registro impreseAi fini della tassazione, anche se l’atto da registrare, comprendente più cessioni di quote sociali, è unico, le imposte da applicare sono tante quanti sono i trasferimenti.

 

Secondo il consolidato orientamento della Cassazione, che conferma le indicazioni di prassi fornite dall’Agenzia (risoluzione n. 225/2008), sono dovute tante imposte di registro – in misura fissa – quanti sono i trasferimenti contenuti negli atti con più cessioni di quote sociali da parte di più cedenti a più cessionari, ovvero di più quote sociali da parte di più cedenti a un unico cessionario o di una sola quota sociale da parte dell’unico titolare a più cessionari.
Lo ribadisce l’Agenzia delle Entrate, con la risoluzione n. 35/E del 2 aprile 2015.
 

La precisazione dell’Amministrazione fiscale si è resa necessaria a seguito delle numerose controversie nate a causa del comportamento di molti contribuenti che assoggettano a un’unica imposta fissa gli atti, portati alla registrazione, che si riferiscono a più cessioni di quote sociali, in relazione ai quali gli uffici contestano la mancata applicazione di tante imposte in misura fissa quanti sono i trasferimenti di quote contenuti nell’atto.

 

La giurisprudenza

Le cessioni, benché contenute in un unico documento, conservano una propria e autonoma rilevanza giuridica, in quanto disposizioni negoziali non necessariamente derivanti le une dalle altre, con la conseguenza che ciascuna di esse rileva autonomamente ai fini dell’applicazione dell’imposta di registro (articolo 21, comma 1, del Dpr 131/1986 – Tur).
I contribuenti, invece, “scelgono” spesso di versare per questi atti una sola imposta fissa, in applicazione dell’articolo 11 della tariffa parte I, allegata al Tur.

 

Più volte, i giudici di legittimità si sono espressi evidenziando la differenza tra negozi “collegati”, assoggettati distintamente e autonomamente a imposta (articolo 21, comma 1), e negozio “complesso”, soggetto, invece, a un’unica imposta di registro. Distinzione, in virtù della quale, “il negozio complesso è contrassegnato da una causa unica, là dove, nel collegamento negoziale, distinti ed autonomi negozi si riannodano ad una fattispecie complessa pluricausale, della quale ciascuno realizza una parte, ma pur sempre in base ad interessi immediati ed autonomamente identificabili” (cfr Cassazione 19645/2014 e 19246/2014).
La Corte suprema ha evidenziato anche, nella sua costante giurisprudenza, che “le disposizioni soggette a tassazione unica sono soltanto quelle fra le quali intercorre, in virtù della legge o per esigenza obiettiva del negozio giuridico, e non per volontà delle parti, un vincolo di connessione, o compenetrazione, immediata e necessaria: occorre, cioè, che sussista tra le convenzioni, ai fini della tassazione unica, un collegamento che non dipenda dalla volontà delle parti, ma sia, con carattere di oggettiva causalità, connaturato, come necessario giuridicamente e concettualmente, alle convenzioni stesse (…)”.

 

Sulla base di tali argomentazioni, la Cassazione ha riscontrato un collegamento negoziale tra distinte pattuizioni, ciascuna adeguatamente giustificata sotto il profilo causale, e non già un negozio complesso nelle seguenti specifiche ipotesi:

 

 

  • atto contenente la cessione di più quote sociali da parte di più cedenti a più cessionari (Cassazione, 19245/2014)
  • atto contenente la cessione di più quote sociali da parte di più cedenti a un unico cessionario (Cassazione, 23518/2014 e 19246/2014)
  • atto contenente la cessione di una quota sociale da parte dell’unico titolare a più cessionari (Cassazione, 3300/2015 e 22899/2014).

 

 

In tutti questi casi, pertanto, ciascuna cessione di quota contenuta nell’atto rileva autonomamente ai fini dell’applicazione dell’imposta di registro (articolo 21, comma 1, Tur), né è possibile, precisa la risoluzione 35/2015, invocare l’articolo 11 della tariffa, parte I che, nella fattispecie in esame, individua solo la misura dell’imposta applicabile a ciascuna cessione di quota e non legittima – in nessun caso – una deroga ai principi generali dettati in materia di tassazione degli atti che contengono più disposizioni, la cui disciplina si ricava dal combinato disposto degli articoli 20 e 21 del Tur, non compatibile con la tesi sostenuta dai contribuenti, incentrata sull’unicità dello strumento giuridico utilizzato.

 

Né risulta pertinente il richiamo, da parte dei ricorrenti, alla circolare 44/2011, che riguardava la tassazione degli “atti recanti più disposizioni che non hanno contenuto patrimoniale”, per i quali è applicabile un’unica imposta fissa. Gli atti di cessione di quote sociali hanno decisamente contenuto “patrimoniale”.