Approvata a Strasburgo l’11 marzo le nuove regole sui registri pubblici, che obbligherebbero alla trasparenza sui veri proprietari di aziende e trust con sede nei Paesi dell’Unione, aiutando le indagini su evasione, elusione e corruzione. Ora il testo -una revisione della Direttiva europea contro il riciclaggio- va negoziato con il Consiglio europeo.

Senza voler troppo esagerare, si può ben dire che quello di ieri a Strasburgo è stato un voto storico. Dopo la solita lunga trafila negoziale, il Parlamento europeo ha approvato a larghissima maggioranza – diremmo bulgara: solo 30 i voti contrari su 683 – le nuove regole sui registri pubblici che informerebbero chi sono i veri proprietari delle aziende e dei trust in tutti i Paesi dell’Unione europea.

Il condizionale rimane d’obbligo, perché ora il testo va negoziato tra il Parlamento e il Consiglio europeo, ossia i 28 Stati membri. Il Parlamento si è spinto ben oltre la proposta iniziale di compromesso avanzata dalla Commissione europea nell’ambito del testo legislativo di revisione della Direttiva europea contro il riciclaggio. I burocrati di Bruxelles sanno bene che il problema della trasparenza sulle imprese e sui trust non riguarda soltanto il Lussemburgo o i protettorati inglesi nella Manica (tutti ritenuti paradisi fiscali), ma anche le civilissime Germania, Austria, Danimarca e Olanda, per menzionare alcuni Paesi insospettabili che si oppongono alla creazione di registri pubblici per le loro corporation. Questi ultimi sono gli stessi che ogni giorno danno lezioni di finanza pubblica e correttezza di gestione delle finanze ai Paesi mediterranei. Perciò oggi la norma votata dal Parlamento europeo è l’eccezione, e per una volta la sgangherata Italia è all’avanguardia perché già la attua da anni. E nel negoziato ha trovato una solida sponda politica nella Francia.

Avere registri pubblici per le imprese e i trust attivi in tutti i Paesi europei cambierebbe parecchio la prospettiva d’azione. Sia dal punto di vista delle indagini giudiziarie su evasione, elusione, corruzione e riciclaggio, che partendo da un Paese spesso si fermano per anni alla frontiera in attesa dei documenti dalle autorità di un altro Paese, sia per i cittadini, che così possono direttamente ricercare e smascherare i tanti furbetti del “quartierino”.

Di fatto dentro l’Unione europea oggi esiste una vasta rete di scatole societarie anonime, che viene sistematicamente utilizzata per incanalare flussi finanziari collegati ad attività illecite, crimine organizzato, ed evasione ed elusione fiscale. Tutti soldi sottratti all’erario pubblico perché non tassati. Poi si dice che i soldi pubblici non ci sono, siamo indebitati. E che c’è bisogno dell’austerità…
A Strasburgo un quanto mai attento Parlamento europeo ha anche bocciato un emendamento dell’ultim’ora che cercava di sottrarre i famigerati trust all’obbligo di registrazione pubblica. Al riguardo va sottolineato che il governo del Regno Unito, dove è registrata gran parte dei trust, da alcuni mesi ha cambiato posizione, accettando l’idea dei registri pubblici. Una svolta dovuta agli enormi scandali fiscali di Google, Strarbucks e Amazon, che hanno riempito le prime pagine dei giornali inglesi per mesi.
Ma come sempre in Europa, ora la palla passa agli esecutivi, che dovranno negoziare tra loro e poi con il Parlamento europeo il testo finale. Sarà il nuovo Parlamento, quello che saremo chiamati ad eleggere a fine maggio, ad avere l’arduo compito di tenere la linea e non cedere al bullismo della Germania e di altri “primi della classe”.

FONTE: www.altreconomia.it

AUTORE: Antonio Tricarico

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