste circostanza sono idonee, a parere della Corte, a provare che la vendita dei terreni controversi non può essere considerata semplice esercizio del diritto di proprietà, ma è piuttosto riconducibile all’attività economica svolta dal soggetto passivo e, come tale, assoggettabile all’Iva.