La Nota di Aggiornamento al Def modifica il quadro di finanza pubblica rispetto a quello del documento programmatico presentato ad aprile scorso, e costituisce un passaggio propedeutico alla definizione della legge di Stabilità e quindi del Draft Budgetary Plan da presentare alle istituzioni europee entro il prossimo 15 ottobre.
I nuovi obiettivi di finanza pubblica sono coerenti con la volontà del governo di rafforzare e accelerare la crescita economica, favorire la creazione di posti di lavoro, promuovere gli investimenti, ridurre il carico fiscale sulle famiglie e sulle imprese, secondo un piano pluriennale avviato nel 2014 (con gli 80 euro in busta paga ai lavoratori dipendenti a reddito medio basso), continuato nel 2015 (con la cancellazione della componente lavoro dell’Irap) e che proseguirà fino al 2018.
Data la necessità di assicurare contestualmente il controllo della finanza pubblica e quindi la diminuzione dell’indebitamento delle pubbliche amministrazioni (pari al 3,0% del PIL nel 2014, stimato in calo al 2,6% nel 2015 e al 2,2% nel 2016), le misure di stimolo all’economia saranno in parte finanziate da risparmi di spesa attraverso una operazione selettiva che dovrà essere finalizzata ad una più efficace allocazione delle risorse nel settore pubblico.
Vengono riviste al rialzo, per la prima volta dal 2010, le stime di crescita del prodotto interno lordo: in aumento dello 0,9% nel 2015 e dell’1,6% nel 2016 (rispettivamente contro lo 0,7% e 1,4% stimato ad aprile).
Per il 2016 è confermato l’inizio della traiettoria di riduzione del rapporto debito pubblico/PIL, per la prima volta dopo 8 anni di crescita. Rispetto al quadro tendenziale (che si definisce a legislazione vigente) il rapporto deficit/PIL programmatico mostra una traiettoria in discesa più graduale perché il governo intende rafforzare la crescita al fine di accelerare l’aumento dell’occupazione e per evitare che l’indebolimento dell’economia internazionale abbia conseguenze sul nostro Paese.
La maggiore gradualità del consolidamento di bilancio è consentita dai trattati europei, come specificato dalla Commissione europea con la propria comunicazione sulla flessibilità del 13 gennaio scorso. Il Governo utilizzerà al meglio sia la clausola per le riforme sia la clausola per gli investimenti.
Tabella
Tavola I.1: indicatori di finanza pubblica (in percentuale del PIL) (1) | |||||||
---|---|---|---|---|---|---|---|
2014 | 2015 | 2016 | 2017 | 2018 | 2019 | ||
QUADRO PROGRAMMATICO | |||||||
Indebitamento netto (1) | -3,0 | -2,6 | -2,2 | -1,1 | -0,2 | 0,3 | |
Saldo primario | 1,6 | 1,7 | 2,0 | 3,0 | 3,9 | 4,3 | |
Interessi | 4,7 | 4,3 | 4,3 | 4,1 | 4,1 | 4,0 | |
