Per i giudici di legittimità, il lavoro della collaboratrice dell’avvocato rappresenta comunque un elemento potenziatore e aggiuntivo ai fini della produzione del reddito.

Avvalersi del lavoro di una dipendente, ancorché con mansioni di segretaria part-time, integra per il professionista il presupposto dell’autonoma organizzazione, con la conseguenza che lo stesso è tenuto al pagamento dell’imposta regionale sulle attività produttive.
È quanto afferma la Corte di cassazione con la sentenza n. 7609 del 2 aprile 2014.
La vicenda
Il contenzioso esaminato dalla Suprema corte trae origine dal ricorso proposto da una contribuente, esercente la professione di avvocato, avverso il silenzio/rifiuto opposto dall’Amministrazione finanziaria all’istanza di rimborso dell’Irap versata per gli anni d’imposta 1998-2004.
La Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna, riformando la decisione di primo grado, favorevole all’ufficio, ha ritenuto spettante il rimborso al professionista in considerazione dell’assenza dei presupposti per l’applicazione dell’imposta.
Infatti, secondo il giudice di merito, la circostanza che la contribuente per gli anni in contestazione svolgesse la propria attività avvalendosi esclusivamente di beni strumentali modesti e di una segretaria part-time escludeva la sussistenza di autonoma organizzazione, per la cui configurazione sarebbe stato necessario un quid pluris, ravvisabile laddove la particolare organizzazione del professionista determini un “valore aggiunto tassabile”, cioè quando sia tale da consentire lo svolgimento dell’attività anche in sua assenza ovvero quando non vi sia un intervento personale e diretto del professionista e la sua attività sia limitata a mansioni di coordinamento e controllo.
La decisione
La Corte di cassazione, con la pronuncia dello scorso 2 aprile, ha censurato le motivazioni espresse dal giudice di merito, ritenendole in contrasto con l’orientamento ormai consolidato della giurisprudenza di legittimità.
In particolare, la Corte ha evidenziato che non può essere condivisa la tesi del giudice d’appello, secondo cui l’assoggettabilità a Irap di professionisti e lavoratori autonomi sussisterebbe solo nel caso in cui questi si avvalgano di altri soggetti svolgenti la medesima attività del professionista (e quindi in grado di sostituirlo).
Tale orientamento, infatti, “... porterebbe ad escludere i presupposti per la soggezione all’Irap in tutti i casi in cui l’attività del professionista si caratterizzi per il rapporto fiduciario (intuitus personae) che lega il prestatore al cliente, così impedendo che la predisposta struttura di risorse umane e materiali sia in grado di funzionare indipendentemente ed autonomamente dal suo intervento, nel senso che, per quanto valore e consistenza possa rivestire l’organizzazione dello studio nel potenziamento dell’attività professionale e dei profitti che ne conseguono, la prestazione d’opera intellettuale resterebbe personale, non potendo pertanto mai configurarsi un’autonomia organizzativa distinta dalla prestazione personale del professionista. costituisce il logico corollario dei principi affermati dalla giurisprudenza di legittimità in materia di Irap”.
Al contrario, l’Irap è dovuta laddove il professionista “si avvalga di una significativa o non trascurabile organizzazione di mezzi e/o uomini in grado di ampliarne i risultati profittevoli”, con la conseguenza “che lo svolgimento di una libera professione come quella di medico, avvocato, commercialista, ragioniere, geometra, consulente, si colloca al di fuori dell’area di applicazione dell’IRAP solo a condizione (da provare da parte del contribuente e da accertare da parte del giudice di merito) che il professionista operi senza dipendenti (a prescindere dalla circostanza che essi siano o meno in grado di sostituire il professionista medesimo).Osservazioni
La Corte di cassazione, con orientamento ormai consolidato, ha delineato i principi di diritto di carattere generale applicabili ai fini della valutazione della sussistenza del presupposto dell’autonoma organizzazione, che comporta l’assoggettamento all’imposta, con riferimento agli esercenti arti e professioni.
In particolare, secondo i giudici di legittimità, l’Irap è dovuta quando il contribuente che eserciti l’attività di lavoro autonomo:

  • sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione;
  • impieghi beni strumentali eccedenti le quantità che secondo l’id quod plerumque acciditcostituiscono nell’attualità il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività anche in assenza di organizzazione oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui.

La pronuncia in commento costituisce un importante e ulteriore tassello del filone giurisprudenziale che, sulla base dei principi sopra richiamati, ha valutato positivamente l’incidenza dell’utilizzo del lavoro altrui ai fini della sussistenza dell’autonoma organizzazione, riaffermando, dopo qualche recente pronuncia di segno opposto, che anche l’impiego di personale part-time con mansioni di segreteria dà luogo al pagamento dell’imposta (negli stessi termini, ordinanze 2530/2011, 158/2011, 8265/2009 e sentenze 22873/2011 e 14693/2009).
La pronuncia assume rilievo alla luce delle previsioni contenute nella “Delega fiscale”, che attribuisce al Governo il compito di chiarire la definizione di autonoma organizzazione ai fini Irap, tra l’altro, dei professionisti, “adeguandola ai più consolidati principi desumibili dalla fonte giurisprudenziale”.

FONTE: Fisco Oggi, giornale on line dell’Agenzia delle entrate
AUTORE: Maria Gabriella Picone
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