Una recente sentenza della CGT Lombardia, la numero 1829/2024, mette dei paletti in merito all’esenzione IMU degli enti non profit.
Nel caso in esame una Fondazione a scopo non commerciale aveva impugnato il diniego dell’esenzione IMU per i suoi immobili siti su un territorio comunale e lamentato che l’ente avesse disconosciuto la deroga al pagamento del tributo locale prevista per gli enti non commerciali che svolgano attività di utilità sociale, assistenziale, istruzione e culto, sostenendo che la sua attività rientri in tale categoria.
Si tratta di una sentenza che ha un impatto significativo sugli enti non profit che operano nel settore socio-sanitario, in quanto restringe l’accesso all’esenzione Imu.
Scopriamo quali sono state in merito le decisioni dei giudici contabili.
Parametri restrittivi per l’esenzione IMU degli enti non profit
La sentenza in esame è di particolare interesse perché chiarisce l’ambito di applicazione dell’esenzione IMU per gli enti non commerciali.
In particolare, la Corte ha affermato che l’esenzione è riconosciuta solo se le attività sono svolte a titolo gratuito o con richiesta di un importo simbolico.
La decisione della Corte si basa sulla considerazione che gli enti non profit, quando operano in regime di accreditamento e convenzionamento con le pubbliche amministrazioni, possono creare condizioni di concorrenza sleale. Questo perché le attività socio-sanitarie, svolte in modalità commerciale da privati con fini di lucro, devono invece sostenere l’imposta municipale.
Nel dettaglio, la Regione Lombardia utilizza le strutture private per fornire servizi socio-sanitari, remunerando queste strutture attraverso un corrispettivo stabilito dalle convenzioni, che riflette i costi sostenuti e i servizi offerti. Tuttavia, gli stessi servizi sono erogati anche da imprese private a fini di lucro che pagano regolarmente l’IMU. Pertanto, se una fondazione non profit venisse esentata dall’IMU per le sue attività, si creerebbe una palese disparità di trattamento e una violazione del principio di libera concorrenza stabilito a livello europeo.
I giudici hanno sottolineato che le attività svolte dagli enti non profit in base a convenzioni con enti pubblici, per quanto riguarda le strutture sanitarie e assistenziali, devono essere considerate commerciali. Questo perché le somme ricevute dalle convenzioni sono in realtà tariffe convenzionali, destinate a coprire i costi e a remunerare i fattori della produzione, come dimostrano i dati economici significativi forniti dalla fondazione in questione.
La sentenza della Corte di giustizia tributaria si allinea a un precedente orientamento della Corte di Cassazione (ordinanza n. 6096/2024) che aveva già affermato la natura commerciale delle attività svolte all’interno delle residenze sanitarie assistenziali (Rsa) convenzionate.
Gli Enti non profit che svolgono attività socio-sanitarie a pagamento dovranno pertanto verificare se rientrano nei nuovi limiti stabiliti dalla Corte per poter fruire dell’esenzione Imu. In caso contrario, dovranno provvedere al pagamento dell’imposta.