fisco e tasseDopo l’annuncio di Renzi (50 miliardi di euro di riduzione di asse in cinque anni), l’Esecutivo lavora per trovare le coperture. Si studia un intervento su più leve, con l’obiettivo di generare un ciclo più positivo dell’economia e accelerare la crescita.

 

Maggiori margini derivanti dalla crescita, dalla spending review e, nel caso, anche un ricorso ulteriore al deficit in accordo con l’Ue. Per coprire le necessità innescate dalla riduzione delle tasse annunciata dal premier Renzi, il governo potrebbe ricorrere a più leve, con l’ obiettivo ultimo di generare un ciclo più positivo dell’economia e accelerare la crescita che i diversi indicatori indicano come in corso ma ancora a velocità cauta.

 

In primis ci sarebbe il mercato immobiliare, che beneficerebbe dell’annuncio sull’abolizione delle tasse sulla prima casa ma poi a catena ci sarebbero degli effetti negli anni successivi grazie agli interventi su Ires e Irap e quindi nel 2018 su Irpef e pensioni. Se il prossimo anno il Pil dovesse passare dallo 0,7% all’1,6% infatti la spinta fornita dalla Bce con il Quantitative easing potrebbe trovarsi non adeguatamente sostenuta in mancanza di un allentamento della pressione fiscale. Sulle coperture, come già emerso subito dopo l’annuncio all’ assemblea del Pd, il percorso non è dei più agevoli visto che ammontano per il solo 2016 a 24 miliardi di euro e raggiungono i 45 nell’orizzonte di piano. L’abolizione della Tasi sulla prima casa da sola vale 3,4 miliardi cui si aggiungono gli interventi su Imu Agricola e ‘imbullonati’ per un totale oltre i 4 miliardi.

 

Interventi che non trovano in disaccordo l’Anci con Piero Fassino: “siamo d’accordo con il superamento della Tasi, il problema che si pone oraè come garantire ai Comuni di avere le risorse per erogare i servizi pubblici che oggi in buona parte sono sostenuti dalle risorse della Tasi”, mettiamoci attorno a un tavolo e ragioniamo. Entro la fine dell’anno nella legge di stabilità 2016 ci sono infatti da ‘disinnescare’ le clausole di salvaguardia per 16,8 miliardi di euro pena un aumento dell’Iva e l’eliminazione delle detrazioni e deduzioni fiscali, esigenze che verranno coperte con la spending review da 10 miliardi e con la concessione di Bruxelles, in cambio delle riforme, di spazio sul deficit.

 

Ogni 0,1 infatti vale all’ incirca 1,6 miliardi di euro. Uno spazio che potrebbe ora, secondo alcuni, essere ulteriormente ampliato di un ulteriore 0,5% (la stima attuale è dell’1,8% nel 2016, salendo così oltre il 2%) ma che dovrebbe passare appunto per un accordo con la Commissione Europea. Questa nelle linee guida varate nel gennaio scorso che concedevano più flessibilità per incoraggiare le riforme strutturali e gli investimenti aveva comunque fissato paletti e limitazioni abbastanza precisi. Secondo fonti governative, comunque, se il Pil crescerà più del previsto si potrà contare su un dato confortante anche in termini di maggior gettito.

 

Accanto a questo ci sono altre voci in cui si andranno a recuperare risorse, ricordano le stesse fonti: ci sono ad esempio delle parti di spending review rimaste un po’ indietro come la massa delle società partecipate o degli enti inutili sintetizzati dal premier nei “carrozzoni pubblici”. Si potrebbe inoltre, si ragiona, pensare che ci siano degli investitori privati che iniettino liquidità nelle opere infrastrutturali, come previsto dal Piano Delrio, riducendo così l’impegno pubblico e creando ulteriori risparmi.

 

Il presidente di Confcommercio commenta il piano di riduzione delle tasse annunciato dal premier Renzi: “serve sia sul piano della fiducia sia su quello della ricostituzione del reddito”. “E’ chiaro a tutti, e noi lo denunciamo da tempo, che l’attuale pressione fiscale è incompatibile con qualsiasi realistica ipotesi di vera crescita”.

 

“La rivoluzione fiscale di Renzi? E’ d’obbligo una premessa -sostiene il presidente di Confcommercio e Rete Imprese Italia, Carlo Sangalli -. Che i conti pubblici e un’azione molto più coraggiosa da parte del governo sulla spending review consentano quest’operazione. Speriamo dunque nel passaggio decisivo tra l’assunzione degli impegni e la loro realizzazione”. Detto questo è chiaro «che il taglio delle tasse serve sia sul piano della fiducia sia su quello della ricostituzione del reddito. C’è, però, davanti a noi una corsa a ostacoli e il primo ostacolo da superare rimane la cancellazione delle clausole di salvaguardia. Su questo abbiamo l’impegno del governo al quale vogliamo credere senza riserve perché non c’è alternativa. Se scattano le clausole si azzera la ripresa». A Sangalli quella annunciata Italia sabato dal premier però «più che una rivoluzione pare l’applicazione di ragionevolezza e buon senso. E’ chiaro a tutti, infatti, e noi lo denunciamo da tempo, che l’attuale pressione fiscale, somma di troppi oneri centrali e locali, è incompatibile con qualsiasi realistica ipotesi di vera crescita.

 

Le misure fin ad ora sono andate nella giusta direzione ma sono risultate scarsamente incisive perché è mancata la determinazione di aggredire la spesa pubblica improduttiva per trovare le risorse necessarie a ridurre le imposte in modo generalizzato». Detto questo non mancano i problemi. «Sul fronte internazionale – spiega ancora Sangalli – la crisi greca non è ancora risolta. Sul piano interno maggiore chiarezza sui tempi e sui modi di reperimento delle risorse costituirebbe un buon viatico per rafforzare la fiducia di famiglie e imprese.

 

Secondo il nostro Ufficio Studi, il complesso di clausole ammonta a oltre 70 miliardi cumulati sul triennio 2016-2018. Altri 4,6 miliardi servono per eliminare l’imposta sull’abitazione principale e la deducibilità dell’Imu richiede risorse per almeno un altro paio di miliardi, comprendendo naturalmente la piena deducibilità per tutti i fattori di produzione, compresi negozi e immobili alberghieri. La sfida è davvero ambiziosa e noi non faremo mancare il nostro convinto sostegno».