Al centro della controversia, approdata dinanzi alla Corte di giustizia dell’Ue, l’interpretazione dell’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettere b) e c), della sesta direttiva 77/388/Cee.
La contribuente, protagonista del contenzioso, esercita, a titolo autonomo, un’attività di trasporto di organi e di prelievi di origine umana a favore di vari ospedali e laboratori, sotto il controllo e la responsabilità di un medico e l’attività dalla stessa svolta è stata assoggettata a Iva dall’amministrazione tributaria belga. La contribuente riteneva che la sua attività dovesse essere esentata da Iva e, pertanto, adiva la competente autorità giurisdizionale, che sottoponeva al vaglio pregiudiziale della Corte Ue alcune questioni.
L’oggetto del contendere
La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettere b) e c), della sesta direttiva 77/388/Cee del Consiglio ed è stata presentata nell’ambito di una controversia che oppone lo Stato belga a una contribuente, in merito all’assoggettamento a Iva dell’attività di trasporto di organi e di prelievi di origine umana per vari ospedali e laboratori che l’interessata svolge a titolo autonomo.
I rilievi mossi dal giudice a quo
Con tali questioni, il giudice a quo chiedeva, in sostanza, se l’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera b) o c), della sesta direttiva debba essere interpretato nel senso che si applica a un’attività di trasporto di organi e di prelievi di origine umana a fini di analisi medica o di cure mediche o terapeutiche, esercitata da un terzo indipendente, le cui prestazioni sono comprese nel rimborso effettuato dal sistema previdenziale, in favore di cliniche e laboratori, e, in particolare, se tale attività possa fruire di un’esenzione dall’Iva a titolo di prestazioni strettamente connesse a prestazioni mediche, quali previste al suddetto articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera b).
Le valutazioni della Corte Ue
L’articolo 13 della medesima direttiva esenta alcune attività dall’Iva. Tuttavia, i termini con cui sono state designate le esenzioni di cui all’articolo 13 della sesta direttiva devono essere interpretati restrittivamente, dato che queste ultime costituiscono deroghe al principio generale secondo cui l’Iva è riscossa per ogni prestazione di servizi fornita a titolo oneroso da un soggetto passivo. Per quanto concerne le prestazioni mediche, esse possono rientrare tra le esenzioni previste all’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettere b) e c), della sesta direttiva. Emerge dalla giurisprudenza che l’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera b), della sesta direttiva riguarda prestazioni compiute in ambito ospedaliero mentre la lettera c) di tale medesimo paragrafo riguarda prestazioni mediche fornite al di fuori di tale ambito.
La normativa comunitaria
Con riferimento alla nozione di “cure mediche” di cui all’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera b), della sesta direttiva e a quella di “prestazioni mediche”, ai sensi dell’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera c), di tale direttiva, la Corte ha già più volte rilevato che entrambe tali nozioni riguardano prestazioni che hanno lo scopo di diagnosticare, di curare e, nella misura del possibile, di guarire malattie o problemi di salute. Ne deriva che le prestazioni mediche effettuate allo scopo di proteggere, mantenere o ristabilire la salute delle persone beneficiano dell’esenzione prevista all’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettere b) e c), della sesta direttiva. Nella fattispecie oggetto della controversia, si rileva che l’attività di trasporto di organi e di prelievi di origine umana a favore di vari ospedali e laboratori, manifestamente non costituisce “cure mediche” o “prestazioni mediche”, ai sensi dell’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettere b) e c), della sesta direttiva, dal momento che essa non rientra tra le prestazioni mediche che hanno direttamente come scopo effettivo quello di diagnosticare, di curare e di guarire malattie o problemi di salute, o che perseguono effettivamente la tutela, il mantenimento o il ristabilimento della salute. Inoltre, la Corte UE ha già dichiarato che, contrariamente al dettato dell’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera b), della sesta direttiva, il testo della lettera c) di tale disposizione non contiene alcun riferimento ad operazioni strettamente connesse alla prestazione di cure mediche, benché quest’ultima disposizione segua immediatamente quella del suddetto articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera b), e che, pertanto, una nozione di “operazioni strettamente connesse alla prestazione di cure mediche” non ha alcuna pertinenza ai fini dell’interpretazione dell’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera c), della sesta direttiva.