Indebitamento netto strutturale (2) | -0,7 | -0,3 | -0,7 | -0,3 | 0,0 | 0,0 | |
Variazione strutturale | 0,0 | 0,3 | -0,4 | 0,4 | 0,3 | 0,0 | |
Debito pubblico (lordo sostegni e debiti PA) (3) | 132,1 | 132,8 | 131,4 | 127,9 | 123,7 | 119,8 | |
Debito pubblico (netto sostegni) (3) | 128,4 | 129,3 | 127,9 | 124,6 | 120,5 | 116,6 | |
Debito pubblico (netto sostegni e debiti PA) (3) | 126,2 | 126,8 | 125,5 | 122,3 | 118,3 | 114,6 | |
Obiettivo per la regola del debito (4) | 123,8 | ||||||
Proventi da privatizzazione programmati | 0,4 | 0,5 | 0,5 | 0,5 | |||
QUADRO TENDENZIALE | |||||||
Indebitamento netto | -3,0 | -2,6 | -1,4 | 0,0 | 0,7 | 1,0 | |
Saldo primario | 1,6 | 1,7 | 2,9 | 4,1 | 4,8 | 5,0 | |
Interessi | 4,7 | 4,3 | 4,2 | 4,1 | 4,0 | 4,0 | |
Indebitamento netto strutturale (2) | -0,7 | -0,4 | 0,1 | 0,8 | 1,0 | 0,9 | |
Variazione strutturale | 0,0 | 0,3 | 0,5 | 0,7 | 0,2 | -0,1 | |
Debito pubblico (lordo sostegni e debiti PA) (3) | 132,1 | 132,8 | 130,3 | 126,1 | 121,7 | 117,4 | |
Debito pubblico (netto sostegni) (3) | 128,4 | 129,3 | 126,8 | 122,8 | 118,4 | 114,2 | |
Debito pubblico (netto sostegni e debiti PA) (3) | 126,2 | 126,8 | 124,4 | 120,5 | 116,3 | 112,1 | |
MEMO: Relazione al Parlamento (giugno 2015) | |||||||
Indebitamento netto tendenziale | -3,0 | -2,6 | -1,4 | -0,2 | 0,5 | 0,9 | |
Variazione indebitamento netto strutturale | 0,3 | ||||||
MEMO: DEF (aprile 2015), quadro programmatico | |||||||
Indebitamento netto | -3,0 | -2,6 | -1,8 | -0,8 | 0,0 | 0,4 | |
Saldo primario | 1,6 | 1,6 | 2,4 | 3,2 | 3,8 | 4,0 | |
Interessi | 4,7 | 4,2 | 4,2 | 4,0 | 3,8 | 3,7 | |
Indebitamento netto strutturale (2) | -0,7 | -0,5 | -0,4 | 0,0 | 0,1 | 0,2 | |
Variazione strutturale | 0,0 | 0,2 | 0,1 | 0,3 | 0,2 | 0,0 | |
Debito pubblico(lordo sostegni e debiti PA) (5) | 132,1 | 132,5 | 130,9 | 127,4 | 123,4 | 120,0 | |
Debito pubblico (netto sostegni) (5) | 128,4 | 128,9 | 127,3 | 123,9 | 120,1 | 116,7 | |
Debito pubblico (netto sostegni e debiti PA) (5) | 125,9 | 126,1 | 124,7 | 121,4 | 117,7 | 114,4 | |
PIL nominale tendenziale (val. assoluti x 1000) | 1.616,3 | 1.635,1 | 1.681,9 | 1.733,0 | 1.784,6 | 1.834,7 | |
PIL nominale program.co (val. assoluti x 1000) | 1.616,3 | 1.635,4 | 1.678,6 | 1.734,5 | 1.792,8 | 1.848,6 |
(1) La stima del 2016 non include un margine addizionale di disavanzo che potrebbe arrivare fino allo 0,2 per cento del PIL in riconoscimento dei costi relativi all’accoglienza degli immigrati, in coerenza con il Patto di Stabilità e Crescita. Qualora questo margine fosse utilizzato, il relativo aumento dell’indebitamento netto non impatterebbe il saldo strutturale per il 2016.
(2) Al netto delle misure una tantum e della componente ciclica.
