Siamo certi che la tanto acclamata fatturazione elettronica verso le PA sia perfettamente conforme alle norme e soprattutto alle aspettative? Adesso che siamo partiti e dopo l’imponente campagna di comunicazione proviamo a riflettere su ciò che ancora non va.
Ci siamo: da pochi giorni tutte le amministrazioni pubbliche, anche quelle locali, possono accettare solo fatture elettroniche. Ma dopo tutto il clamore dei tanti convegni, interviste, pubblicità, incontri e seminari siamo proprio sicuri che il sistema – così efficacemente comunicato – assicuri un processo di fatturazione perfettamente conforme alle norme?
Se volessimo “squarciare il velo” tanto caro a Schopenhauer dei roboanti proclami a cui abbiamo assistito – o la “copertina patinata” della comunicazione, per usare una metafora più appropriata – innanzitutto potremmo renderci conto che le specifiche del sistema per la fatturazione elettronica, così come predisposte, difficilmente consentono di raggiungere il traguardo di una maggiore e reale semplificazione per le pubbliche amministrazioni o per i loro fornitori.
Con ciò non si vuole affatto sostenere che l’obbligo della fatturazione elettronica per le pubbliche amministrazioni non sia da considerarsi estremamente positivo, ma è innegabile che ci siano da rilevare evidenti criticità nella concezione e nella predisposizione dell’intero sistema.
Proviamo dunque ad analizzare quali sono, in estrema sintesi, i “lati oscuri” della fatturazione elettronica.
Lo SDI non ci conserva le fatture elettroniche
Sappiamo già che le fatture elettroniche trasmesse dai fornitori alle amministrazioni pubbliche tramite il Sistema di Interscambio (SDI) dovranno essere obbligatoriamente conservate in modalità elettronica, secondo quanto disposto dall’art. 43 del Codice dell’Amministrazione digitale (CAD – D.Lgs. n. 82/2005).
Per quanto riguarda le PA, inoltre, tale obbligo è ribadito anche nell’Allegato C del DM n. 55/2013, dove si pone in evidenza che tra gli interventi da effettuare sulle procedure organizzative, le PA dovranno verificare anche il processo di conservazione adottato, realizzato in conformità a quanto disposto dal CAD e dalle Regole tecniche richiamate.
Altrettanto dovranno fare i fornitori, per i quali viene in rilievo la normativa generale e in particolare l’art. 39 del DPR n. 633/1972, che stabilisce espressamente che le fatture elettroniche devono essere conservate in modalità elettronica, ai sensi del DMEF 17 giugno 2014.
Tuttavia, deve essere chiaro che il Sistema di Interscambio non conserva le fatture: dovranno pensarci PA e fornitori.
Inoltre, sempre in tema di conservazione, non è ancora stato specificato come una PA possa procedere alla conservazione dei dati riportati sulla Piattaforma di Certificazione dei Crediti relativi alle apposite funzionalità che – ai sensi dell’art. 42 del DL 66/2014 – potrebbero sostituire il Registro Unico delle fatture.
Scarsa usabilità del formato e dei canali predisposti per l’invio
Semplificazione! Semplificazione! Semplificazione! Questo è il mantra che abbiamo sentito ripetere in tutte le occasioni in cui sono stati divulgati i benefici della fatturazione elettronica. Ma siamo sicuri che l’articolato processo predisposto per la trasmissione di una fattura attraverso il sistema di interscambio – a partire dalla predisposizione del file in formato .xml da sottoscrivere con firma digitale fino all’accreditamento del canale e alla gestione di notifiche e ricevute rilasciate dal sistema – non si potesse proprio predisporre in modo meno farraginoso e burocratico?
A questa domanda ognuno potrà facilmente rispondere consultando brevemente le 54 pagine di “Specifiche tecniche operative”, reperibili sul sito fatturapa.gov.it.
Privacy: chi risponde per il trattamento dei dati personali effettuati tramite lo SDI?