L’attività al centro della controversia
Pertanto, la Corte rileva che un’attività come quella oggetto della controversia in esame non può fruire di un’esenzione dall’Iva, ai sensi dell’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera c), della sesta direttiva. La Corte Ue procede quindi a verificare se tale attività possa fruire di un’esenzione dall’Iva, ai sensi dell’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera b), della sesta direttiva, qualora tale attività sia equiparata a prestazioni strettamente connesse a un’ospedalizzazione o a cure mediche.
Occorre rilevare che dal testo dell’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera b), della sesta direttiva risulta che detta attività può fruire dell’esenzione dall’Iva, sulla base di tale disposizione, a titolo di prestazioni strettamente connesse a un’ospedalizzazione o a cure mediche, soltanto se essa, da un lato, è ascrivibile alle “operazioni strettamente connesse a un’ospedalizzazione o a cure mediche” e, dall’altro, è fornita da un organismo di diritto pubblico oppure, a condizioni sociali analoghe a quelle vigenti per gli organismi di diritto pubblico, da istituti ospedalieri, centri medici e diagnostici o altri istituti della stessa natura debitamente riconosciuti.
Riguardo alla nozione di “operazioni strettamente connesse all’ospedalizzazione o alle cure mediche”, ai sensi dell’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera b), della sesta direttiva, la Corte ha già dichiarato che essa deve essere interpretata nel senso che non comprende attività quali il prelievo e il trasporto di sangue, se le cure mediche prestate in ambito ospedaliero, con cui tali attività sono soltanto eventualmente connesse, non sono ancora esistenti, né iniziate o programmate. Infatti, per quanto concerne le prestazioni mediche, la Corte ha precisato che solo le prestazioni di servizi che rientrano logicamente nell’ambito della fornitura dei servizi di ospedalizzazione e di cure mediche e che costituiscono una tappa indispensabile nel processo di prestazione di tali servizi per conseguire gli scopi terapeutici perseguiti da questi ultimi possono costituire “operazioni (…) strettamente connesse” ai sensi di tale disposizione.
Tutto è rimesso al giudice a quo
Spetta comunque al giudice “a quo”, stabilire se tale attività sia o meno indispensabile. Così, nel caso in cui il giudice “a quo” pervenisse alla conclusione che tale attività costituisce effettivamente una tappa indispensabile nel processo di prestazione di servizi di ospedalizzazione e di cure mediche per conseguire gli scopi terapeutici perseguiti da questi ultimi, occorre verificare se tale attività sia svolta da un organismo di diritto pubblico oppure, a condizioni sociali analoghe a quelle vigenti per gli organismi di diritto pubblico, da istituti ospedalieri, centri medici e diagnostici o altri istituti della stessa natura debitamente riconosciuti.
Posto che un trasportatore non può essere qualificato come “organismo di diritto pubblico”, né può corrispondere alla qualificazione di “istituto ospedaliero”, di “centro medico” o di “centro diagnostico”, occorre verificare se un tale trasportatore possa rientrare nella nozione di “altri istituti della stessa natura” debitamente riconosciuti che svolgono l’attività in parola alle stesse condizioni, ai sensi della suddetta disposizione.
Al riguardo, risulta che la contribuente esercita, a titolo autonomo, un’attività di trasporto di organi e di prelievi di origine umana a favore di vari ospedali e laboratori, ma che la sua impresa non può essere qualificata come istituto “della stessa natura” di quelli che hanno richiesto i servizi di trasporto da essa forniti,, non essendo un ente individualizzato che svolge lo stesso tipo di particolare funzione assolta dagli istituti ospedalieri o dai centri medici e diagnostici.
Le conclusioni della Corte di giustizia
Tutto ciò premesso, la Corte Ue perviene alla conclusione che l’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettere b) e c), della sesta direttiva deve essere interpretato nel senso che esso non si applica a un’attività di trasporto di organi e di prelievi di origine umana a fini di analisi medica o di cure mediche o terapeutiche, esercitata da un terzo indipendente, le cui prestazioni sono comprese nel rimborso effettuato dal sistema previdenziale, a favore di cliniche e laboratori. In particolare, tale attività non può fruire di un’esenzione dall’Iva a titolo di operazioni strettamente connesse a prestazioni mediche quali previste al suddetto articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera b), in quanto tale terzo indipendente non può essere qualificato come “organismo di diritto pubblico”, né può corrispondere alla qualificazione di “istituto ospedaliero”, “centro medico” o “centro diagnostico” o qualsiasi altro “istituto della stessa natura debitamente riconosciuto”, che opera in condizioni sociali analoghe a quelle vigenti per gli organismi di diritto pubblico.