Al centro della controversia, esaminata dagli eurogiudici, il regime comune forfetario che, per i produttori agricoli, è derogatorio e costituisce una eccezione al regime generale dell’Iva.
Protagoniste della controversia, esaminata dalla Corte di giustizia e giunta a sentenza oggi, sono alcune persone fisiche che, attraverso tre società semplici, ciascuna delle quali gestisce vigneti su siti diversi, producono e vendono vino. Le persone fisiche, poi, hanno costituito una società commerciale che provvedeva tanto all’acquisto di vini provenienti dalle aziende delle società semplici per venderli a rivenditori, quanto alla commercializzazione di tali vini presso i consumatori finali, in nome e per conto di ciascuna società semplice.
L’intervento dell’Amministrazione finanziaria
Fino al 2012, l’Amministrazione fiscale ha considerato che la predetta attività di produzione e vendita del vino era gestita da quattro soggetti fiscali, vale a dire le tre società semplici e la società commerciale. A seguito di un controllo fiscale effettuato nel 2012, l’amministrazione fiscale ha ritenuto che, alla luce della stretta interdipendenza economica e organizzativa esistente, le società semplici dovevano intendersi costituite, retroattivamente, un’unica associazione di persone. Tale associazione e la società commerciale costituivano, quindi, due imprese assoggettate a Iva. Di conseguenza, l’Amministrazione fiscale ha rimesso in discussione il regime comune forfettario per i produttori agricoli di cui beneficiavano le società semplici.
Le questioni pregiudiziali
Ne scaturiva un contenzioso, nell’ambito del quale erano poste le seguenti questioni pregiudiziali:
- se tre associazioni di persone, formate da diversi membri di una famiglia, che verso l’esterno, nei confronti dei fornitori e delle pubbliche autorità, si presentano in modo indipendente in tale veste e che dispongono, fatta eccezione per due beni patrimoniali, di mezzi di produzione propri, ma commercializzano per la maggior parte i loro prodotti con un marchio comune attraverso una società di capitali le cui quote sono detenute da membri delle stesse associazioni di persone e da altri familiari, costituiscano tre autonomi soggetti passivi.
- se, qualora si debba ritenere che le tre citate associazioni di persone non siano imprenditori autonomi (soggetti passivi), occorra considerare come imprenditore autonomo: la società di capitali distributrice; un’associazione di persone composta dai membri delle tre associazioni di persone, che non opera in tale veste sul mercato né nei confronti dei fornitori, né nei confronti dei clienti; un’associazione di persone, composta dalle tre associazioni di persone e dalla società di capitali, che non opera in tale veste sul mercato né nei confronti dei fornitori, né nei confronti dei clienti.
- se, qualora si debba ritenere che le tre citate associazioni di persone non siano autonomi soggetti passivi, sia consentito, nel caso in cui esse siano state in un primo tempo riconosciute, a seguito di verifiche delle autorità tributarie, come autonomi soggetti passivi, revocare tale qualità con effetto retroattivo solo per il futuro, oppure mai.
- se, qualora si debba ritenere che le tre citate associazioni di persone siano autonomi soggetti passivi, si debba considerare, nel caso in cui tali associazioni di persone, che cooperano tra loro sul piano economico, rientrino individualmente nel regime forfettario per i produttori agricoli, ma la società di capitali – ovvero una propria associazione di persone formata dai membri delle tre associazioni di persone oppure una propria associazione di persone formata dalla società di capitali e dai membri delle tre associazioni di persone – sia esclusa ai sensi della legislazione nazionale dal regime forfettario a motivo delle dimensioni aziendali o della forma giuridica, che esse costituiscono viticoltori e quindi produttori agricoli soggetti al regime forfettario.
- se, qualora si dovesse in linea di principio escludere per le tre citate associazioni di persone il regime forfettario previsto per i produttori agricoli, tale esclusione abbia effetto retroattivo, sia valida solo per il futuro oppure sia priva di efficacia.
