impugnazione contributo unificato_371La Corte costituzionale, con la sentenza n. 120 del 30 maggio 2016, ha giudicato in parte inammissibile e in parte infondata la questione di legittimità dell’articolo 13, comma 1-quater, del Dpr 115/2002, affermando che è dovuto il contributo unificato raddoppiato in tutti i casi di esito negativo dell’appello, e cioè quando l’impugnazione, principale o incidentale, è respinta integralmente o è dichiarata inammissibile o improcedibile. La richiesta di un ulteriore versamento in caso di impugnazione respinta o dichiarata inammissibile o improcedibile non viola i principi di uguaglianza e di capacità contributiva.

 

I fatti

 

La Corte d’appello di Firenze ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’articolo 13, comma 1-quater, Dpr 115/2002, in riferimento agli articoli 3 e 53 della Costituzione. Come evidenziato dal giudice rimettente, l’applicazione della norma anche nel caso in cui l’appello viene dichiarato improcedibile ex articolo 348, comma 2, cpc, per mancata comparizione dell’appellante alla prima udienza e a quella successiva della quale gli venga data comunicazione, crea disparità di trattamento e, quindi, violazione dell’articolo 3 della Costituzione, rispetto alle ipotesi nelle quali, a seguito di mancata comparizione delle parti a due udienze consecutive, successive alla prima ed eventualmente dopo lo svolgimento di ulteriore attività istruttoria, si verifica la cancellazione della causa dal ruolo e la conseguente estinzione del processo ex articoli 181 e 309 cpc, ma non è previsto il raddoppio del contributo unificato. La Corte d’appello, inoltre, ha ritenuto violato anche il principio della proporzione delle imposizioni alla capacità contributiva, ex articolo 53 Costituzione, poiché la disposizione censurata ha natura tributaria.

 

Intervenuto in giudizio, il presidente del Consiglio dei ministri ha evidenziato l’eterogeneità delle fattispecie messe a confronto poiché:

 

l’articolo 348, comma 2, cpc, riguarda la mancata comparizione alla prima udienza e a quella successiva dell’appellante costituito, unico destinatario della norma, risultando irrilevante la condotta dell’appellato che eventualmente compaia e chieda che si proceda. In tale ipotesi, il raddoppio del contributo unificato è il riflesso fiscale dell’improcedibilità che sanziona, nel processo di appello, il disinteresse per l’impugnazione manifestato proprio in un’udienza di particolare importanza, in quanto occasione per l’adozione dei provvedimenti cautelari, ordinatori e istruttori

 

l’articolo 181 cpc, richiamato dall’articolo 309 cpc e applicabile al giudizio di secondo grado per il rinvio dell’articolo 359 cpc, trova applicazione quando l’impulso processuale iniziale è già stato impresso nella prima udienza, ma nessuna delle parti costituite compare a un’udienza successiva alla prima, a seguito di un accordo di composizione stragiudiziale della contesa. In tale ipotesi, è prevista la declaratoria di estinzione del processo, con conseguente passaggio in giudicato della sentenza gravata, per effetto automatico della legge, e non è comminato alcun aggravio fiscale proprio al fine di incentivare tale definizione delle controversie pervenute in appello.

 

La Corte costituzionale ha dichiarato la questione di legittimità dell’articolo 13, comma 1-quater, Dpr 115/2002:

 

 

  • inammissibile con riferimento all’articolo 53 della Costituzione, non avendo il giudice rimettente illustrato compiutamente i motivi per cui la disposizione violava il parametro costituzionale evocato
  • non fondata con riferimento all’articolo 3 della Costituzione, poiché “le situazioni … a confronto … non sono omogenee“.

 

 

La sentenza

 

La disposizione censurata prevede che “quando l’impugnazione, anche incidentale, è respinta integralmente o è dichiarata inammissibile o improcedibile, la parte che l’ha proposta è tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione, principale o incidentale, a norma del comma 1-bis. Il giudice dà atto nel provvedimento della sussistenza dei presupposti di cui al periodo precedente e l’obbligo di pagamento sorge al momento del deposito dello stesso“.

 

Dalla lettera della norma è evidente che l’aggravio del contributo unificato è correlato all’integrale reiezione dell’impugnazione o alla sua declaratoria di inammissibilità o di improcedibilità. Nella fattispecie sottoposta al suo esame, la Corte costituzionale ha osservato che, nonostante la mancata comparizione rappresenti il dato comune al quale è correlata sia l’improcedibilità exarticolo 348, comma 2, cpc, sia la cancellazione della causa dal ruolo e l’estinzione del processo exarticoli 181 e 309 cpc, tuttavia le due fattispecie non sono equiparabili perché mettono a confronto situazioni non omogenee.

 

Almeno per tre ragioni e cioè:

 

 

  • per la previsione del raddoppio del contributo unificato comune a tutti i casi di esito negativo dell’appello, poiché emerge dalla lettera dell’articolo13 citato che tale regime è previsto per le ipotesi di rigetto integrale o di definizione in rito sfavorevole all’appellante, tra le quali rientra di certo l’improcedibilità ex articolo 348 cpc, ma non per l’ipotesi di cancellazione della causa dal ruolo ed estinzione del processo
  • per la ratio dell’articolo 13, comma 1-quater, Dpr 115/2002, di scoraggiare le impugnazioni dilatorie o pretestuose, evidente nei casi di reiezione in rito (Cassazione 13636/2015 e 19464/2014) e non ravvisabile, invece, nella fattispecie ex articolo 181 cpc, che prescinde dall’utilizzazione unilaterale impropria del gravame, riguardando solo l’omologa condotta omissiva delle parti (Cassazione 2816/2015)
  • per la funzione del raddoppio del contributo unificato, previsto a parziale ristoro dei costi sostenuti per l’inutile dispendio di energie processuali (Cassazione 6280/2015, 10306/2014 e 5955/2014), di certo non caratterizzante la fattispecie ex articoli 181 e 309 cpc. La mancata comparizione di tutte le parti alla prima udienza e a quella successiva di rinvio costituisce, infatti, una tipica manifestazione di disinteresse alla prosecuzione del processo.

 

 

A tale riguardo, la Corte costituzionale ha concluso che l’accordo delle parti le accomuna nella stessa condotta processuale (diversamente dalla mancata comparizione del solo appellante alla prima udienza), dopo la loro costituzione in secondo grado (quando le stesse hanno già disvelato le rispettive tesi difensive e dopo l’eventuale adozione dei provvedimenti sull’esecuzione provvisoria della sentenza impugnata), ed è un presumibile indice di una composizione stragiudiziale della controversia, potenzialmente frutto del precedente dispendio di energie processuali.