socialL’evasione fiscale non s’arresta. Nemmeno la crisi è in grado di frenarne la corsa. L’ultima stima del tax gap statunitense elaborata per il periodo 2008-2010 dall’Irs, l’equivalente Usa dell’Agenzia delle Entrate, non offre una visione ottimistica del fenomeno che, con puntigliosità contabile, ogni anno sottrae all’erario federale più di 450 miliardi di dollari, 458 mld per l’esattezza. “Troppi”, è l’unico assunto su cui tutti, indifferentemente dall’appartenenza, sembrano concordare. Il secondo punto su cui invece iniziano i distinguo è quello relativo alla crescita o meno negli anni dell’evasione.

 

La crisi ha frenato la crescita dell’economia non dell’evasione – Il punto centrale del nuovo approccio utilizzato dai tecnici dell’Amministrazione finanziaria Usa nel calcolo del tax gap ha preso come punto di riferimento un periodo esteso, un biennio, e non una sola annualità come fatto in precedenza, per esempio nel 2006 e nel 2003. Il perché è spiegato nelle sintesi del rapporto. In pratica, la possibilità di studiare le dinamiche comportamentali dei flussi dei dati in modo ripetitivo, quindi non istantaneo su di un solo anno ma prendendo a parametro di raffronto più annualità contigue, avrebbe consentito di cogliere in modo più corretto e puntuale l’estensione effettiva del tax gap. Fin qui nulla da eccepire. La questione però si fa più complessa quando il dato che ne esce indica in modo chiaro non una riduzione del fenomeno dell’evasione ma, al contrario, una sua crescita. Nel 2006, infatti, l’asticella del tax gap stimato s’era arrestata a 450 mld di dollari. Considerando l’inizio della crisi economica, la conseguente riduzione dei redditi e dell’imponibile da tassare e in parallelo l’utilizzo di strumenti più affilati nella lotta all’evasione, le aspettative relative al tax gap convergevano su una sua riduzione. Al contrario, ciò che desta stupore è che la crisi non sembra aver affatto raffreddato il ricorso all’evasione. D’altraparte i tecnici delle Entrate Usa hanno provato a ridurre l’evidenza del differenziale negativo suggerendo una chiave di lettura alternativa, ovvero, la misura maggiore del tax gap è in realtà dovuta non ad un aumento della propensione ad evadere quanto piuttosto all’affinarsi della strumentazione utilizzata nel calcolo e nella definizione della stima di quanto evaso annualmente. Strumenti, calcoli e congegni non utilizzati in precedenza ma che ora consentirebbero di far emergere un profilo dell’evasione più netto, più nitido. Anche se questa chiave di lettura corrisponde sicuramente al vero, ciò contribuisce ad aprire un nuovo scenario: infatti, questa logica equivarrebbe ad ammettere che le stime passate, e quindi per un quindicennio, sono state sempre mitigate al ribasso conducendo di fatto ad una sottostima del fenomeno, con ciò che può aver comportato questo in termini, per esempio, di politica fiscale e legislazione in materia tributaria.

 

Il tax gap, al lordo e al netto – In dettaglio, il tax gap stimato per il periodo 2008-2010 sarebbe quindi di 458 miliardi di dollari l’anno. Considerando però eventuali pagamenti successivi, cioè effettuati in ritardo, ma comunque volontari e aggiungendo a questi i miliardi recuperati tramite modalità di riscossione, il volume delle tasse e delle imposte mancanti si ridurrebbe a 406 miliardi di dollari. Comunque, sempre una somma più elevata in valore rispetto ai 385 mld che, sottraendo le medesime somme riferite al 2006, hanno condotto 10 anni or sono alla stima dell’ultimo tax gap in termini di tempo. I due raffronti sono possibili dato che la stima di quanto evaso, e quindi non versato al fisco, è effettuata sia in termini lordi sull’anno sia al netto dei successivi pagamenti di ruoli o spontanei.

 

La conclusione, più tracciabilità meno si evade – Scorrendo il panel con il tax gap distribuito per singola imposta o tassa, ciò che emerge è il dato sulla tracciabilità e, più in generale, sui dati e sulle coordinate connesse a ciascun reddito e relativo pagamento del tributo dovuto. Insomma, l’evasione è più pronunciata se si considerano redditi per i quali è dovuto il pagamento, per esempio, senza trattenute alla fonte né informazioni collegate. Interessi, dividendi, capital gain e guadagni derivanti da partecipazioni sono, con i redditi dichiarati da professionisti e datori di lavoro, quelli con gli indici maggiori del tax gap. Naturalmente, è su stipendi e salari dei lavoratori dipendenti che il tax gap incide in modo minore, per un mero 1%.