consulenzaLa domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione della direttiva Iva 2006/112/Ce ed è stata presentata nell’ambito di una controversia che oppone una società bulgara, avente come oggetto principale della sua attività l’agricoltura e attività complementari, alla propria Amministrazione finanziaria in ordine alla detrazione dell’Iva gravante a monte sull’acquisto di servizi di consulenza forniti nell’ambito di un contratto di abbonamento.

 

La società ha concluso alcuni contratti di abbonamento che vertono su servizi di consulenza con altre quattro società, rispettivamente nei settori del finanziamento di imprese, dello sviluppo commerciale, delle consulenze legali e della sicurezza dell’informazione. Tali società di consulenza erano tutte rappresentate da una stessa persona.

 

L’Amministrazione fiscale ha ritenuto che non fosse stata apportata alcuna prova sul tipo, la quantità e la natura dei servizi realmente forniti, in particolare nessun documento relativo al numero di ore effettuate, e che non fosse stata fornita alcuna informazione circa il modo in cui erano stati stabiliti i prezzi dei servizi. Pertanto, ha emesso un avviso di accertamento in rettifica, negando alla società il diritto di detrarre l’Iva fatturata dai prestatori.

 

In seguito al contenzioso che ne è derivato, la competente autorità giurisdizionale ha sottoposto al vaglio pregiudiziale della Corte Ue alcune questioni.

 

Le pregiudiziali e le valutazioni della Corte

 

Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede se gli articoli 24, paragrafo 1, e 25, lettera b), della direttiva Iva, debbano essere interpretati nel senso che la nozione di “prestazione di servizi” includa i contratti di abbonamento per la fornitura di servizi di consulenza, in particolare di tipo legale, commerciale e finanziario, nell’ambito dei quali il prestatore si mette a disposizione del committente per tutta la durata del contratto e si impegna a non concludere contratti aventi oggetto analogo con i concorrenti del committente.

 

La direttiva attribuisce un’amplissima sfera di applicazione dell’Iva, elencando, all’articolo 2, relativo alle operazioni imponibili, oltre alle importazioni, anche le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate a titolo oneroso all’interno del Paese da un soggetto passivo che agisca in quanto tale.

 

Le disposizioni del titolo IX della direttiva esentano dall’Iva alcune attività. La fornitura di servizi di consulenza (legale, commerciale e finanziaria) non fanno parte di tali esenzioni. Di conseguenza, i servizi di consulenza, quali quelli relativi al procedimento principale, sono inclusi nell’ambito di applicazione della direttiva Iva.

 

La base imponibile di una prestazione di servizi, come ribadito da consolidata giurisprudenza comunitaria, è costituita da tutto ciò che è ricevuto quale corrispettivo del servizio prestato; una prestazione di servizi è, pertanto, imponibile solo quando esiste un nesso diretto tra il servizio prestato e il corrispettivo ricevuto. Di conseguenza, una prestazione è imponibile soltanto quando tra il prestatore e il destinatario intercorre un rapporto giuridico nell’ambito del quale avvenga uno scambio di reciproche prestazioni, in cui il compenso ricevuto dal prestatore costituisce il controvalore effettivo del servizio prestato al destinatario.

 

Occorre quindi verificare se il versamento forfettario effettuato nell’ambito di un contratto di abbonamento per la fornitura di servizi di consulenza, costituisca il corrispettivo delle prestazioni di servizi concordate, che comprendono l’impegno a restare a disposizione del committente nonché a non concludere contratti con i suoi concorrenti, e se esista un nesso diretto tra i servizi prestati e il corrispettivo ricevuto.

 

Quando la prestazione è caratterizzata dalla disponibilità permanente del prestatore a fornire, all’occorrenza, i servizi richiesti dal committente, non è necessario, per verificare la sussistenza del nesso diretto, stabilire che un pagamento si riferisce a una prestazione individuale e specifica effettuata su richiesta di un committente.

 

Infatti, la circostanza che le prestazioni non siano né predeterminate né individuali e che il compenso sia versato in forma di forfait non è tale da compromettere il nesso diretto che esiste tra la prestazione di servizi effettuata e il corrispettivo ricevuto, il cui importo è stabilito in anticipo e secondo criteri chiaramente individuati.

 

In linea di massima, queste considerazioni sono applicabili a un contratto di abbonamento relativo a servizi di consulenza, nell’ambito del quale il cliente si è impegnato a pagare importi forfettari a titolo di compenso concordato tra le parti, a prescindere dalla quantità e dalla natura dei servizi di consulenza effettivamente forniti durante il periodo cui tale compenso si riferisce; spetta tuttavia al giudice verificarne l’effettività.

 

La circostanza che il cliente non versi in un’unica soluzione l’importo forfettario, bensì effettui più versamenti periodici, non può inficiare tale constatazione, considerato che la differenza relativa a tali versamenti non riguarda la natura imponibile dell’attività, ma solo le modalità di pagamento del forfait.

 

Con riferimento all’impegno del prestatore a non offrire servizi a un concorrente del committente, esso è assimilabile a una clausola di esclusiva e non può essere tale da modificare la natura imponibile del contratto.

 

Tutto ciò premesso, la Corte Ue perviene alla conclusione che l’articolo 24, paragrafo 1, della direttiva Iva, deve essere interpretato nel senso che la nozione di “prestazione di servizi” ricomprende i contratti di abbonamento per la fornitura di servizi di consulenza a un’impresa, in particolare, di tipo legale, commerciale e finanziario, nell’ambito dei quali il prestatore si è messo a disposizione del committente per la durata del contratto.

 

Il giudice chiede inoltre se, nel caso di contratti di abbonamento relativi a servizi di consulenza, gli articoli 62, paragrafo 2, 63 e 64, paragrafo 1, della direttiva, debbano essere interpretati nel senso che il fatto generatore dell’imposta e l’esigibilità della stessa si verificano alla scadenza del periodo per cui il pagamento è stato concordato, senza che rilevi se e con quale frequenza il committente ha usufruito dei servizi del prestatore.

 

Ai sensi dell’articolo 64, paragrafo 1, le prestazioni di servizi, se comportano pagamenti successivi, si considerano effettuate al momento della scadenza dei periodi cui si riferiscono tali pagamenti. Pertanto, una prestazione che consista essenzialmente nell’essere sempre a disposizione del cliente per fornirgli servizi di consulenza, remunerata con importi forfettari versati periodicamente, deve considerarsi effettuata durante il periodo cui il pagamento si riferisce, a prescindere dal fatto che durante tale periodo il prestatore abbia o meno effettivamente fornito consulenze al proprio cliente.

 

È, quindi, al termine di ogni periodo cui i pagamenti si riferiscono che la prestazione deve considerarsi effettuata. Inoltre, dato che il fatto generatore e l’esigibilità dell’imposta dipendono dal momento in cui la prestazione di servizi è fornita, ai sensi dell’articolo 63, ne risulta che è altresì al termine di ciascuno di tali periodi che questi due eventi si verificano.

 

Per la Corte Ue, dunque, i contratti di abbonamento che vertono su servizi di consulenza, devono essere interpretati nel senso che il fatto generatore dell’imposta e l’esigibilità della medesima si verificano alla scadenza del periodo per cui il pagamento è stato concordato, senza che rilevi se e con quale frequenza il committente ha effettivamente usufruito dei servizi del prestatore.