(3) ) Al lordo ovvero al netto delle quote di pertinenza dell’Italia dei prestiti a Stati membri dell’UEM, bilaterali o attraverso l’EFSF, e del contributo al capitale dell’ESM. A tutto il 2014 l’ammontare di tali quote è stato pari a circa 60,3 miliardi, di cui 46,0 miliardi per prestiti bilaterali e attraverso l’EFSF e 14,3 miliardi per il programma ESM. Il rimborso di parte dei titoli emessi dall’EFSF mirati al sostegno del sistema finanziario della Grecia per 2,1 miliardi, registrato lo scorso febbraio, ha determinato una corrispondente riduzione del debito nel corrente anno (cfr. Banca d’Italia, ‘Supplemento al bollettino statistico Finanza pubblica, fabbisogno e debito’ n. 48 del 14 settembre 2015). Le stime programmatiche considerano proventi da privatizzazioni e altri proventi finanziari pari allo 0,44 per cento di PIL nel 2015, 0,5 per cento di PIL nel 2016, 2017 e 2018, nonché ulteriori risparmi destinati al Fondo ammortamento titoli di Stato. Tali proventi includono anche la quota residua pari a 1.071 milioni di rimborsi dei bond emessi dal MPS e acquistati dal Tesoro, già incassata nel 2015. Inoltre tali stime scontano l’ipotesi di un’uscita graduale dalla Tesoreria Unica a partire dal 2017 e una modesta riduzione delle giacenze di liquidità del MEF per circa 0,17 per cento di PIL nel 2017 e per circa 0,14 per cento di PIL nel 2018. Lo scenario dei tassi di interesse utilizzato per le stime si basa sulle previsioni implicite derivanti dai tassi forward sui titoli di Stato italiani del periodo di compilazione del presente documento.
(4) Livello del rapporto debito/PIL che assicura l’osservanza della regola nel 2016 sulla base della dinamica prevista al 2018 (criterio forward-looking). Per ulteriori dettagli si veda il paragrafo III.5.
(5) Al lordo ovvero al netto delle quote di pertinenza dell’Italia dei prestiti a Stati membri dell’UEM, bilaterali o attraverso l’EFSF, e del contributo al capitale dell’ESM. Le stime programmatiche considerano proventi da privatizzazioni pari allo 0,41 per cento di PIL nel 2015, 0,5 per cento di PIL nel 2016 e 2017 e 0,3 per cento nel 2018.
Nota: Eventuali imprecisioni derivano dagli arrotondamenti.
Premessa del Ministro Padoan alla Nota di aggiornamento al DEF 2015
A partire dal 2014 il Governo ha impostato una politica economica di respiro pluriennale orientata all’uscita strutturale da una crisi profonda e di lunga durata, in cui si sono registrati gli effetti congiunti del ciclo negativo internazionale e dei limiti di sistema propriamente italiani, sedimentati e sovrapposti nell’arco di almeno due decenni. La realizzazione di questa politica economica avviene in un contesto di finanza pubblica fortemente condizionato dal peso del debito delle pubbliche amministrazioni. La politica economica ha quindi due dimensioni: il sostegno alla crescita e il consolidamento fiscale.
Oltre che da un ampio programma di riforme strutturali, il sostegno alla crescita viene realizzato attraverso un piano di riduzione del carico fiscale su famiglie e imprese avviato nel 2014 con l’incremento del reddito dei lavoratori a parità di costo per le imprese (bonus fiscale di 80 euro mensili ai lavoratori con i redditi più contenuti), proseguito nel 2015 con la riduzione del costo del lavoro delle imprese a parità di reddito per i lavoratori (attraverso la cancellazione della componente lavoro dell’IRAP), rafforzato per il 2016 con l’eliminazione delle imposte sull’abitazione principale e su alcuni fattori produttivi e quindi nel 2017 e 2018 con interventi sulla fiscalità d’impresa e per le persone fisiche.
Lo stimolo fiscale all’economia risulta sostenibile nel tempo anche perché accompagnato da riforme strutturali che stanno modificano alla radice la capacità competitiva del Paese: dall’assetto istituzionale all’istruzione, dalla pubblica amministrazione al business environment, dalla giustizia al settore del credito le riforme strutturali stanno imprimendo un’accelerazione a un processo di modernizzazione lungamente atteso e non più procrastinabile.
