impugnazione estratto di ruoloImpugnazione dell’estratto di ruolo: in un recente approfondimento ecco alcune interessanti osservazioni sulle criticità alla luce della recente disciplina.


Il Dl 146/2021 con l’emendamento 3 bis, ha introdotto nell’ordinamento tributario un principio generale di non impugnabilità dell’estratto a ruolo e della cartella esattoriale salvo che il contribuente non riesca a dimostrare in giudizio che l’irritualità della notifica e della formazione degli atti prodromici possa produrre un evidente pregiudizio nella partecipazione a gare di appalto, quando debbano conseguirsi in pagamento somme di denaro da un soggetto pubblico, o ancora, quando si possono perdere benefici nei rapporti con la pubblica amministrazione.

Impugnazione estratto di ruolo: la normativa

La ratio della norma riconducibile all’esigenza di ridurre l’entità del contenzioso conduce ad una ingiustificata compressione del diritto alla difesa non conciliabile sia con precetti normativi e con i principi costituzionali, sia con le modalità operative che dovranno essere adottate dagli esperti del settore onde continuare a tutelare i contribuenti.

Più precisamente, l’innovativa disciplina normativa genera non poche contraddizioni con gli artt. 2 e 19, Dlgs 546/1992, presidiati costituzionalmente ed aventi natura di lex specialis, che consentono la diretta impugnabilità del ruolo/cartella di pagamento, nonché l’impugnabilità in via differita al ricevimento di un successivo atto potenzialmente lesivo (intimazione di pagamento, preavviso di ipoteca etc), senza tralasciare che si configuri una palese disparità di trattamento tra contribuenti che, ricadendo in detta casistica, potrebbero ricorrere alla tutela giudiziale, e contribuenti che, vertendo in situazioni lesive non incluse nella casistica, non potrebbero ricorrervi ed, ulteriormente, non pochi problemi possono essere riscontrati per tutti quei contribuenti che di fatto sono impossibilitati alla realizzazione di compensazioni qualora sussista la presenza di ruoli scaduti di importo superiore ad € 1.500,00, così come previsto dall’art. 31, DL 78/2010, o nell’impossibilità di conseguire finanziamento bancario per esito negativo del “Documento Unico di Regolarità Fiscale” (Durf) o contributiva (Durc).

Impugnazione estratto di ruolo: giurisprudenza nel tempo

Evidenti contrasti della innovativa disciplina possono essere ricondotti anche in riferimento alla giurisprudenza in materia prodotta nel tempo.

Richiamando il contenuto dell’ordinanza n. 3466 dell’11 febbraio 2021, la Suprema Corte, concentrandosi sul contenuto dell’art 19 del Dlgs. 546/92, ha precisato che l’elencazione degli atti impugnabili deve essere intrepretata in senso estensivo, in aderenza alle norme costituzionali di tutela del contribuente (articoli 24 e 53 Cost.) e di buon andamento della P.A. (articolo 97 Cost.), riconoscendo la capacità, in capo ad un soggetto potenzialmente inciso da una pretesa tributaria “illegittima”, di intraprendere attività contenziosa senza che vi sia la necessità di essere destinatario di uno dei provvedimenti tassativamente elencati dall’art. 19, essendo sufficiente, ai fini della legitimatio ad opponendum, la presenza di un documento in cui sia contenuta an e quantum di una pretesa tributaria.

L’approccio esegetico della Corte è compatibile con quanto già precisato in passato con sentenza n. 17010/2012 secondo cui la tassatività degli atti tributari oggetto di contestazione deve necessariamente essere interpretata in modo estensivo, per cui può essere invocata la giurisdizione tributaria per tutti quei provvedimenti idonei nel portare “a conoscenza del contribuente una ben individuata pretesa tributaria”.

Ma vi è di più: la Corte di Cassazione con ordinanza n.7228 del 2020, precisa che se una cartella esattoriale non è stata validamente notificata e il destinatario della stessa ne ha avuto cognizione solo con l’estratto a ruolo, l’impugnazione è ammissibile.

