La recente ordinanza n. 4597 emessa dalla Corte Suprema il 21 febbraio, ribadisce un principio fondamentale del diritto: la notifica di un atto è considerata valida se il destinatario ha la possibilità di conoscerlo.
Un caso emblematico illustra questo principio. Durante un procedimento di impugnazione di un atto di accertamento fiscale, un contribuente solleva l’eccezione del mancato perfezionamento della notifica e chiede la proroga dei termini per l’impugnazione tardiva, come previsto dall’articolo 153 del codice di procedura civile.
Il suo ricorso di primo grado è dichiarato inammissibile per tardività. Anche la Commissione tributaria regionale del Veneto conferma questa decisione, ma il contribuente decide di impugnarla davanti alla Corte suprema, ribadendo le censure relative alla notifica.
In particolare, contesta il metodo di notifica affermando che la sequenza procedurale prevista dalla legge non è rispettata. In aggiunta, solleva dubbi sull’interpretazione dell’iter notificatorio e contesta il calcolo del termine di impugnazione dell’atto.
Il contribuente sottolinea anche che la sua assenza dall’abitazione al momento della notifica è dovuta a motivi di salute e che questa circostanza dovrebbe essere considerata per concedergli la proroga dei termini.
La notifica degli atti tributari è valida solo se il destinatario può esserne informato
Nella decisione della Corte Suprema, è stato chiarito che il ricorso presentato sulla base delle modalità di esecuzione della notifica è stato respinto perché considerato un argomento nuovo, non precedentemente discusso. Inoltre, la Corte ha sottolineato che sia l’affissione dell’avviso alla porta che la sua immissione nella cassetta della posta sono considerate valide procedure di notifica, senza dare preferenza a una rispetto all’altra.
Per quanto riguarda invece la richiesta di proroga dei termini per l’impugnazione tardiva, ha sottolineato l’importanza della dimostrazione da parte del richiedente di non essere stato in grado di esercitare il proprio diritto di impugnazione tempestivamente a causa di circostanze al di fuori del suo controllo. Questo significa che la persona che chiede la proroga deve presentare prove concrete e convincenti che mostrino come eventi imprevisti o situazioni di forza maggiore abbiano impedito loro di agire nei tempi previsti dalla legge.
In altre parole, la Corte ha ribadito che non è sufficiente semplicemente affermare di non aver potuto rispettare i termini per motivi personali o per ragioni di comodità. È necessario dimostrare che le circostanze che hanno causato il ritardo nell’impugnazione erano al di là del controllo della parte interessata e che non avrebbero potuto essere previste o evitate con un comportamento diligente.
Nel caso specifico, la Corte ha pertanto concluso che il contribuente non ha dimostrato in modo chiaro e inequivocabile di non poter tornare alla propria residenza in tempo utile, ma ha sollevato solo una difficoltà relativa, non sufficiente per ottenere la proroga dei termini.
Questa chiarezza della Corte serve a garantire che le richieste di proroga dei termini siano valutate in modo rigoroso e che venga mantenuta l’integrità del sistema giuridico, evitando che le parti possano abusare della procedura di proroga per prolungare ingiustificatamente i tempi processuali.
Fonte: articolo di redazione lentepubblica.it