In Italia si registra il crollo dei consumi di gas nel 2022, sia in ambito domestico che nel settore industriale: lo evidenzia Arera nella sua relazione annuale alla Camera.
A livello mondiale vi è stata una contrazione dell’1,5% circa dei consumi mondiali di gas, ma l’Europa ha conosciuto il maggior calo percentuale segnando il -14,0%.
A seguito della guerra in Ucraina, è cambiato il sistema di approvvigionamento europeo, in termini di flussi commerciali del gas scambiato a livello internazionale:
- c’è stato un massiccio ricorso al GNL disponibile sul mercato internazionale, sono stati realizzati e/o programmati nuovi terminali di rigassificazione (galleggianti e su terraferma);
- in secondo luogo, vi è stato l’aumento, dove possibile, delle importazioni via gasdotto alternative al gas russo.
E questo quadro problematico ha generato parecchie criticità anche in Italia: questi sono solo alcuni dei dati forniti da Arera (Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente) nella sua relazione annuale alla Camera.
In Italia consumi di gas a picco, il dossier dell’Arera
Nel 2022 il consumo netto di gas naturale è diminuito di 7,5 miliardi di metri cubi, attestandosi a 67,3 miliardi di metri cubi (-10% rispetto al 2021).
I consumi del settore industriale sono scesi del -15,5% e quelli della generazione termoelettrica del -4,1%. Livello minimo raggiunto anche per ‘Commercio e servizi’, dopo il rimbalzo post pandemia del 2021, segnando un -15%. Altrettanto è accaduto per i consumi di gas legati ai trasporti a -18% e il settore domestico, che tra misure per il contenimento dei consumi e inverno tra i più miti scendono del 13,5%.
Rallenta ma non si arresta la discesa della produzione nazionale che nel 2022 registra un -2,7% rispetto al 2021. Risultano complessivamente estratti 3,4 miliardi di metri cubi di gas naturale: 1,75 miliardi dal mare e 1,65 dai campi situati in terraferma.
L’andamento dei prezzi
In particolare, l’andamento dei prezzi, e il loro confronto tra i diversi paesi europei in base ai dati Eurostat, è influenzato anche dalla diversità degli interventi pubblici realizzati dai Governi a tutela dei consumatori nei settori energetici.
Nel caso italiano molti degli interventi, che hanno impiegato ingenti risorse pubbliche, hanno garantito un contenimento dei prezzi anche a valle della loro formazione, attraverso lo strumento dei bonus che ha protetto in modo selettivo, dagli aumenti della fase di crisi, fasce sempre più ampie di consumatori in difficoltà economiche. In altre esperienze europee l’intervento si è concentrato nelle fasi a monte, incidendo direttamente sulla formazione del prezzo nei mercati all’ingrosso.
Dipendenza dell’Italia dalle forniture estere
Il grado di dipendenza dell’Italia dalle forniture estere è salito alla quasi totalità 99% (dal 93,5% del 2021). Eni controlla il 66% circa della produzione nazionale, dal 70% dell’anno precedente, a distanza il gruppo Royal Dutch Shell stabile al 16%.
Stabili le importazioni lorde a 72,6 miliardi di metri cubi, ma aumenta l’indipendenza da quelle russe (dimezzate dal 40% a poco meno del 20% del totale). L’Algeria è diventato il primo paese fornitore con circa il 36%, segue la Russia e poi l’Azerbaigian con circa il 15%.
Nella classifica vi sono poi:
- il Qatar, da cui arriva il 10% del gas complessivamente importato in Italia (9,4% nel 2021)
- la Norvegia (passata dal 2,7% del 2021 all’8,6% del 2022)
- e poi la Libia stabile al 4,3%, con nuove rotte di GNL dall’Africa in fase di negoziazione a livello governativo.
Dei 73 miliardi di m3 di gas importato in Italia, 14,5 (erano 9,9 nel 2021) miliardi di m3 sono giunti via nave.
Accanto alle tradizionali – e maggioritarie – provenienze da Qatar, Algeria e Stati Uniti che insieme incidono per l’88% di tutto il GNL importato, nell’importazione via nave degli ultimi anni assumono importanza altri paesi: Spagna, Egitto e Nigeria.
Il testo completo del dossier
Potete consultare qui di seguito il documento completo.
Fonte: articolo di redazione lentepubblica.it