Un approccio evolutivo e garantista

Rispetto a quanto fin qui evidenziato si può notare, in modo del tutto evidente, l’approccio evolutivo e garantista elaborato dagli Ermellini, che di fatto hanno innovando il concetto di atto impugnabile, e, parallelamente, si sono concentrati sulla natura eminentemente recettizia del provvedimento impositivo, garantendo l’esercizio del diritto di difesa qualora vi sia una “alterazione“ della procedura di notifica, garantendo l’azione giudiziale al soggetto destinatario di un atto in modo irrituale.

A tal proposito è doveroso palesare gli effetti che la disciplina del DL 146/2021 sta generando: si è riscontrato che alcune sezioni delle Commissioni Tributarie adite ritengono la legge 146/21 applicabile con effetto retroattivo, sfociando in statuizioni di inammissibilità per quei ricorsi proposti prima dell’entrate in vigore dei nuovi limiti all’impugnazione.

Applicazione retroattiva della nuova disciplina

Sulla base di tali riscontri è opportuno evidenziare che proprio per l’applicazione retroattiva della nuova disciplina, le Camere, nell’esercizio della propria potestà legislativa, possono apportare modifiche (emendamenti) al testo originario di un decreto in fase di approvazione, con efficacia normativa solo per il futuro, ossia dal giorno successivo della pubblicazione della legge di conversione, salvo che quest’ultima non disponga diversamente, ai sensi di quanto previsto dall’art. 15 della L. 23 agosto 1988 n. 40.

Si comprende quindi che un emendamento può avere applicazione prospettica e circoscritta ai soli contenziosi instaurati dal momento in cui lo stesso entra in vigore, essendo necessario prevederne, con apposito intervento dell’interprete, la sua applicazione per i rapporti precedenti.

Contrasti tra normativa, giurisprudenza e precetti costituzionali

Sulla base di quanto fin qui ripercorso, i contrasti palesi tra normativa, giurisprudenza e precetti costituzionali non fa altro che individuare la formazione di un provvedimento normativo contestabile, frettoloso che certamente pregiudica in modo concreto e sostanziale il sistema di garanzie e tutela che, a fatica, erano state elaborati in materia, con evidenti impatti sul sistema tributario e amministrativo.

Sottomettere l’impugnabilità del ruolo/cartella non validamente notificata alle sole ipotesi paventate dal legislatore, invero, attua una forte discriminazione tra contribuenti che, ricadendo in detta casistica, potrebbero ricorrere alla tutela giudiziale, e contribuenti che, vertendo in situazioni non incluse nella casistica ma altrettanto lesive, non potrebbero ricorrervi. Si pensi, ad esempio, alle responsabilità che detta preclusione comporterebbe ai soci, agli amministratori ed ai liquidatori, ai sensi dell’art. 36, DPR 602/1973, nei casi di liquidazione di una società con ripartizione dell’attivo – in presenza di ruoli non validamente notificati. In tale ultimo caso, sebbene sia previsto che la responsabilità sia accertata con atto motivato (ed impugnabile) è indubbio il nocumento recato ai primi soggetti.

Vale la pena di osservare, tra l’altro, che l’impossibilità di attivare la tutela giudiziale prima del verificarsi di una delle ipotesi previste dal legislatore determina, di per sé, un nocumento atteso che, nelle more dell’iter processuale che dovrebbe portare alla sentenza di annullamento, potrebbero spirare i termini per la partecipazione al bando pubblico (preclusa – appunto – dalla presenza di ruoli/cartelle non validamente notificate) oppure si potrebbe determinare un dissesto finanziario (nel caso di società) derivante proprio dal blocco dei pagamenti da parte delle Pubbliche

Amministrazioni oppure, ancora, potrebbero spirare i termini per l’adesione ad un regime agevolativo condonistico frattanto disposto dalla legge.

In ultimo, neanche è previsto nella norma in esame (ed in nessuna altra norma), una disposizione che obblighi gli Agenti della Riscossione e gli Enti Impositori, a revisionare e stralciare, con cadenza periodica, i ruoli e le cartelle di pagamento non più notificabili o escutibili.

