L’Agenzia delle Entrate (e non delle Dogane) è legittimata a eseguire controlli per il rispetto degli adempimenti fiscali connessi alla gestione e all’utilizzo dei depositi Iva, e può recuperare l’eventuale indebita detrazione d’imposta operata dal soggetto destinatario finale della merce importata. Lo ha precisato la Cassazione con la sentenza n. 16464 del 5 agosto 2016.
I fatti
L’Agenzia delle Entrate ha notificato a un contribuente due avvisi di accertamento, con i quali ha recuperato l’Iva 2005 e 2006 non versata dalla sua ditta che aveva indebitamente utilizzato il regime agevolativo connesso al deposito fiscale, gestito da una Srl senza le prescritte autorizzazioni e in modo virtuale. La ditta, cioè, utilizzando il deposito, aveva potuto effettuare acquisti per importi rilevanti senza versare l’Iva all’importazione.
Il contribuente ha impugnato entrambi gli avvisi, eccependo, tra l’altro, anche il difetto di competenza funzionale dell’Agenzia delle Entrate. La Commissione tributaria provinciale ha accolto i ricorsi, dopo averli riuniti. Dello stesso avviso la Commissione regionale che, respingendo l’appello dell’ufficio, aveva ritenuto che il deposito fiscale era stato legittimamente gestito, come emergeva dal decreto penale di archiviazione, e poi sostenendo, ex articolo 70, Dpr 633/1972, che l’ufficio legittimato ad accertare infrazioni e ad applicare le relative sanzioni sulle importazioni era solo l’Agenzia delle Dogane.
Contro la sentenza, l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, dolendosi della violazione, da parte della Commissione tributaria regionale, dell’articolo 50-bis, comma 5, Dl 331/1993, e dell’articolo 70 del Dpr 633/1972, avendo assegnato all’Agenzia delle Dogane la competenza funzionale alla riscossione dell’Iva all’importazione.
La Corte, accogliendo il motivo di ricorso, ha affermato, con la sentenza in commento, che “… spettano alla competenza dell’Agenzia delle entrate e non già a quella dell’Agenzia delle dogane l’accertamento e la riscossione dell’Iva intracomunitaria al di fuori degli spazi doganali, in particolare dell’iva da assolvere all’atto dell’estrazione della merce dai depositi fiscali iva mediante il meccanismo dell’inversione contabile“.
La sentenza
I giudici di legittimità hanno attribuito, quindi, all’Agenzia delle Entrate la competenza per l’accertamento dell’Iva all’importazione fuori dagli spazi doganali. Lo hanno fatto tenendo conto delle norme comunitarie dettate con riferimento sia all’obbligazione doganale sia alla competente Autorità doganale. In particolare, la Corte, dopo aver affermato che la materia doganale (articolo 3, Tfue) è di competenza esclusiva dell’Ue e si applica direttamente negli Stati membri, ha chiarito il contenuto dell’obbligazione doganale all’importazione: si tratta dell’obbligo di una persona di corrispondere l’importo dei dazi (articolo 4, paragrafo 9, codice doganale comunitario – regolamento 2913/1992) e cioè dei dazi doganali e delle tasse di effetto equivalente dovuti all’importazione delle merci (articolo 4, paragrafo 10).
È evidente che l’obbligazione doganale non comprende l’Iva all’importazione, la quale ne resta quindi estranea. Tale conclusione sistematica trova conferma anche nelle pronunce della Corte di giustizia Ue, secondo la quale “…i dazi all’importazione non includono l’iva da riscuotere per l’importazione di beni…” (Corte giustizia, C-248/09, punto 47, e C-266 e 228/14, punto 81). Sempre la normativa comunitaria (articolo 4, paragrafo 1, n. 3) definisce l’autorità doganale quale “autorità competente, tra l’altro, ad applicare la normativa doganale…“. Di conseguenza, tale autorità non sembrerebbe chiamata a occuparsi dell’Iva all’importazione, trattandosi di materia estranea alla normativa doganale.
La Corte ha esaminato, allora, il rapporto tra Iva all’importazione, da una parte, e dazi e altri diritti di confine dall’altra. A tale riguardo, ha osservato che la prima, pur essendo collegata per fatto generatore ed esigibilità ai dazi, ne rimane distinta per la sua funzione (ex articolo 34, Dpr 43/1973): il sistema dell’Iva alle importazioni, per sua natura incardinato in quello generale dell’Iva, infatti, è inteso a garantire la neutralità del sistema comune rispetto all’origine dei beni, ponendo i prodotti importati nella stessa situazione dei prodotti nazionali analoghi per gli oneri fiscali gravanti sulle due categorie di merci (Corte giustizia, C-299/86, punto 9).
Proprio perché l’Iva all’importazione non colpisce esclusivamente il prodotto importato in quanto tale, ma s’inserisce nel sistema fiscale uniforme dell’Iva, che colpisce sistematicamente e secondo criteri obiettivi, sia le operazioni degli Stati membri sia quelle all’importazione (Corte giustizia, C-15/81, punto 21), la Cassazione ne ha evidenziato il “carattere interno”, con specificità procedimentali e sanzionatorie correlate al meccanismo d’importazione. In particolare, poiché la controversia al vaglio della Corte aveva a oggetto il recupero dell’Iva intracomunitaria da riscuotere fuori dagli spazi doganali e dopo l’immissione in libera pratica, nella misura delle detrazioni effettuate in virtù del meccanismo dell’inversione contabile, i giudici di legittimità sono stati chiamati a individuare l’Agenzia fiscale competente.
A tale riguardo, hanno dato atto che la normativa sulle Agenzie fiscali prevede una doppia competenza, con rapporto di specialità reciproca (articoli 62 e 63 del Dlgs 300/1999). E cioè, l’Agenzia delle Entrate è competente in ordine all’Iva; l’Agenzia delle Dogane e dei monopoli è competente in ordine ai diritti doganali e alla fiscalità interna agli scambi internazionali. In dettaglio, la Cassazione ha chiarito che, qualora l’immissione in libera pratica (articolo 79, Cdc) e l’immissione in consumo (articolo 36, comma 2, Dpr 43/1973) coincidano, anche l’autorità doganale e quella che accerta l’Iva all’importazione possono coincidere per economia di procedimento. Qualora, invece, l’immissione in libera pratica preceda con un certo intervallo temporale l’immissione in consumo, l’autorità che accerta l’Iva all’importazione/intracomunitaria non può identificarsi con l’autorità doganale, poiché la riscossione dell’Iva al di fuori degli spazi doganali non afferisce alla “fiscalità interna negli scambi internazionali” prevista, ex articolo 63, Dlgs 300/1999, tra le competenze dell’Agenzia delle Dogane.
Di conseguenza, nella fattispecie esaminata dalla Corte, l’Agenzia delle Entrate ha legittimamente contestato le detrazioni Iva operate col meccanismo dell’inversione contabile in quanto tale meccanismo, richiedendo l’estrazione della merce dal deposito fiscale Iva, implicava un intervallo temporale fra l’immissione dei beni in libera pratica nello spazio doganale e l’immissione in consumo della merce divenuta comunitaria (ma non ancora nazionalizzata) con la successiva estrazione dal deposito.