La crisi economica ha prodotto un aumento di pignoramenti ed esecuzioni immobiliari del +161% dal 2006 al 2014, mandando all’asta ben 110.000 abitazioni, facendo così sparire una media città come Terni. L’art. 40 del Testo Unico Bancario (D.L. n. 385 del 1° settembre 1993, in vigore dal 1° gennaio 1994), prevede che la banca può invocare come causa di risoluzione del contratto il ritardato pagamento, quando lo stesso si sia verificato almeno sette volte, anche non consecutive.
Per accelerare il recupero dei crediti inesigibili da parte degli istituti di credito, il decreto Boschi ha cancellato l’articolo 2744 del Codice Civile, il cosiddetto divieto di “patto commissorio” col quale si conviene che, in mancanza del pagamento del credito nel termine fissato, la proprietà della casa ipotecata o data in pegno passi al creditore (e cioè alla banca). In particolare, dall’ interpretazione letterale di un passaggio del decreto (il comma 4 dell’ articolo 120-quinquesdecies), la banca potrà mettere in vendita la casa anche se si saltano 7 (o 18 negli emendamenti aggiuntivi) rate del mutuo.
Oltre a mettere in mezzo ad una strada migliaia di cittadini colpiti dalla crisi e che hanno fatto sacrifici per acquistare la prima casa per abitarci, famiglie di lavoratori in temporanee difficoltà economiche per la perdita del lavoro, che dovrebbero essere aiutate dalla funzione sociale del credito e non affossate, l’aggravante di una grave perdita erariale con l’ulteriore sconto fiscale alle banche sulle aste, che invece di pagare un tributo fiscale del 9% sul valore dell’immobile, verserà solo 200 euro.
Un intervento richiesto dall’Abi nelle audizioni parlamentari, con il dg dell’ Associazione bancaria Sabatini che invocò “altri possibili interventi normativi” che sarebbero utili, disse, quelli per “rendere più celere, efficace ed efficiente il recupero del credito”, intervenendo su “procedure concorsuali” e “esecuzioni individuali ed escussione delle garanzie passibili” (che poi sono l’ esproprio e la rivendita degli immobili di chi non riesce a pagare). “Un intervento tempestivo e mirato alla velocizzazione del recupero dei crediti sarebbe di primaria importanza”, è il seguito, proprio per “ridurre la distanza tra valori di bilancio e quotazioni offerte dal mercato”.
Adusbef e Federconsumatori, considerando le condizioni economiche in cui versano migliaia di famiglie italiane, che magari hanno acceso un mutuo con una banca negli scorsi anni e che riescono a onorare a fatica le rate, con l’aumento dei pignoramenti, come risulta dai dati raccolti in 35 tribunali monitorati, con le esecuzioni immobiliari in Italia aumentate del +161 % tra il 2008 ed il 2014, ritengono un inaccettabile palliativo l’aumento da 7 a 18 rate non pagate.
Nel 2014 ci sono stati 5.549 pignoramenti in 12 mesi, 20 per giorno lavorativo, con picchi a Modena, Frosinone, Ferrara, Pesaro, Catania, Monza, Cagliari. Dal 2006 al 2014, nonostante le tutele giudiziarie del diritto e l’ articolo 2744 del Codice Civile, che tentava di riequilibrare la sproporzione contrattuale tra le banche (contraenti forti) e i consumatori (contraenti deboli), secondo i calcoli dell’ Adusbef sono state mandate all’ asta ben 110.000 case.
Dopo aver messo le mani sui risparmi degli italiani con il decreto del 22 novembre 2015 che ha azzerato sacrifici e sudore di 130.000 vittime del salva banche, che il governo Renzi con un provvedimento da far west metta anche le mani sulle case degli italiani, se in ritardo di 7 o 18 rate sul mutuo, con le conseguenti perdite fiscali per l’erario, è inaccettabile. Meglio ritirare un decreto capestro, l’ennesimo aiuto alle banche.