Palazzo ChigiLa Ragioneria generale dello Stato scova un “buco” nelle coperture su due misure (il regime dei minimi e l’F24). Le misure saranno soppresse per consentire al decreto di tornare all’esame dell’Assemblea. Il governo è pronto a chiedere subito dopo la fiducia sul testo.

 

Un buco nelle coperture e il decreto legge fiscale, che  era previsto all’esame dell’Aula di Montecitorio, torna all’esame delle commissioni. L’alt è arrivato dalla Ragioneria generale dello Stato e riguarda in particolare due misure: il regime dei minimi e l’F24. Se nel secondo caso sul tavolo c’è una cifra relativamente piccola, cinque milioni di euro, nel primo la questione delle risorse è più consistente: 30 milioni nel 2017 e 80 milioni nel 2018.

 

Le opposizioni sono sul piede di guerra (il presidente dei deputati di Fi Renato Brunetta parla di “governo comatoso”, il deputato della Lega Guido Guidesi di governo “allo sbando”), e dunque bisognerà attendere oggi per il voto che sancirà il ritorno in commissione. Dove si dovrebbe decidere la soppressione delle misure, per consentire così al decreto di tornare all’esame dell’Assemblea. Il governo è infatti pronto a chiedere subito dopo la fiducia sul testo, che potrebbe essere votata mercoledì.

 

Dopodiché la palla passerà alla commissione Bilancio. L’ipotesi più probabile è che le misure finite nel mirino della Ragioneria siano ripescate durante l’esame della manovra. “Vediamo – dice il capogruppo di Ap in commissione Bilancio alla Camera e relatore al dl, Paolo Tancredi – cosa si deciderà. Come Area popolare andremo avanti affinché la norma venga comunque approvata, nel caso proponendo di inserirla nella legge di Bilancio”. La misura più discussa, quella sui minimi, prevede “la possibilità di sforare per due volte non consecutive nel quinquennio, per un massimo di quindicimila euro, la propria soglia limite pagando il 27% sul reddito eccedente”, spiega Raffaele Vignali, uno dei firmatari della proposta.

 

Il che causa “sicuramente minori entrate, che vengono però – osserva – più che bilanciate dalle nuove”. Superato lo scoglio del decreto fiscale, che comunque poi passerà all’esame del Senato per la seconda lettura, sarà la manovra a giocare il ruolo da protagonista. E qui i paletti fissati dal presidente della commissione Bilancio della Camera, Francesco Boccia, sono netti: per la legge di bilancio, a cui sono stati presentati cinquemila emendamenti, “chiederò che ogni riformulazione che abbia una spesa sia firmata dalla Ragioneria. Non inizio – assicura infatti – la discussione sulle riformulazioni se non c’è chiarezza ex ante sulle coperture”. Un passaggio, che insieme ai ritardi accumulati a causa dell’esame del decreto fiscale e alla mole degli emendamenti, fa però immaginare un allungamento dei tempi: appare infatti sempre più difficile che il primo esame in Parlamento della manovra possa chiudersi entro l’ultimo weekend di novembre.

 

“E’ una corsa contro il tempo – dice sempre Boccia – e se escludo che si possa andare oltre il 4 dicembre (vale a dire la data del referendum, ndr) che si possa slittare di un giorno” può sempre succedere.