Le prime evidenze suggeriscono che le politiche economiche e strutturali del Governo stiano innescando un circuito della fiducia che passa dalla crescita del prodotto alla maggiore e migliore occupazione per arrivare ai consumi. E tra gli altri risultati attesi dall’insieme di queste politiche va considerato l’incremento degli investimenti privati, cruciali per irrobustire la ripresa.
La strategia del Governo e il quadro economico
Il rafforzamento della domanda interna è decisivo nei segnali di ripresa che l’economia Italiana ha recentemente mostrato: nella prima metà del 2015 si registra un incremento dello 0,7 percento del prodotto interno lordo (PIL), che pone le basi per ulteriori miglioramenti nel prosieguo dell’anno e nel prossimo quadriennio, pur in un contesto internazionale meno favorevole di quanto apparisse a inizio anno. La previsione di crescita del PIL reale per il 2015 sale dallo 0,7 percento del Documento di Economia e Finanza di aprile allo 0,9 percento nella presente Nota di Aggiornamento.
La previsione programmatica per il 2016 migliora anch’essa dall’1,4 all’1,6 percento. Anche le proiezioni per gli anni seguenti sono più positive sia pur nell’ambito di una valutazione che rimane prudenziale dato il pesante lascito della crisi degli ultimi anni.
Il consolidamento fiscale e la composizione del bilancio
Il debito pubblico e l’esigenza di ridurlo anche per alleggerire il peso che graverebbe sulle future generazioni impone limiti alla dimensione dello stimolo all’economia che il Governo può operare attraverso la riduzione del carico fiscale e il miglioramento degli investimenti. Nella politica di bilancio lo stimolo si accompagna quindi ad una continua riduzione dell’indebitamento, che scende dal 3,0 percento del PIL nel 2014 al 2,6 nel 2015 e al 2,2 nel 2016, fatto salvo un ulteriore margine sino ad un massimo dello 0,2 per cento per il prossimo anno derivante da un eventuale intesa in sede europea in ordine al riconoscimento, nell’ambito delle regole del Patto di Stabilità e Crescita, dell’impatto economico-finanziario dei fenomeni migratori.
Inoltre il rapporto tra debito pubblico e PIL scenderà dopo otto anni di crescita ed è previsto in continuo calo negli anni successivi per scendere al di sotto del 120 percento a partire dal 2019. Già a partire dal 2016, la traiettoria di riduzione del debito è conforme alla regola del debito, contemplata nei trattati dell’Unione europea. La svolta che siamo in grado di imprimere alla traiettoria del debito è frutto del ritorno alla crescita, e siamo fiduciosi che i mercati apprezzeranno questa inversione di tendenza, con effetti positivi sui rendimenti delle nostre emissioni.
Rispetto alla programmazione indicata nel Documento di economia e finanza, la velocità del consolidamento fiscale viene rivista e attenuata in questa Nota di aggiornamento. Una revisione ritenuta opportuna per tre ragioni.
La prima è l’economia internazionale, sulla quale gravano elementi di incertezza da cui deriva un generale contenimento della crescita, a partire dalle economie emergenti che sono state fattore di traino negli ultimi anni.
La seconda riguarda la deludente dinamica dei prezzi: nonostante la politica monetaria espansiva adottata negli ultimi mesi dalla Banca Centrale Europea abbia il merito di evitare la deflazione, il tasso di inflazione è tuttora ben lontano dall’obiettivo (fissato poco al di sotto del 2 percento). L’inflazione ha un ruolo decisivo nella traiettoria di riduzione del debito. Un tasso inferiore al previsto può determinare un profilo di riduzione meno marcato pur in presenza di una crescita reale più alta. Il contributo della crescita reale va quindi consolidato e rafforzato.
