Come si detrae IVA per prestazioni pubblicitarie? Con la sentenza 5195/2016, la Corte di cassazione affronta il tema della detraibilità dell’Iva assolta a fronte di prestazioni di servizi pubblicitari da una holding di produzione a favore di una società del gruppo che si occupa della distribuzione dei beni prodotti dalla holding. Nello specifico, la fattispecie sub iudice trae origine da una rettifica Iva operata dall’Agenzia delle Entrate disconoscendo la detraibilità dell’Iva assolta sulle cennate prestazioni pubblicitarie in quanto, a suo avviso, mancherebbe il presupposto dell’inerenza dei costi pubblicitari all’attività (di esclusiva produzione e non anche distribuzione) svolta dalla holding.
In via preliminare, la sentenza in nota si sofferma sulle condizioni al ricorrere delle quali le spese sostenute per la fruizione di un servizio sono considerate inerenti all’attività di impresa esercitata dalla società. Sul punto, richiamando un consolidato orientamento della Corte di giustizia dell’Unione europea (sentenze 29 ottobre 2009, n. C-29/08, e 22 ottobre 2015, n. C-126/14), il supremo Collegio sottolinea la necessaria sussistenza di un nesso diretto e immediato tra una specifica operazione a monte e una o più operazioni a valle, che conferiscono il diritto alla detrazione; immediatezza da intendersi in senso funzionale, con riferimento alla complessiva attività economica del contribuente.
IVA per prestazioni pubblicitarie
Tali principi – evidenzia la Cassazione – sono stati fatti propri anche dalla giurisprudenza interna pronunciatasi proprio con riguardo all’inerenza dei costi di pubblicità o sponsorizzazione sostenuti in favore di un soggetto terzo. In dette sedi, è stato sottolineato che, per individuare le utilità concretamente ritraibili dalla prestazione pubblicitaria svolta in favore del terzo, è indispensabile “indagare la natura del rapporto tra la società che ha sostenuto la spesa e il terzo“, non rilevando “l’incongruità tra la spesa ed i ricavi realizzati nell’anno di imposta, in quanto non occorre che vi sia un immediato riscontro, ma che tale costo sia proiettato ad utilità future” (Cassazione, 24065/2011 e 6548/2012). Con particolare riguardo ai costi di sponsorizzazione, poi, l’inerenza può dirsi sussistente ogniqualvolta dallo sfruttamento del segno distintivo altrui derivi un’utilità per il potenziale incremento dell’attività commerciale esercitata.
Pertanto, quel che rileva ai fini della detraibilità dell’Iva è che i costi sostenuti siano elementi costitutivi del prezzo del servizio fornito dal soggetto passivo: “il costo delle prestazioni a monte è in tal caso incorporato rispettivamente nel prezzo delle operazioni specifiche a valle, ossia nel prezzo dei beni o dei servizi forniti dal soggetto passivo nell’ambito delle sue attività economiche” (Corte di giustizia, 16 febbraio 2012, n. C-118/11).
Tanto considerato, nel caso di specie, i giudici di legittimità rilevano che non vi sarebbe stata da parte della società contribuente alcuna prova della circostanza che i costi sostenuti per le spese pubblicitarie siano stati incorporati nel prezzo applicato alle società distributrici dei prodotti. Ciò, con conseguente “recisione del nesso diretto ed immediato tra la fruizione del servizio di pubblicità a monte e la cessione del bene da distribuire a valle“.
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