Conclusioni

Essendo evidente la necessità di tutelare il contribuente, gli addetti del settore, i quali, da un lato si troverebbero a dover difendere i contribuenti medesimi cercando di giustificare la necessità di impugnazione di un ruolo/cartella di pagamento non validamente notificata ingegnandosi a ricondurre il pregiudizio alle sole ipotesi delineate dal legislatore paventate e, dall’altro lato, verrebbero travolti da declaratorie di inammissibilità in tutti i giudizi frattanto incardinati nonché la necessità di verificare la legittimità della disposizione normativa, è fortemente raccomandato sollevare la questione di legittimità costituzionale in seno ai propri atti introduttivi (ricorsi, appelli ed appelli incidentali), all’uopo chiedendo alla competente Commissione Tributaria la rimessione degli atti alla Corte Costituzionale nei seguenti termini:

“rilevanza e non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 12, co. 5, DPR 602/1973, così come introdotto dall’art. 3 bis, DL 145/2021, sia direttamente, per contrasto con gli artt. 3, 23, 24, 25, 53 e 97 della Costituzione, sia per norma interposta per contrasto con gli artt. 2 e 19, Dlgs 546/1992, ed art. 100 c.p.c., nella parte in cui, nel limitare la diretta impugnabilità del ruolo e della cartella di pagamento che si assume invalidamente notificata ai soli casi in cui il debitore che agisca in giudizio dimostri che dalla iscrizione a ruolo possa derivargli un pregiudizio per la partecipazione a una procedura di appalto, per quanto previsto nell’articolo 80, comma 4, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, oppure per la riscossione di somme allo stesso dovute dai soggetti pubblici di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a), del decreto ministeriale 18 gennaio 2008, n. 40, per effetto delle verifiche di cui all’articolo 48-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602 o, infine, per la perdita di un beneficio nei rapporti con una pubblica amministrazione, realizza:

  • Una evidente antinomia con le disposizioni processuali di cui al Dlgs 546/1992, avente natura di legge speciale e presidiato Costituzionalmente, il quale ammette incondizionatamente – fermi restando i limiti giurisdizionali – sia l’impugnabilità diretta, sia l’impugnabilità differita, del ruolo e della cartella di pagamento anche se non validamente notificati, senza alcun ulteriore onere di dimostrare che detta impugnabilità sia giustificata da un ipotetico ed imminente pregiudizio;
  • Una evidente compressione del diritto alla difesa e del diritto al giusto processo nell’escludere tutte le altre fattispecie dalle quali potrebbero derivare pregiudizi diretti o indiretti – quali l’impossibilità ad ottenere l’esito positivo in sede di richiesta del Documento Unico di Regolarità Contributiva (Durc) o Fiscale (Durf) – utilizzati anche in ambito privatistico e bancario ovvero, l’impossibilità di procedere a pagare i propri debiti relativi alle imposte erariali mediante compensazione con i relativi crediti stante la preclusione di cui all’art. 31, DL 78/2010;
  • Una evidente compressione del diritto alla difesa, del diritto al giusto processo e del diritto all’integrità patrimoniale nell’escludere l’interesse a che il cittadino voglia anticipare la tutela giudiziale prima ancora di incorrere nel pregiudizio concreto di cui alle fattispecie previste dal legislatore ovvero in fattispecie non incluse;
  • Una evidente compressione del diritto alla difesa, del diritto al giusto processo e del diritto all’integrità patrimoniale nell’impedire, al di fuori delle ipotesi previste dall’art. 3 bis, Dl 146/2021, l’impugnabilità diretta del ruolo/cartella di pagamento non validamente notificata al fine di ottenere la cancellazione del debito tributario sottostante così esponendo il contribuente alla continua notifica di atti di misura cautelare (di cui agli artt. 50 e ss, DPR 602/1973) che da detto ruolo/cartella di pagamento potrebbero scaturire;
  • Una evidente violazione del diritto alla difesa e del diritto al giusto processo nell’omettere di considerare che tutte le fattispecie di pregiudizio escluse e distolte dal proprio giudice naturale, in quanto non rientranti nell’elencazione di cui all’art. 3 bis, DL 146/2021, non troverebbero alcuna altra forma di tutela giudiziale stante l’esclusività per materia del giudice tributario;
  • Una evidente disparità di trattamento su fattispecie identiche, tra cittadini che, ricadendo in una delle fattispecie elencate nell’art. 3 bis, DL 146/2021, potrebbero adire l’autorità giudiziaria Tributaria, e cittadini che, vertendo in fattispecie che, seppur pregiudizievoli, non potrebbero adire la medesima autorità in quanto non elencate nel succitato art. 3 bis;
  • Una evidente violazione del diritto alla difesa e del diritto all’integrità patrimoniale laddove, limitando l’impugnabilità del ruolo/cartella di pagamento che si assume non validamente notificata all’ipotesi in cui sia possibile dimostrare il pregiudizio di cui all’elencazione, omette di considerare che detta tutela giudiziale (indipendentemente da che sia ottenuta con sospensione giudiziale dell’efficacia dell’atto o che sia ottenuta con una sentenza di annullamento) potrebbe intervenire successivamente con ciò ingenerando, nelle more, ingenti danni economici o patrimoniali;
  • Una evidente violazione del diritto alla difesa, del diritto all’integrità patrimoniale e del diritto all’efficienza ed al buon andamento della PA, omettendo di prevedere, in limine, l’obbligo sostanziale per gli Agenti della Riscossione e per gli Enti Impositori, a revisionare e stralciare, con cadenza periodica, i ruoli e le cartelle di pagamento non più notificabili o escutibili”.

