“Going for Growth” è la relazione periodica dell’OCSE sui principali cambiamenti che si sono registrati in quelle aree politiche considerate prioritarie per garantire lo sviluppo dei paesi membri dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico e di alcuni stati selezionati al di fuori di essa, ovvero Brasile, Cina, Colombia, India, Indonesia, Lettonia, Russia e Sud Africa. Il documento offre una valutazione globale per aiutare i governi a capire quali riforme politiche possano influenzare il benessere dei loro cittadini e come progettare delle manovre che siano in grado di soddisfare al meglio i loro obiettivi. Il rapporto è fondamentale per permettere ai paesi del G20 di monitorare gli sforzi per adempiere alla promessa fatta nel 2014 di incrementare il loro prodotto interno lordo del 2% e per adattare di conseguenza le loro strategie di crescita. Traguardi quali la concorrenza dei mercati, la mobilità della manodopera e la solidità finanziaria sono fondamentali per creare un ambiente favorevole all’innovazione e alla ricollocazione delle risorse, essenziali per invertire il diffuso rallentamento della produttività e l’aumento delle disuguaglianze.
Le sfide per le riforme politiche – Nell’elaborare strategie per migliorare in modo sostenibile il benessere della maggioranza dei cittadini, i governi di tutto il mondo devono affrontare le profonde debolezze strutturali che la crisi ha portato allo scoperto, ma che in molti casi hanno origini antiche Le prospettive di crescita globale sono minime nel breve termine, con le economie dei mercati emergenti in perdita, il commercio mondiale in calo e gli investimenti caratterizzati da una persistente debolezza. Queste preoccupazioni sorgono sullo sfondo di un rallentamento diffuso della produttività, con una tendenza al ribasso che risale ai primi anni del 2000 e con piccoli segnali di ripresa. La contrazione della crescita osservata tra le economie dei mercati emergenti nel corso degli ultimi due anni pone anche domande sulla loro capacità di chiudere ulteriormente il divario di reddito nei confronti dei paesi più avanzati. L’urgenza di riforme strutturali rimane quindi forte per sollevare in modo sostenibile la produttività e creare nuovi posti di lavoro. Un’altra sfida per molti paesi, in particolare per quelli del Sud e del Centro-Europa, è quella di ridurre la disoccupazione. Altri governi devono affrontare elevati tassi di recessione (ad esempio Stati Uniti), una scarsa partecipazione delle donne alla forza lavoro (Corea e Giappone) o una elevata incidenza dell’occupazione irregolare (la maggior parte delle economie dei mercati emergenti).
Gli interventi realizzati nel 2015 – Il rallentamento del ritmo delle riforme osservato nel 2013-14 è continuato anche nel 2015, differenziandosi per paesi e settori di intervento. Continua ad essere generalmente più elevato in Europa meridionale (in particolare Italia e Spagna) che nel Nord Europa. Guardando oltre i confini europei, le raccomandazioni indicate dal piano di crescita sono state seguite principalmente in Giappone – tra le economie avanzate – Cina, India e Messico – per quanto riguarda quelle emergenti. In generale sono state intraprese più azioni per incrementare la partecipazione delle donne alla forza lavoro e per sostenere i percorsi scolastici, mentre si osservano un minor numero di iniziative nei settori dell’ innovazione, in quello pubblico e nella regolamentazione del mercato del lavoro.
Riformare in un contesto di domanda debole – Affrontare queste sfide del mercato del lavoro è una priorità per rendere la crescita più inclusiva. Rimuovere le barriere che soffocano l’imprenditorialità e limitano la capacità delle imprese di sfruttare al massimo le tecnologie è ormai un bisogno prioritario. Non basta però stimolare l’occupazione e la produttività ma bisogna anche concentrarsi su quelle manovre che possano portare dei risultati immediati nel breve termine. In particolare, vanno incrementati gli investimenti nelle infrastrutture pubbliche, le riforme nei settori della sanità e delle pensioni, così come le politiche abitative e i programmi di assistenza per facilitare la mobilità geografica. Infine, bisogna migliorare il flusso di credito alle famiglie e puntare a un consolidamento della finanza pubblica, grazie alla restrizione degli squilibri di conto corrente e alla riduzione delle disuguaglianze di reddito.