Il parlamento europeo dichiara guerra alla multinazionali e accelera per arrivare a una stretta sull’elusione fiscale attraverso i trasferimenti d’imposta. La scorsa settimana è toccato al presidente della Commissione Ue, Jean Claude Juncker, passare alla “graticola” di una audizione europarlamentare sullo scandalo degli accordi fiscali preventivi fra amministrazioni fiscali e società multinazionali (‘tax rulings’). Davanti al Parlamento, Juncker è stato costretto a difendersi per il ruolo del Lussemburgo, di cui è stato primo ministro per 18 anni, diventato la piattaforma preferita dalla multinazionali per aggirare – legalmente – le tasse.
Domani toccherà ai ministri delle Finanze di Italia, Francia, Germania, Spagna e Lussemburgo. Questa volte l’argomento non sarà il ‘tax rulings’, ma la tassazione sulle imprese. Insomma, l’attivismo di Strasburgo sui temi fiscali non subisce frenate. Anzi, adesso i deputati pensano a un nuovo giro di vita nei confronti di quelle multinazionali che hanno rifiutato le audizioni: d’altra parte su le 18 convocate solo quattro hanno partecipato. E così il presidente della commissione speciale sui ‘tax rulings’ Alain Lamassoure ha chiesto al presidente del Parlamento Ue, Martin Schulz, di ritirare l’accredito ai lobbisti delle società che non hanno risposto all’invito per l’audizione.
Il tema è delicato, poiché il ‘tax ruling’ è una decisione anticipata in materia fiscale attraverso cui le autorità di uno stato membro forniscono a una società le modalità con cui sarà calcolata l’imposta sul reddito futuro. E così è diventato un fertile terreno di negoziazione abilmente usato dalle multinazionali: sfruttando la complessità delle norme fiscali e la mancanza di cooperazione tra gli stati membri, spostano i profitti nelle loro filiali nazionali in cui sono tassati meno. In questo modo, ogni anno, fuggono dal fisco europeo mille miliardi di euro.
Il caso delle multinazionali è scoppiato all’inizio dell’estate quando il Parlamento aveva fatto sapere che solo una minima parte delle società chiamate a “testimoniare” si era dichiarata disponibile a farlo: Airbus, Bnp Paribas, Sse (società energetica britannica) e Total. Tutte le altre multinazionali hanno declinato l’invito: Amazon Uk, Amazon Sarl, Anheuser-Busch InBev, Fiat Crysler Automobiles, Hsbc Bank accampando l’argomento che sono coinvolte nelle inchieste antitrust in corso; Barclays indicando di poter rispondere a quesiti scritti; Coca-Cola ha preferito incontrare i co-rapporteur della commissione; Facebook, Philip Morris e Walmart hanno rifiutato punto e basta; Google ha inviato un “position paper” sulle questioni fiscali; Mcdonald’s ha risposto picche perché c’erano delle iniziative aziendali ritenute più importanti e a causa di una “possibile” inchiesta comunitaria; Ikea ha invitato i membri della commissione parlamentare e ha inviato a Bruxelles un rapporto del 2014; Walt Disney ha indicato di essere in grado di incontrare i rappresentanti del parlamento “per ascoltare i loro punti di vista”.