La Manovra 2025 ha ottenuto il via libera definitivo del Senato, sancendo l’approvazione di uno dei provvedimenti economici più importanti dell’anno: adesso è legge.


Con questa legge di Bilancio, che adesso ha ottenuto l’ok finale dopo la prima approvazione alla Camera, l’esecutivo punta a sostenere la crescita economica e il welfare, bilanciando interventi sociali e incentivi produttivi.

Tuttavia il testo approvato, definito “blindato” per evitare modifiche dell’ultimo minuto, ha suscitato polemiche per la scarsa possibilità di confronto parlamentare. Mentre il governo difende la manovra come un passo avanti per il rilancio economico, le opposizioni criticano i margini di intervento limitati e la portata ridotta di alcune misure, soprattutto quelle destinate ai pensionati e ai lavoratori meno abbienti.

La sfida resta quella di trasformare le misure approvate in risultati concreti per cittadini e imprese: scopriamo nel dettaglio quali sono tutte le novità del testo definitivo.

La Manovra 2025 è legge, ok definitivo anche dal Senato

Con 108 voti favorevoli, 63 contrari e un astenuto, il governo ha consolidato la fiducia già conquistata il giorno precedente con 112 sì, 67 no e un astenuto. I tempi serrati della discussione, necessari per evitare il ricorso all’esercizio provvisorio, hanno limitato il dibattito parlamentare, suscitando le proteste delle opposizioni.

Nonostante il clima di tensione, la manovra introduce una serie di interventi che si vogliono rivolgere a lavoratori, famiglie e imprese.

Taglio del Cuneo Fiscale e Riforma delle Aliquote Irpef

Uno dei pilastri della Manovra 2025 è il taglio del cuneo fiscale, una misura volta a ridurre il costo del lavoro e ad aumentare il reddito disponibile dei lavoratori dipendenti. Questo intervento, già adottato negli anni precedenti, viene ulteriormente ampliato, innalzando da 35.000 a 40.000 euro la soglia di reddito per beneficiare dello sgravio contributivo. In pratica, i lavoratori con redditi entro questo limite vedranno una riduzione delle trattenute previdenziali a loro carico, con un conseguente aumento dello stipendio netto in busta paga. La misura punta a sostenere i redditi medio-bassi e a incentivare i consumi, ritenuti cruciali per stimolare la crescita economica.

Cos’è il cuneo fiscale?

Il cuneo fiscale rappresenta la differenza tra il costo del lavoro sostenuto dal datore di lavoro e il salario netto percepito dal lavoratore. Si compone principalmente di contributi previdenziali e tasse sul reddito. Ridurlo significa rendere il lavoro meno oneroso per le aziende e, al contempo, più remunerativo per i dipendenti.

Riforma delle Aliquote Irpef

La legge di Bilancio introduce un’importante semplificazione del sistema Irpef, rendendo permanenti le tre aliquote approvate temporaneamente nel 2024. Questa modifica rappresenta un passo verso una maggiore equità fiscale e una razionalizzazione del prelievo, con l’obiettivo di favorire la crescita economica e ridurre la pressione fiscale sui contribuenti.

Gli scaglioni Irpef definiti dalla nuova normativa sono i seguenti:

  • 23% per redditi fino a 28.000 euro: Questa fascia comprende la maggior parte dei lavoratori e rappresenta l’aliquota più bassa, mirata a sostenere i redditi medio-bassi.
  • 35% per redditi tra 28.000 e 50.000 euro: Riguarda la classe media e sostituisce le precedenti aliquote del 27% e del 38%, semplificando la tassazione per questo segmento.
  • 43% per redditi oltre i 50.000 euro: Rimane invariata rispetto al passato ed è riservata ai redditi più alti, garantendo una progressività fiscale in linea con il principio costituzionale.

Impatto sulle Famiglie e sui Lavoratori

La combinazione tra il taglio del cuneo fiscale e la riforma Irpef dovrebbe tradursi in un aumento della capacità di spesa per milioni di italiani. I lavoratori con redditi più bassi beneficeranno di un doppio vantaggio: da un lato, il minor peso dei contributi previdenziali; dall’altro, una tassazione più leggera sulle fasce iniziali di reddito.

Ad esempio, un dipendente con un reddito lordo di 35.000 euro potrebbe riscontrare un incremento di alcune centinaia di euro annui nel proprio reddito netto, grazie alla riduzione delle trattenute e al nuovo sistema Irpef. Per i redditi superiori a 50.000 euro, invece, l’impatto sarà neutrale, poiché l’aliquota massima rimane invariata.

