manovra emendamentiManovra economica, si va verso i 25 miliardi, il rapporto con il Pil salirà. all’1,8%. Si tratterà di una legge di manutenzione, con qualche intervento per famiglie e imprese Padoan: “Il sentiero è stretto”, le “risorse sono limitate” e “la legge di Bilancio non deve far danni”.


 

Il «sentiero è stretto», le «risorse sono limitate» e «la legge di Bilancio non deve far danni», avverte Pier Carlo Padoan. Un invito alla prudenza, questo del ministro dell’Economia, e uno stop a tutti coloro, a partire dal segretario del Pd Matteo Renzi, che vorrebbero una manovra ambiziosa, con grandi tagli delle tasse (Irpef) e rilevanti interventi per la crescita e il sostegno ai poveri. Al momento, a Palazzo Chigi e al ministero dell’Economia si ragiona invece su una manovra che costa nel 2018 tra i 22 e i 25 miliardi di euro e dove non tutte le coperture sono state ancora individuate.

 

Mancano all’appello ancora tra i 7 e i io miliardi, nonostante la manovra sarà finanziata per circa 9 miliardi da un maggior deficit rispetto a quanto previsto nel Def (Documento di economia e finanza) presentato dal governo lo scorso aprile: l’indebitamento netto per il 2018 dovrebbe infatti salire all’1,8% rispetto all’1,2% stimato nel Def, comunque ben sotto il tetto del 3% richiesto dall’Ue e in diminuzione sul deficit 2o17. Quella per il 2018 sarà dunque una legge di Bilancio di manutenzione, con qualche intervento per famiglie e imprese limitato dal «sentiero stretto», cioè dalla impossibilità di dilatare ulteriormente il deficit per non pregiudicare la diminuzione del debito pubblico in rapporto al Pil: una assoluta necessità per l’Italia, tanto più che il prossimo anno verrà meno l’acquisto dei titoli pubblici da parte della Banca centrale europea. Il conto della manovra è presto fatto. Ci sono circa 15,2 miliardi di euro di «clausole di salvaguardia» da disinnescare per i12018.

 

Si tratta del maggior gettito che deriverebbe dal previsto aumento dell’Iva e delle accise, che il governo ha promesso di congelare. A questi si sommano 1,5-2 miliardi necessari per finanziare i nuovi sgravi contributivi sulle assunzioni dei giovani; altri 1,2 miliardi (oltre a quelli già stanziati) per il rinnovo del contratto dei dipendenti pubblici; 2 miliardi per le cosiddette spese indifferibili (missioni militari all’estero, trasferimenti alle ferrovie, eccetera); 1-1,5 miliardi per gli incentivi del piano Industria 4.o (proroga di super e iper ammortamento, credito d’imposta sugli investimenti aggiuntivi in formazione digitale); tra 5oo milioni e un miliardo per potenziare il Rei, il reddito d’inclusione per i poveri; almeno 5oo milioni per le necessità delle Province (che adesso si chiamano in modo diverso ma devono continuare a gestire scuole e strade).

 

Si tratta in tutto di 22-23 miliardi che rappresentano le esigenze minime cui far fronte. Il conto salirebbe di molto se il governo rispolverasse l’idea di tagliare l’Irpef per il ceto medio o il cuneo fiscale per tutti i lavoratori (2,5 miliardi costa ogni punto in meno di contributi). A fronte delle necessità, per ora il governo può contare su circa 9 miliardi che verranno dal maggior indebitamento; su un miliardo di tagli alla spesa; forse sull’anticipo (tecnicamente difficile) al 2018 della fatturazione elettronica tra privati e su altre misure di lotta all’evasione fiscale che potrebbero dare 2 miliardi; su 3 miliardi di maggior gettito se il Pil crescerà all’1,5% contro l’1% previsto finora. In tutto siamo intorno ai 15 miliardi. Ci potrebbero essere anche altre entrate dall’asta sulle frequenze 5G (al massimo due miliardi), ma sarebbero una tantum. La manovra deve essere presentata entro metà ottobre. Per quella data i conti dovranno tornare.