Il documento di analisi sugli squilibri macroeconomici dei paesi dell’Unione Europea pubblicato oggi dalla Commissione Europea e le recenti dichiarazioni del Commissario Olli Rehn sulla necessità che l’Italia avvii un ambizioso piano di riforme trovano piena condivisione da parte del Governo, come risulta evidente dalle dichiarazioni programmatiche rese in Parlamento in occasione del dibattito sulla fiducia. Il programma di riforme dell’Esecutivo è in linea con le indicazioni emerse da questa analisi della Commissione. L’Esecutivo intende infatti dare una svolta al processo di riforma per rafforzare la competitività e garantire una crescita forte, sostenibile e ricca di posti di lavoro. Le riforme annunciate saranno tradotte operativamente in un cronoprogramma che sarà inserito nel prossimo Programma Nazionale di Riforma.

Commento alla “in-depth review” della Commissione Europea
L’analisi della Commissione Europea si concentra sull’andamento della competitività dell’economia italiana e sulle conseguenze che il debito pubblico elevato può generare sulla stabilità macroeconomica.

Sulla competitività

La competitività dell’economia italiana è oggi limitata dall’elevato cuneo fiscale sul costo del lavoro, un problema che il Governo si accinge ad affrontare con determinazione. Tuttavia la capacità di reazione dell’economia e il ribilanciamento dei conti con l’estero consentono di avere fiducia sulla presenza di una forte capacità di adattamento e flessibilità del sistema produttivo nazionale.
Per contrastare la recessione, le aziende manifatturiere italiane hanno fatto ricorso alla riduzione dei costi di produzione, al miglioramento qualitativo dei prodotti e al contenimento dei prezzi e dei margini di profitto e questo ha permesso un netto miglioramento dei conti verso l’estero. Ciò ha permesso di ottenere un miglioramento della bilancia commerciale che è passata nel breve arco di 3 anni da un deficit di 30 miliardi nel 2010 ad un surplus di quasi 10 miliardi nel 2013. Nello stesso periodo il saldo delle partite correnti è passato da un deficit di 3,5% a un surplus di 0,8% del PIL. La posizione patrimoniale netta sull’estero, pur deficitaria, è rimasta all’interno della soglia d’attenzione collocandosi a meno del 30% del PIL.

Sul debito pubblico

L’andamento del debito pubblico in relazione al PIL deriva prevalentemente dal denominatore del rapporto, cioè dalla crescita modesta degli anni precedenti la crisi e poi dalla profonda recessione, che si è accompagnata ad una crescita insoddisfacente della produttività. Il debito è cresciuto anche per il contributo nazionale ai meccanismi europei di protezione e per i rimborsi dei debiti pregressi delle Pubbliche Amministrazioni. Questi problemi richiedono un’azione decisa in termini di sostegno immediato alla crescita e di una forte azione di riforme strutturali.
Lo sforzo per correggere l’andamento dei conti pubblici è stato significativo negli ultimi due anni, con un aggiustamento fiscale di circa 3 punti percentuali in termini strutturali grazie al quale la soglia del 3% non è stata superata. Questo ha consentito di contenere l’aumento del rapporto debito/PIL. Pur in un contesto molto difficile, l’Italia ha mantenuto e rafforzato la propria stabilità economica e finanziaria. L’uscita dalla procedura per disavanzi eccessivi dell’Unione europea è uno dei risultati visibili di quest’azione. Il calo dello spread sotto i 200 punti base testimonia come gli sforzi del Paese siano stati importanti e riconosciuti.

Ora è giunto il momento di porre al centro dell’azione del Governo la crescita economica e l’occupazione.

FONTE: Ministero dell’economia e della finanze

europa 4