Sostegno alla natalità e alle famiglie

Con una delle nascite più basse d’Europa, l’Italia affronta una profonda crisi demografica che minaccia la sostenibilità del sistema economico e sociale. Per incentivare la natalità, la Manovra 2025 introduce un bonus una tantum di 1.000 euro per ogni figlio nato o adottato a partire dal 1° gennaio 2025. Questa misura, destinata ai nuclei familiari con un ISEE non superiore a 40.000 euro, mira a supportare le famiglie con redditi medio-bassi, spesso quelle più vulnerabili di fronte alle difficoltà economiche legate alla genitorialità.

Il bonus non è l’unico intervento previsto. La legge include benefici contributivi per le madri lavoratrici, volti a favorire una maggiore partecipazione femminile al mondo del lavoro e a rendere più gestibile il bilanciamento tra responsabilità professionali e impegni familiari. Tra le possibili agevolazioni, si ipotizzano sgravi sui contributi previdenziali o incentivi per le aziende che adottano politiche di flessibilità lavorativa, come il lavoro agile e gli orari ridotti.

Tuttavia, alcune critiche sono state mosse a queste misure: l’importo del bonus viene considerato insufficiente da molti esperti per affrontare le spese reali legate alla nascita di un figlio, mentre l’efficacia dei benefici contributivi per le madri dipenderà dall’adesione delle imprese alle politiche di conciliazione vita-lavoro.

Agevolazioni per le Imprese

Anche il settore imprenditoriale è al centro della Manovra 2025, con una serie di interventi mirati a sostenere la crescita e a promuovere un’economia più inclusiva. Tra le misure più significative spicca la riduzione dell’Ires per le aziende che reinvestono almeno il 30% degli utili prodotti nel 2024. Questo incentivo premia le imprese che scelgono di destinare una parte consistente dei propri profitti al potenziamento delle attività, all’innovazione e alla creazione di nuovi posti di lavoro.

Un’altra iniziativa degna di nota è l’istituzione di un fondo di 70 milioni di euro, destinato a favorire la partecipazione dei lavoratori nella gestione aziendale e nella distribuzione degli utili. Questo modello, adottato con successo in altri Paesi europei, mira a rafforzare il legame tra datori di lavoro e dipendenti, aumentando il senso di appartenenza e incentivando comportamenti virtuosi all’interno delle aziende. L’obiettivo è promuovere una cultura aziendale basata sulla collaborazione e sull’equità.

Le piccole e medie imprese (PMI), spina dorsale dell’economia italiana, non sono escluse dai benefici della manovra. Un fondo di garanzia è stato creato per agevolare l’accesso al credito da parte delle PMI, facilitando gli investimenti in innovazione e crescita. Questo strumento è particolarmente importante per sostenere le aziende che spesso incontrano difficoltà nell’ottenere finanziamenti a condizioni competitive.

Novità sulle Pensioni

La Manovra 2025 introduce alcune modifiche nel settore previdenziale, cercando di rispondere alla necessità di adeguare il sistema pensionistico alle condizioni economiche attuali. Tuttavia, le novità si presentano con impatti limitati, alimentando dibattiti su efficacia e inclusività.

Adeguamento delle Pensioni all’inflazione e aumenti per le minime

La legge conferma il meccanismo di rivalutazione degli assegni pensionistici, che tiene conto dell’inflazione. Per il 2025, l’aumento previsto è pari a +0,8%, un valore che riflette il rallentamento del costo della vita registrato negli ultimi mesi. Per le pensioni minime, l’incremento è ancora più contenuto: si passa da 614,77 a 616,67 euro mensili, con un rialzo di appena 1,90 euro. Questo intervento, pur rispettando l’obbligo di adeguamento, è stato criticato per la sua modestia, giudicata insufficiente a contrastare le difficoltà economiche dei pensionati con redditi bassi.

Pensione anticipata per i lavoratori post-1996

Un aspetto innovativo della Manovra è l’introduzione di una via di pensionamento anticipato riservata a chi ha iniziato a lavorare dopo il 1° gennaio 1996, con almeno 64 anni di età e 20 anni di contributi. Per accedere a questa opzione, però, l’ammontare della pensione deve essere almeno pari a tre volte l’assegno sociale (circa 1.500 euro mensili). Questa misura, pensata per valorizzare i contributi versati dai lavoratori più giovani, si avvale del sistema di calcolo contributivo, che lega l’assegno pensionistico alla quantità e alla qualità dei contributi accumulati nel corso della carriera.

Sebbene rappresenti un’opportunità interessante, la platea dei beneficiari risulta estremamente ristretta. Infatti, il requisito di raggiungere una pensione pari a tre volte l’assegno sociale limita l’accesso soprattutto per coloro che hanno avuto carriere discontinue o redditi bassi. Secondo le stime, saranno poche migliaia i lavoratori che riusciranno a beneficiare di questa possibilità nei primi anni di applicazione.

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