IMU per i coniugi vale la doppia esenzione sull’abitazione, indipendentemente dal nucleo familiare.
Secondo la Corte Costituzionale l’esenzione dall’IMU spetta sempre al possessore che vi risieda e vi dimori abitualmente.
La Corte Costituzionale con sentenza n. 209 del 13 ottobre 2022 ha dichiarato l’illegittimità delle norme che prevedevano il collegamento tra l’esenzione IMU per l’abitazione principale ed il riferimento al nucleo familiare del soggetto passivo.
Per la Consulta l’IMU non deve penalizzare matrimoni e unioni civili
La suprema corte ha di fatto ripristinato il diritto all’agevolazione per ciascuna abitazione principale delle persone sposate o unite civilmente, in quanto si legge “nel nostro ordinamento costituzionale non possono trovare cittadinanza misure fiscali strutturate in modo da penalizzare coloro che, così formalizzando il proprio rapporto, decidono di unirsi in matrimonio o di costituire una unione civile”.
La Corte ha poi precisato che in ogni caso le dichiarazioni di illegittimità costituzionale non determinano, in alcun modo, una situazione in cui le “seconde case” ne possano usufruire. Sono i Comuni e le altre autorità preposte che dovranno adoperarsi ad effettuare gli opportuni controlli.
La questione di legittimità costituzionale
In riferimento agli articoli 1, 3, 4, 29, 31, 35, 47 e 53 Cost., era stata infatti sollevata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 13, comma 2, quinto periodo, D.L. n. 201/2011, come modificato dall’art. 1, comma 707, lettera b), legge n. 147/2013, nella parte in cui non prevede l’esenzione IMU per l’abitazione adibita a dimora principale del nucleo familiare, nel caso in cui uno dei suoi componenti sia residente anagraficamente e dimori in un immobile ubicato in altro comune.
La norma secondo quanto sentenziato dalla suprema corte, violerebbe l’articolo 3 della Costituzione, in quanto andrebbe a determinerebbe un’irragionevole, ingiustificata, contraddittoria e incoerente disparità di trattamento “fondata su un neutro dato geografico […] a parità di situazione sostanziale” tra il possessore componente di un nucleo familiare residente e dimorante in due diversi immobili dello stesso comune e quello il cui nucleo familiare, invece, risieda e dimori in distinti immobili ubicati in comuni diversi.
La suprema corte nel rimettere la sentenza prende in esame diversi aspetti che caratterizzano la società contemporanea, quali “la parità dei diritti dei lavoratori costretti a lavorare fuori dalla sede familiare”, il “diritto alla parità dei contribuenti coniugati rispetto a partner di fatto”, la famiglia quale società naturale e “l’aspettativa rispetto alle provvidenze per la formazione della famiglia e l’adempimento dei compiti relativi” tutti diritti che trovano ampia tutela costituzionale e che sarebbero invece stati violati dalla normativa IMU.
Con la sentenza n. 209 del 13 ottobre 2022 l’illegittimità poi è stata estesa anche alle norme che, per i componenti del nucleo familiare, limitano l’esenzione ad uno solo degli immobili siti nel medesimo comune (quinto periodo del comma 2 dell’art. 13, D.L. n. 201/2011) e che prevedono che essi optino per una sola agevolazione quando hanno residenze e dimore abituali diverse (comma 741, lettera b) della legge n. 160 del 2019, come modificato dall’articolo 5-decies del D.L. n. 146/2021).
Quest’ultima norma, ha precisato la Corte, è stata introdotta dal legislatore per reagire all’orientamento della giurisprudenza di legittimità: la Cassazione è infatti giunta “a negare ogni esenzione sull’abitazione principale se un componente del nucleo familiare risiede in un comune diverso da quello del possessore dell’immobile”.
In “un contesto come quello attuale, caratterizzato dall’aumento della mobilità nel mercato del lavoro, dallo sviluppo dei sistemi di trasporto e tecnologici, dall’evoluzione dei costumi, è sempre meno rara l’ipotesi che persone unite in matrimonio o unione civile concordino di vivere in luoghi diversi, ricongiungendosi periodicamente, ad esempio nel fine settimana, rimanendo nell’ambito di una comunione materiale e spirituale”.
Le conclusioni della Suprema Corte
Pertanto, ai fini del riconoscimento dell’esenzione sulla “prima casa”, non ritenere sufficiente, per ciascun coniuge o persona legata da unione civile, la residenza anagrafica e la dimora abituale in un determinato immobile, determina un’evidente discriminazione rispetto ai conviventi di fatto. I quali, in presenza delle medesime condizioni, si vedono invece accordato, per ciascun rispettivo immobile, il suddetto beneficio.
La Corte ha dunque ristabilito il diritto all’esenzione per ciascuna abitazione principale delle persone sposate o in unione civile e però ha ritenuto “opportuno chiarire” che le dichiarazioni di illegittimità costituzionale non determinano, in alcun modo, una situazione in cui le cosiddette “seconde case” ne possano usufruire . Da questo punto di vista, le dichiarazioni di illegittimità costituzionale mirano a responsabilizzare “i comuni e le altre autorità preposte ad effettuare adeguati controlli”, controlli che “la legislazione vigente consente in termini senz’altro efficaci”.
Il testo completo della Sentenza
Potete consultare qui di seguito il documento completo.
Fonte: articolo di Francesco Foglia