In questi ultimi giorni sono circolate analisi sugli effetti della crisi nel negoziato tra la Grecia e le istituzioni che rappresentano i creditori. Tra queste, alcune analisi sull’impatto per l’Italia.
L’Italia ha un’esposizione diretta nei confronti della Grecia, in virtù di prestiti bilaterali, pari a 10,2 miliardi di euro. Inoltre ha fornito contributi destinati alla Grecia al fondo salva-stati per 25,7 miliardi di euro. L’esposizione dell’Italia nei confronti della Grecia è quindi pari a 35,9 miliardi di euro.
Un’eventuale evoluzione negativa della crisi potrebbe avere conseguenze su altri soggetti finanziari ai quali l’Italia partecipa ma la quantificazione dell’impatto diretto sull’Italia di una tale evoluzione non è praticabile con le informazioni attualmente disponibili ed anche negli scenari meno favorevoli è dubbio che vi siano effetti diretti.
Anche sul debito pubblico italiano circolano informazioni fuorvianti. Il rapporto debito/PIL nel 2014 è stato del 132,1%, dovrebbe raggiungere un picco del 132,5% nell’anno in corso mentre è programmato in discesa per gli anni successivi, con una traiettoria conforme alle regole contabili dell’UE: 130,9% nel 2016, 127,4% nel 2017, 123,9% nel 2018, 120,0% nel 2019.
Intanto, però, è la Grecia che attende. Mancano poche ore alla scadenza ultima, il rimborso di 1,6 miliardi all’Fmi che salvo un colpo di scena improbabile non sarà onorato. Non sarà il default immediato ma l’inizio di una procedura che, se nulla cambia, avrà inevitabilmente questa destinazione finale.
Non occorrono gesti eroici per ricordare che esistono diritti inviolabili, per chiarire che nessuna ragione al mondo consente di scaraventare un popolo nell’indigenza e nella disperazione, per rammentare che in questa partita torti e ragioni sono, come sempre, ripartiti fra tutte le parti in causa. Niente. Silenzio. A sbraitare è solo chi può permettersi di svolgere due parti in commedia, il ruolo dell’accusatore e quello del giudice.
La Bce è l’ultimo filo che lega la Grecia alla Ue. Francoforte non ha chiuso il rubinetto dell’Ela (liquidità di emergenza), l’ultimo rimasto, ma ha rifiutato un aumento dell’erogazione di 6 miliardi, richiesto ieri da Atene. In caso di “no” al referendum anche questa linea sarà chiusa e addirittura il Mes, stando a un articolo del Memorandum firmato da Atene nel 2012, potrebbe chiedere il rimborso dei prestiti, 150 miliardi. Come dire che il nodo scorsoio è sempre più stretto sul collo della Grecia, se non accetta i termini del negoziato proposti dai creditori.