Infine, l’occupazione deve migliorare ad un ritmo più sostenuto se si vuole evitare che la crescita di lungo periodo dell’economia non venga danneggiata. È vero che i dati sul mercato del lavoro negli ultimi mesi sembrano indicare risultati delle politiche combinate di ordine strutturale (Jobs act) e fiscale (decontribuzione per i nuovi assunti) che vanno al di là delle aspettative (in termini di incremento del numero di partecipanti, incremento assoluto del numero di occupati, riduzione del tasso di disoccupazione). È però importante anche reintegrare nel mercato del lavoro il più rapidamente possibile i disoccupati e gli inattivi onde evitare fenomeni di scoraggiamento e dequalificazione che incidono negativamente non solo sul benessere immediato dei cittadini ma anche sul potenziale di crescita dell’economia nel lungo periodo.
Nel loro insieme queste considerazioni ci spingono a porre particolare enfasi su di una intonazione fiscale più favorevole alla crescita, pur nell’equilibrio indispensabile con il progressivo consolidamento dei conti pubblici.
Ai fini della crescita, la composizione del bilancio pubblico (cioè l’impatto di impieghi ed entrate) è quanto e più rilevante dei saldi. Per questo il Governo adotta misure volte a rendere più efficace ed efficiente la spesa (spending review e accelerazione degli investimenti pubblici co-finanziati con fondi europei) in combinazione con tagli selettivi e mirati delle imposte tali da stimolare gli investimenti privati.
La flessibilità
La velocità di consolidamento e il profilo di riduzione del debito che risulta dalla programmazione economica così come la si può rilevare da questa Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza è compatibile con le regole adottate dai paesi dell’Unione europea e in particolare nell’area dell’euro. Infatti abbiamo messo in campo le azioni che consentono l’utilizzo delle clausole di flessibilità contemplate dai trattati e specificate dalla Comunicazione della Commissione europea dello scorso 13 gennaio.
Nel Documento di economia e finanza dello scorso aprile avevamo già invocato per il 2016 la clausola delle riforme per contenere l’aggiustamento di 0,4 percento in virtù dell’ambizioso programma di riforme avviato, e le istituzioni europee ne avevano riconosciuto la legittimità. La rapida attuazione delle riforme in programma ha permesso al governo di ampliare e arricchire ulteriormente il programma stesso, con impatti per il futuro che consentono di richiedere flessibilità aggiuntiva.
Per quanto riguarda la clausola per gli investimenti, l’Italia è uno dei pochi paesi con i requisiti per invocarla nel 2016. Pertanto il programma pluriennale di investimenti pubblici è stato accelerato così da determinare investimentiaggiuntivi nel 2016 nel campo dei co-finanziamenti ai fondi europei. La clausola per gli investimenti non era stata invocata nel Documento di economia e finanza in quanto la prospettiva di crescita – allora soltanto prevista – non lo consentiva. La crescita che oggi osserviamo contribuisce a rendere pienamente legittima l’invocazione di questa clausola perché compatibile con la regola del debito contemplata dai trattati europei.
Peraltro non è escluso che ulteriori evoluzioni nel quadro della flessibilità necessaria ad affrontare nuove situazioni di crisi, come quella determinata dall’afflusso epocale di immigrati da paesi extraeuropei, comportino la possibilità di gestire gli sforzi di bilancio sostenuti da quei paesi che – come l’Italia – sono in prima linea nella gestione delle crisi stesse.
Nell’ambito di una strategia pluriennale avviata nel 2014, questa Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza illustra interventi di aggiustamento della politica economica del Governo resi opportuni dall’evoluzione del quadro internazionale e dalla valutazione delle prime evidenze dell’impatto delle misure adottate. La stabilità è una condizione fondamentale per l’attuazione coerente di una strategia di medio periodo nel tempo perché consente di perseguire l’implementazione piena delle politiche e di valutarne gli effetti.
In questo quadro si creano le condizioni per rinnovare la fiducia di famiglie e imprese nel futuro. La fiducia è una componente decisiva delle prospettive di crescita e le istituzioni hanno il dovere di sostenere al meglio gli sforzi dei protagonisti della vita economica del paese: le famiglie e le imprese italiane.