Nelle more della pronuncia del Giudice delle Leggi, è, altresì, consigliabile, prima di procedere all’impugnazione di ruoli/cartelle di pagamento non validamente notificate:

  • richiedere Documento Unico di Regolarità Fiscale alla competente Agenzia delle Entrate onde sia dato evincere la presenza di detti ruoli/cartelle di pagamento;
  •  formulare istanza di sgravio all’Agente delle Riscossione;
  • procedere, alternativamente, a proporre ricorso avverso i ruoli/cartelle di pagamento ovvero avverso il silenzio/rifiuto di sgravio in autotutela.

In quest’ultimo caso (silenzio/rifiuto autotutela) si richiama il recentemente orientamento della giurisprudenza di legittimità, secondo cui, nel processo tributario, il sindacato sull’atto di diniego dell’Amministrazione di procedere ad annullamento del provvedimento impositivo in sede di autotutela può riguardare soltanto eventuali profili di illegittimità del rifiuto, in relazione a ragioni di rilevante interesse generale che giustificano l’esercizio di tale potere, che, come affermato anche dalla Corte costituzionale nella sentenza 181/2017, si fonda su valutazioni ampiamente discrezionali e non costituisce uno strumento di tutela dei diritti individuali del contribuente (cfr. Cassazione nn. 20200/2020, 21146/2018 e 5332/2018).

Il sindacato del giudice tributario sul provvedimento di diniego dell’annullamento dell’atto tributario divenuto definitivo è consentito, nei limiti dell’accertamento della ricorrenza di ragioni di rilevante interesse generale dell’Amministrazione finanziaria alla rimozione dell’atto, originarie o sopravvenute; deve invece escludersi che possa essere accolta l’impugnazione dell’atto di diniego proposta dal contribuente il quale contesti vizi dell’atto impositivo che avrebbe potuto far valere, per tutelare i propri interessi, in sede di impugnazione dell’atto, prima che divenisse definitivo (cfr. Cassazione n. 24033/2019).

Atteso che il ruolo/cartella di pagamento non sono mai stati notificati ed atteso che, alla luce della nuova disposizione, non sono direttamente impugnabili, non v’è dubbio che sussista un interesse generale meritevole di tutela.

Concludendo si comprende che la condizione di non impugnabilità dell’estratto a ruolo è palesemente lesiva degli interessi del contribuente nonché del diritto di difesa, e proprio per l’evidente risonanza di tutti gli effetti preclusivi/pregiudizievoli sembra aver innescato un meccanismo critico generalizzato di non poco conto a tal punto che, con ordinanza interlocutoria, si è richiesto apposito intervento al fine di valutare la sussistenza di tutti i presupposti necessari per l’assegnazione della vicenda alle sezioni unite al fine di verificarne la legittimità costituzionale.

A cura di:

dott. Concetto Modica, Commercialista e revisore contabile in Siracusa – Commissione studio processo tributario UNGDCEC;

dott. Fabio Anatriello, Commercialista e revisore contabile in Caserta – Commissione studio processo tributario UNGDCEC.


Fonte: articolo di Concetto Modica e Fabio Anatriello