Quando un fabbricato può dirsi in costruzione? E quando il fabbricato può dirsi ultimato?
La differenza non è, ovviamente, risibile. E per capire se sia sufficiente vedere dei ponteggi (per saperne sui quali, visita il sito di un fornitore di riferimento come Mario Orlando) per dare al fabbricato l’impressione di una mancata ultimazione, sono recentemente arrivate alcune sentenze da parte della suprema Corte. Ma andiamo con ordine.
Differenze tra fabbricati in costruzione e ultimati
Le differenze tra i fabbricati in costruzione e i fabbricati ultimati si fanno importanti, ad esempio, nel caso della loro cessione. Se infatti il fabbricato è in corso di costruzione, in sede di cessione non viene applicata né l’imposta ipotecaria proporzionale del 3%, né l’imposta catastale proporzionale dell’1%.
Di contro, se l’immobile si considera ultimato, trova applicazione l’art. 10, comma 1, n. 8 – ter) del dpr n. 633/1972, ovvero proprio le imposte dovute nella misura “rinforzata” del 3 e dell’1%.
Quando un immobile è in costruzione?
Di qui, la necessità di capire quando un immobile possa essere definito in costruzione, e quando, invece, no. L’orientamento della Corte di Cassazione è in tal senso piuttosto chiaro: stando ai giudici, l’immobile non può essere considerato in corso di costruzione se viene ceduto a un consumatore finale, che quindi lo utilizza direttamente.
Se dunque l’immobile strumentale non ultimato viene ceduto al consumatore finale, si ricade nella fattispecie di cui al n. 8-ter dell’art. 10 del D.P.R. n. 633/1972, e di conseguenza la cessione dovrà considerarsi imponibile IVA, con applicazione dell’imposta di registro fissa (200 euro) e delle imposte ipotecaria e catastale in misura proporzionale pari rispettivamente al 3% e all’1%.
Cosa ne pensa il Notariato
Si noti come sia di parere opposto il Notariato, secondo cui la definizione di fabbricati in costruzione non può che far riferimento alla situazione in cui sostanzialmente e di fatto si trova l’immobile.
Per il Notariato, dunque, lo stato dell’immobile non può giuridicamente cambiare a seconda della natura del soggetto acquirente e delle modalità di utilizzo che l’acquirente intende fare del fabbricato che è oggetto di operazione di acquisto.
Pertanto, se l’immobile non è stato ancora ultimato, e non è ritenuto idoneo all’uso, il fatto che possa essere acquistato dall’utilizzatore finale non fa assumere alcun tipo di rilievo di ultimazione, con la conseguenza che il bene andrà ancora considerato come in corso di costruzione.
Dunque, in conclusione, la cessione dell’immobile strumentale che viene ritenute non ultimato, a prescindere dalla natura e dalla intenzione del soggetto che riveste il ruolo di acquirente, deve considerarsi come naturalmente imponibile ai fini dell’IVA, con applicazione delle imposte di registro, dell’imposta ipotecaria e dell’imposta catastale in misura fissa, ovvero pari a 200 euro ciascuna.
A questo punto, riteniamo che il tema non sia affatto concluso, e che nei prossimi mesi possano esservi ulteriori novità in tal senso. Non ci resta che attendere nuovi orientamenti, a conferma o a smentita di due posizioni opposte, che al momento non sembrano essere conciliabili.