Secondo l’Agenzia delle Entrate il processo di trasformazione digitale è ancora in corso: si è passati da 570 mila fatture a marzo a 1,9 milioni in aprile e a circa 2,5 milioni in maggio. E a regime saranno oltre 4 milioni al mese. Sono 39mila le PMI che finora hanno aderito ai servizi gratuiti di fatturazione elettronica.
Il percorso della fattura elettronica verso la pubblica amministrazione non è ancora giunto a maturità: lo dicono i numeri rilevati a maggio dall’Agenzia delle Entrate. Tuttavia, gli stessi numeri dicono che la strada è quella giusta, secondo l’analisi di Paolo Catti, Responsabile di questo settore presso gli Osservatori del Politecnico di Milano.
Siamo passati di colpo dalle 570 mila fatture di marzo – circa 80 mila delle quali nella sola giornata del 31, quando è scattato l’obbligo per la PA locale – a 1,9 milioni in aprile e poi a circa 2,5 milioni in maggio. Sì, un bel salto, anche se siamo la media dei 50-60 milioni di e-fatture annuali che il Politecnico di Milano prevedeva ci sarebbero state a regime. Ad avere mandato una fattura alla PA sono soltanto 300 mila fornitori, finora, secondo le stime del Politecnico. Cioè solo un sesto – un settimo di tutti i fornitori – circa 2 milioni – che nell’anno scorso hanno mandato almeno una fattura alla PA. Mancherebbero all’appello insomma ben 1,7 milioni di fornitori. Sono 42 mila gli uffici pubblici che hanno ricevuto dal 6 giugno ad oggi almeno una fattura elettronica: non è stato ancora toccato dalla rivoluzione il 20 per cento degli uffici.
«Tuttavia, riteniamo che i volumi possano ulteriormente crescere. Una volta a regime, il valore mensile di fatture inviate dovrebbe infatti superare i 3,5-4 milioni di fatture al mese (e, potenzialmente, anche qualcosa in più)», dice Catti. I motivi di questo ottimismo sono numerosi. Primo: di quei 2 milioni di fornitori, sono 100 mila quelli che hanno un rapporto continuativo con la PA. È ragionevole pensare che almeno questi ultimi si siano adeguati e quindi rientrino in toto nel computo dei 300 mila fornitori che hanno mandato almeno una fattura dal 6 giugno a oggi. Una conferma è anche nel numero di Pmi che hanno aderito ai servizi gratuiti per la fatturazione elettronica, forniti dal Mepa di Consip e dalle Camere di Commercio: sono 39 mila, ad oggi.
In altre parole, a mancare all’appello sono perlopiù fornitori occasionali, che hanno rapporti con la PA piuttosto sporadici: entreranno a far parte della famiglia della e-fattura gradualmente, all’occorrenza. Insomma, è fisiologico che solo una piccola parte dei fornitori abbia mandato una e-fattura e non c’è da preoccuparsi. A conferma, è positivo anche un altro dato: è cresciuta la percentuale di fatture “formalmente corrette” che vengono recapitate alle PA: pari a oltre il 90% nel mese di maggio, rispetto ai valori tra l’80 e l’83% registrati nei due mesi precedenti.
L’e-fattura insomma avanza, con graduale inesorabilità, e può ancora esprimere quel ruolo di “trasformatore digitale” delle Pmi italiane, così come previsto dal legislatore (la cabina di regia di Francesco Caio sotto il Governo Monti) e dal Politecnico.
Adesso si tratta di accompagnare questa trasformazione, rendendola più completa e pervasiva. Ci sono molte iniziative in ballo, in questo senso, da parte dell’Agenzia per l’Italia digitale e si riveleranno nelle prossime settimane. Il percorso continua e tra qualche mese il sistema Paese potrà coglierne i primi frutti.