Fatture e rimborso IVA, il rifiuto dell’Amministrazione Finanziaria è valido? Ecco cosa ha stabilito di recente la Corte di Giustizia UE.
La domanda di pronuncia pregiudiziale verte su una controversia relativa alla richiesta di rimborso dell’Iva presentata da un soggetto passivo stabilito in un Paese extra-Ue, relativa a operazioni imponibili effettuate in Spagna da società residenti nei confronti di una società di diritto svizzero.
Quest’ultima, utilizzando la specifica procedura prevista per i soggetti passivi non stabiliti nel territorio nazionale, ha richiesto all’Amministrazione finanziaria iberica il rimborso dell’Iva versata a monte sugli acquisti di beni e servizi negli anni dal 2008 al 2010.
Dopo aver ricevuto l’istanza, l’ufficio finanziario ha richiesto alla società svizzera di fornire nuovamente le fatture ricevute dalle società spagnole, in quanto la documentazione originariamente consegnata recava il numero di identificazione fiscale (il Nif) olandese della compagine svizzera, in luogo di quello svizzero necessario per procedere al rimborso.
La società svizzera, che non aveva dato seguito alla richiesta dell’ufficio, presentava una nuova richiesta di rimborso Iva per le operazioni effettuate dal 2008 a marzo 2011, annullando le fatture originariamente emesse dai fornitori spagnoli per gli anni oggetto della domanda di rimborso.
A dicembre 2011 il Fisco spagnolo procedeva alla concessione del rimborso dell’Iva versata a monte sulle operazioni dal 2009 al 2010, avendo la società ripresentato le fatture corrette, ma lo negava con riferimento a due fatture perché detto specifico rimborso era stato precedentemente negato con decisione divenuta definita a maggio 2011, mai contestata dalla società.
A questo punto, la compagine svizzera ha impugnato il diniego al rimborso affermando di aver depositato le fatture, seppur dopo che la decisione di rifiuto era diventata definitiva.
La controversia è giunta dinanzi al Tribunale economico amministrativo centrale laddove il giudice del rinvio, pur ammettendo il linea di principio la legittimità del diniego quando il soggetto passivo presenti la documentazione giustificativa dopo che l’atto sia divenuto definitivo, ha riconosciuto l’assenza di negligenza o di poca collaborazione nei confronti dell’ufficio finanziario. In quest’ottica il comportamento del Fisco potrebbe ritenersi lesivo del diritto della difesa da parte della società.
Il Tribunale amministrativo ha così deciso di sospendere il giudizio e interpellare sul punto la Corte di giustizia europea.
Sulle questioni pregiudiziali
In via preliminare i giudici europei hanno precisato, che le questioni attinenti il rimborso dell’Iva da parte di soggetti passivi stabiliti al di fuori dell’Unione europea sono disciplinate dalle disposizioni contenute nella direttiva 86/560/Ce (la tredicesima direttiva), considerata come una lex specialis rispetto alla 112/2006.
Ciò premesso, il thema decidendum riguarda la possibilità per uno Stato membro di fissare un termine temporale entro cui il soggetto extra-Ue può integrare la documentazione erroneamente presentata ai fini dell’esercizio del diritto al rimborso dell’Iva (nel caso di specie il Nif errato).
In particolare, il diritto spagnolo prevede che la rettifica delle fatture erronee non produce alcun effetto se i documenti sono presentati dopo che il diniego al rimborso dell’Iva è divenuto definitivo per lo spirare dei termini.
La Corte ha precisato che spetta al diritto nazionale stabilire le misure conseguenti all’omessa rettifica da parte del soggetto passivo extra-Ue di fatture originariamente errate o incomplete ai fini dell’esercizio del diritto al rimborso dell’imposta sostenuta all’interno di uno Stato membro, nel rispetto dei principi di “equivalenza” e di “effettività”.
In altre parole lo Stato membro deve assicurare che i soggetti, i cui diritti sono conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione, non siano svantaggiati rispetto ai contribuenti che fanno valere diritti di natura interna (principio di equivalenza) e che tutti abbiano la possibilità di esercitare agevolmente i propri diritti (principio di effettività).
A parere degli eurogiudici l’Amministrazione finanziaria spagnola non ha violato il principio di equivalenza quando ha deciso di non revocare il diniego di rimborso definitivo, in quanto la norma interna, che impone la revisione di un atto amministrativo lesivo dei diritti del contribuente, si applica allo stesso modo sia che il diritto sia attribuito dal diritto dell’Unione che da quello nazionale.
Inoltre, la fissazione di limiti temporali per l’esercizio del diritto al rimborso dell’Iva non lede neanche il principio di effettività, in quanto la loro mancata previsione sarebbe in contrasto con il principio della certezza del diritto, perché “siffatti termini non sono tali da rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione, anche se, per definizione, lo spirare di detti termini comporta il rigetto, totale o parziale, dell’azione esperita”.
Nel caso in esame, la società svizzera non ha ottemperato alla richiesta dell’ufficio finanziario spagnolo di presentare le fatture corrette nei termini da questo fissati e non ha neanche contestato il diniego al rimborso prima che questo divenisse definitivo. Così facendo ha privato l’Amministrazione finanziaria nazionale dei dati e delle informazioni necessari per valutare la legittimità del diritto al rimborso Iva e procedere alla restituzione dell’imposta.
In conclusione, è legittimo che uno Stato membro limiti nel tempo la possibilità di rettificare fatture erronee ai fini dell’esercizio del diritto al rimborso dell’Iva, ad esempio tramite la rettifica del Nif inizialmente indicato sulla fattura, purché i principi di equivalenza e di effettività siano rispettati, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare.
La decisione della Corte
Per tutti questi motivi la Corte di giustizia europea ha espresso il seguente principio di diritto:
“Le disposizioni della tredicesima direttiva 86/560/CEE del Consiglio, del 17 novembre 1986, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati Membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Modalità di rimborso dell’imposta sul valore aggiunto ai soggetti passivi non residenti nel territorio della Comunità, devono essere interpretate nel senso che non ostano a che uno Stato membro limiti nel tempo la possibilità di rettificare fatture erronee, ad esempio tramite la rettifica del numero di identificazione per l’imposta sul valore aggiunto (IVA) inizialmente indicato sulla fattura, ai fini dell’esercizio del diritto al rimborso dell’IVA, purché i principi di equivalenza e di effettività siano rispettati, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare”.