Se la fattura che viene inviata alla PA ha degli allegati che contengono dati personali o addirittura – come accade spesso in ambito sanitario – dei dati sensibili, chi deve ritenersi il titolare e chi il responsabile del trattamento dei dati che transitano nel Sistema di Interscambio? SOGEI? Il Ministero dell’Economia e delle Finanze? E chi tratta materialmente tali dati ha previsto l’adozione delle adeguate e specifiche misure di sicurezza imposte dalla normativa privacy per il trattamento dei dati sensibili effettuato tramite lo SDI? Sembra esserci ancora un po’ di incertezza sul rispetto delle disposizioni contenute nel Codice Privacy e previste anche nelle particolari prescrizioni del Garante, il quale in situazioni simili si è pronunciato in materia.
Che succede se una PA paga una fattura cartacea presentata dopo il 31 marzo?
In effetti, l’art. 6, 6° comma, del DM n. 55/2013 stabilisce espressamente che a partire dalla data di decorrenza degli obblighi di fatturazione elettronica prevista per ciascuna PA, le amministrazioni “non possono accettare fatture che non siano trasmesse in forma elettronica per il tramite del Sistema di interscambio e, trascorsi tre mesi da tali date, le stesse non possono procedere ad alcun pagamento, nemmeno parziale, sino all’invio delle fatture in formato elettronico”. In argomento, la Circolare n. 1 del 31 marzo 2014 puntualizza anche che qualora allo scadere del termine di 3 mesi la PA stesse ancora processando una fattura emessa in forma cartacea prima dello scadere del termine del 31 marzo, la stessa dovrà senz’altro portare a compimento il relativo procedimento e procedere al pagamento.
Fin qui tutto chiaro: purtroppo, però, né il DM n. 55/2013, né le Circolari ministeriali successivamente emanate hanno chiarito quali siano gli effetti e le conseguenze di un pagamento di una fattura presentata alla PA in forma cartacea dopo il 31 marzo 2015. In tali casi dovrebbe ritenersi illegittimo l’atto di liquidazione? Ci sono delle sanzioni a carico dei dirigenti? Sono previsti casi eccezionali in cui tale procedura è comunque consentita?
A ben guardare, in effetti, non si tratta di problemi di scarso rilievo casistico, anche considerando le difficoltà che molti fornitori stanno riscontrando nella trasmissione delle fatture elettroniche.
Tempistiche poco certe
Come noto, la novellata formulazione del D.Lgs. n. 231/2002 fissa in 30 giorni il termine ordinario per il pagamento delle fatture, con decorrenza dalla data di ricevimento delle stesse. Ma sul punto che ruolo ha la registrazione nel Registro Unico delle fatture dei documenti trasmessi alle PA tramite lo SDI? Solo di monitoraggio delle tempistiche di pagamento? O come molti sostengono, deve ritenersi che le tempistiche per i termini di pagamento decorrano non dalla notifica di ricevimento rilasciata dallo SDI all’emittente/fornitore, ma dalla effettiva “presa in carico” della fattura da parte della PA, la quale inizierebbe di fatto a processarla solo dal momento della registrazione nel Registro Unico?
Tale incertezza data da tutti questi problemi è ancor più alimentata dal disallineamento delle tempistiche dei 15 giorni previsti per il rifiuto delle fatture da parte delle PA e i 10 giorni a disposizione delle stesse per registrare le fatture nel Registro Unico (dato che, in ogni caso, la valutazione sulla correttezza della stessa deve avvenire entro i primi 10 giorni).
La comunicazione da ultimo minuto
Da ultimo, non si può non rilevare che appare esserci stata una scarsa attenzione per una concreta alfabetizzazione informatica su questi temi, alla quale non è stato sufficiente sopperire con una comunicazione, sicuramente imponente, ma partita in ritardo e poco attenta e competente in merito alle reali difficoltà delle pubbliche amministrazioni e dei fornitori coinvolti in questo importante cambiamento.