L’agevolazione prevede tempi ben definiti per il trasferimento della residenza nel comune dove è situato l’immobile, superabili soltanto per eventi assolutamente non prevedibili.
Questo è il principio riaffermato dalla Corte di cassazione con l’ordinanza del 5 febbraio 2014, n. 2527.
Il contribuente impugnava un avviso di liquidazione e irrogazione sanzioni emesso dall’Agenzia delle Entrate, con il quale gli veniva disconosciuto il diritto a usufruire dell’agevolazione dell’imposta di registro per l’acquisto di “prima casa”, in quanto non risultava, trascorsi diciotto mesi dalla stipula dell’atto, che l’acquirente avesse trasferito la residenza anagrafica nel comune ove è ubicato l’immobile.I giudici di merito, sia di primo sia di secondo grado, avevano accolto le doglianze del contribuente e annullato l’atto, perché non si era tenuto conto della circostanza che l’immobile era stato acquistato quando era ancora in costruzione e che, solo dopo due anni, era stato rilasciato il certificato di abitabilità.
L’Amministrazione finanziaria impugnava tale decisione sostenendo che la sentenza emessa dai giudici della Ctr fosse viziata per violazione della nota II-bis, articolo 1 della tariffa, parte I, allegata al Tur.
La decisione della Cassazione
La Corte suprema accoglie il ricorso, ribadendo che il mancato trasferimento della residenza, entro diciotto mesi dalla stipula del contratto di compravendita, nel comune ove è situato l’immobile comporta la decadenza dalle agevolazioni previste per la prima abitazione.
I giudici di legittimità, infatti, sostengono che, contrariamente alle conclusioni cui è giunta la Ctr, la circostanza che l’immobile fosse in costruzione all’atto della registrazione della compravendita e che, solo dopo un biennio dall’acquisto, sia stato rilasciato il certificato di abitabilità, non assuma alcun rilievo ai fini del riconoscimento delle agevolazioni di cui al Dpr 131/1986. Quest’ultimo, infatti, prevede come condizione per fruire dei benefici fiscali che il trasferimento della residenza nel comune ove è situata la casa avvenga in un termine fissato dal legislatore, differenziandosi dalla precedente previsione ex articolo 1 della legge 168/1982, che invece richiedeva esclusivamente che l’immobile acquistato fosse adibito “a propria abitazione”.
La Cassazione, richiamando i principi già affermati dalle sezioni unite con sentenza 1196/2000, ribadisce come in questi casi il termine triennale di decadenza di cui all’articolo 76, secondo comma, del Tur, decorre non dalla registrazione dell’atto, bensì dal momento in cui l’enunciato proposito di trasferimento della residenza, inizialmente attuabile, sia successivamente rimasto ineseguito o ineseguibile, di conseguenza dal diciottesimo mese successivo alla registrazione dell’atto.
Osservazioni conclusive
Dalla lettura della sentenza in esame, si evince come la realizzazione dell’impegno di trasferire la residenza rappresenti un elemento costitutivo per il conseguimento del beneficio previsto in tema di imposta di registro, il quale viene solo provvisoriamente concesso dalla legge al momento della registrazione dell’atto, ma resta condizionato all’effettivo suo realizzarsi.
Si tratta, dunque, di un vero e proprio obbligo giuridico condizionante il riconoscimento dell’agevolazione, che si realizza solo con l’effettiva iscrizione nel registro dei residenti e non con una situazione di fatto data dal trasferimento concreto (Cassazione, sentenza 1797/2012).
L’unica deroga ammessa a tale principio è costituita dal sopravvenire di una causa di forza maggiore, cioè di una situazione che fosse imprevista e imprevedibile al momento della stipula dell’atto come riconosciuto dalla risoluzione 140/2008.
Tale documento di prassi ha trovato conferma anche nella giurisprudenza della Corte di cassazione che, con la sentenza 17442/2013, ha affermato che “la non imputabilità del mancato trasferimento della residenza, per effetto della sopravvenienza di un impedimento oggettivo, imprevedibile ed inevitabile, esclude, di per sé, la decadenza dall’agevolazione, senza che possano esser, a tal fine, richiesti ulteriori comportamenti (in tesi il reperimento di altro immobile) a carico del contribuente”.
Nella sentenza in esame, i giudici di legittimità escludono, invece, che possa configurarsi la presenza dell’esimente descritta nei casi in cui il mancato trasferimento della residenza sia dovuto al ritardo del rilascio del certificato di abitabilità di un immobile in costruzione, smentendo diverse pronunce dei giudici di merito (si veda ad esempio la sentenza della Ctr Veneto, sezione XIX, n. 25/19/2014, nella quale è stato affermato che “nei diciotto mesi previsti per il trasferimento della residenza non deve essere computato il periodo di tempo occorso per il rilascio del certificato di abitabilità”). Risulta arduo, in definitiva, riconoscere l’agevolazione fiscale in caso di ritardato trasferimento della residenza per le lungaggini burocratiche (mancato rilascio nei termini del certificato di abitabilità), lungaggini che – statisticamente – sono tutto fuorché imprevedibili.