La decisione della Corte di giustizia
Secondo i giudici dell’Unione, alla luce dell’ampia nozione di soggetto passivo Iva contenuta nella normativa dell’unione relativa all’Iva, ai fini dell’attribuzione della soggettività passiva, rileva una indagine sulle caratteristiche dell’attività svolta in concreto. Indagine, che per costante giurisprudenza europea, deve verificare l’economicità delle operazioni poste in essere, l’obiettivo commerciale, il collegamento con il mercato, l’abitualità e l’indipendenza. Nel caso concreto in esame, ciò che assumeva rilevanza era l’indagine sull’indipendenza dell’attività economica posta in essere dalle società semplici e dalla società commerciale. Per constatare l’indipendenza dell’esercizio di un’attività economica, occorre verificare – rammenta la Corte – se la persona interessata svolga le sue attività in nome proprio, per proprio conto e sotto la propria responsabilità, nonché se si assuma il rischio economico legato all’esercizio dell’attività posta in essere. Ciò posto, nel caso concreto in esame, la risposta della Corte è stata netta. Secondo i giudici il fatto che società semplici, gestiscano separatamente vigneti di loro proprietà o presi in affitto, altresì separatamente, che ciascuna di esse utilizzi, quasi esclusivamente, i propri strumenti di produzione e impieghi i propri dipendenti, che si presentino in quanto tali in modo indipendente nei confronti dei loro fornitori, delle autorità pubbliche e, entro certi limiti, dei loro clienti, testimonia che ciascuna di tali società svolge un’attività in nome proprio, per proprio conto e sotto la propria responsabilità. In tale contesto, l’esistenza di una certa cooperazione fra tali società semplici e una società di capitali non è sufficiente per rimettere in discussione l’indipendenza di tali società semplici nei confronti di quest’ultima società.
L’applicabilità del regime comune forfettario ai produttori agricoli
Ciò posto, la Corte ha risolto la questione dell’applicabilità, nel caso di specie, del regime comune forfettario per i produttori agricoli.
Secondo i giudici dell’Unione il regime comune forfettario per i produttori agricoli è un regime derogatorio che costituisce un’eccezione al regime generale dell’Iva. Pertanto, deve essere applicato soltanto nella misura necessaria a realizzarne lo scopo consistente nelle esigenze di semplificazione e di compensazione dell’onere dell’Iva sopportato a monte dagli agricoltori. Orbene, rammenta la Corte, gli Stati membri possono applicare agli agricoltori un regime forfettario qualora il loro assoggettamento al regime normale di imposizione, o al regime semplificato, comporti difficoltà, in particolare di ordine amministrativo. Inoltre, gli Stati membri possono escludere dal regime forfettario talune categorie di produttori agricoli. Tuttavia, con riguardo al caso concreto in esame, afferma la Corte, il fatto che secondo la disciplina nazionale una società di capitali, un’associazione di persone costituita da membri di diverse società semplici o un’associazione di persone costituita da tale società di capitali e dai membri di tali società semplici, non possa essere assoggettata al regime comune forfettario per i produttori agricoli, a causa delle sue dimensioni o della sua forma giuridica, non può incidere sul beneficio, a favore di tali società semplici, del suddetto regime. Tale circostanza, infatti, ad avviso dei giudici dell’Unione, non consente, di per sé, di dimostrare che l’applicazione del regime normale o semplificato non comporti, per queste ultime, difficoltà amministrative. Il caso sarebbe, tuttavia, diverso, se società semplici, a causa dei loro legami con una società di capitali o un’associazione, fossero materialmente in grado di sopportare gli oneri amministrativi che discendono dai compiti derivanti dall’applicazione del regime normale o del regime semplificato, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare.
Le conclusioni degli eurogiudici
In conclusione, chiariscono i giudici, è possibile negare l’applicazione del regime comune forfettario per i produttori agricoli, a diverse società semplici, considerate come imprese indipendenti soggette all’Iva che cooperano tra loro, per il fatto che una società di capitali, un’associazione di persone costituita dai membri di tali società semplici o un’associazione di persone costituita da tale società di capitali e dai membri delle suddette società semplici non potrebbe essere assoggettata a tale regime, a causa delle dimensioni della sua azienda o della sua forma giuridica. Ciò, a condizione che esse, a causa dei loro rapporti con tale società o con una di tali associazioni, siano materialmente in grado di affrontare gli oneri amministrativi che discendono dai compiti derivanti dall’applicazione del regime normale o semplificato dell’Iva, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare. Qualora, conclude la Corte, il regime comune forfettario per i produttori agricoli dovesse essere escluso, tale esclusione sarebbe applicabile al periodo precedente la data in cui è stata effettuata la valutazione sulla quale è fondata la suddetta esclusione, a condizione che la suddetta valutazione intervenga entro il termine di prescrizione dell’azione dell’Amministrazione fiscale e che i suoi effetti non retroagiscano a una data precedente rispetto a quella in cui si sono verificati gli elementi di diritto e di fatto sui quali è fondata la valutazione.