sentenza corte UEBruxelles contesta toni e contenuti della missiva, ma si cerca comunque di arrivare a una soluzione che tenga insieme l’esigenza dell’Italia di mettere le maggiori risorse possibili per gli interventi post terremoto e quella dell’Ue di tenere ferma la barra sul rispetto delle regole chiesto a tutti i Paesi europei.

 

La lettera, insoddisfacente. E i toni, troppo ingenerosi. Sembra non piacere alla Ue la piega che ha preso il rapporto con Roma sul piano per i conti pubblici del prossimo anno, tanto che l’irritazione è filtrata dai palazzi di Bruxelles. Troppo “populismo a buon mercato” e accuse di “tecnocrazia” che ostacola gli sforzi dei Paesi anche nelle emergenze. Ma ciò non toglie che, a maggior ragione dopo le ennesime, potenti, scosse che hanno devastato il centro Italia, ci sia tutta l’intenzione di arrivare a una soluzione che tenga insieme l’esigenza dell’Italia di mettere le maggiori risorse possibili per gli interventi post terremoto e quella dell’Ue di tenere ferma la barra sul rispetto delle regole chiesto a tutti i Paesi europei.

 

E il compromesso, che si continua a studiare in queste ore con contatti mai interrotti sulla linea Roma-Bruxelles, potrebbe essere quello di sfruttare il Fondo europeo per gli investimenti strategici e di inquadrare in quel contesto il piano per la messa in sicurezza del territorio. Una ipotesi suggerita proprio dai tecnici europei, quando, nel ribadire che le spese per la stretta emergenza già sono fuori dal Patto di stabilità, si fa riferimento all’allegato uno della comunicazione sulla flessibilità di inizio 2015. In quel documento, infatti, si prevede la possibilità di non conteggiare nel disavanzo dei singoli Paesi alcune spese effettuate nel quadro del Feis, citando vari esempi di operazioni cofinanziate da operatori pubblici e privati. Sotto questo ‘ombrello’, quindi, potrebbe da un lato esserci un volano (e più risorse) per realizzare il piano italiano per il medio periodo e dall’altro consentire, all’interno delle regole, che queste spese non impattino sul deficit (in particolare il disavanzo strutturale) preso a riferimento dalla Ue per il monitoraggio dei conti pubblici.

 

L’Ue, ha peraltro ribadito il portavoce della Commissione europea Margaritis Schinas, “resta pienamente pronta ad aiutare la popolazione e le autorità italiane”. Posizione assunta anche da Berlino, con il portavoce della cancelliera Angela Merkel, Steffen Seibert, che ha rinnovato la disponibilità della Germania “quando e dove potrebbe essere possibile” di essere “ancora al fianco” dell’Italia, dopo l’impegno già preso ad Amatrice”. Il patto di stabilità, ha aggiunto il portavoce di Angela Merkel, è un impegno degli Stati di fronte a tutti gli altri e per questo la soluzione va trovata “a livello europeo” sfruttando “intelligentemente” la “molta flessibilità che può e deve essere utilizzata”.

 

L’esito di questa nuova trattativa si vedrà nelle prossime settimane e intanto domani si dovrebbe superare senza inciampi la scadenza entro cui Bruxelles potrebbe rispedire indietro il documento programmatico di bilancio. Al momento l’ago della bilancia oscilla sempre attorno a quello 0,1% di sforzo di correzione del deficit strutturale che l’Italia non fa, peggiorando invece di molto il parametro. Tra l’altro lo spazio che il governo potrebbe prendersi, perlomeno quello autorizzato dal Parlamento, arriva fino al 2,4% di indebitamento netto. Quindi ancora uno 0,1%, ma in più. Ferma restando l’intenzione di “fare tutto quello che va fatto senza compromessi”, come ribadisce una fonte di governo, per risolvere la questione del terremoto, anche da parte italiana si guarda a una via mediana che tenga conto delle esigenze di elasticità di Roma dopo il terremoto, tra l’altro riconosciute anche da Berlino, e le esigenze di tenere la barra dritta sui conti.