Il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, annuncia che la prossima manovra di bilancio punterà a ridurre le tasse e aumentare la competitività per spingere la crescita, ma nel contempo farà attenzione a “non lasciare indietro nessuno”. Pensioni, sì alla flessibilità in uscita. Nel frattempo, ciò nonostante, Bankitalia taglia le stime della crescita.
Ridurre le tasse e aumentare la competitività per spingere la crescita, ma anche fare attenzione a “non lasciare indietro nessuno”. Saranno le politiche sociali, secondo il ministro del Lavoro Giuliano Poletti, la cifra della prossima manovra di bilancio che conterrà, è la conferma, anche la tanto dibattuta flessibilità in uscita per le pensioni. Carte sul tavolo ancora il Ministero non ne mette, e anche al prossimo incontro con i sindacati, già fissato per il 14 giugno, non è detto che presenterà una proposta precisa. “Cominceremo ad essere più precisi e puntuali – ha spiegato Poletti dopo aver affrontato a Trento al Festival dell’Economia il tema del lavoro ai tempi di internet e dello sviluppo sempre più rapido dei robot. Ma “non ci sarà una proposta definita e indiscutibile” perché “l’impegno che ci siamo assunti è quello di un confronto vero”. Se si arrivasse con la flessibilità già disegnata “potrebbero legittimamente dirci che gli facciamo perdere tempo, ma noi non vogliamo far perdere tempo a nessuno”.
Si tratta invece di trovare il punto di caduta più condiviso possibile e che tenga in equilibrio la possibilità concessa al lavoratore di ritirarsi fino a tre anni in anticipo senza che questo comporti un onore insostenibile per le casse dello Stato. E in questo senso il dibattito si concentra anche sulle possibili penalizzazioni che chi esce in anticipo potrebbe dover sostenere. Allo studio ci sono varie ipotesi, nelle quali Poletti però non si addentra, che prevedono un certo grado di ‘discrezionalità’ per il lavoratore, visto che potrebbero entrare in gioco anche le risorse accantonate nei fondi pensione per ridurre l’entità del prestito da restituire, e che dovrebbero essere a costo zero o quasi per chi invece una occupazione l’ha persa e non la può più ritrovare.
Ma l’altro grande tema al tavolo con i sindacati, ha spiegato Poletti, è quello del lavoro: in vista della manovra d’autunno, infatti, bisognerà decidere quale metodo utilizzare – se ancora una forma di decontribuzione o un taglio strutturale del cuneo fiscale e contributivo – “per continuare ad affermare l’idea che il lavoro a tempo indeterminato, cioè il lavoro stabile, deve costare di meno di quello precario”. Mentre il governo metterà subito mano ai voucher, introducendo “la prossima settimana” i correttivi che consentiranno la tracciabilità dei buoni lavoro e quindi una minore possibilità di abusarne, ci vorrà ancora qualche mese per capire l’orientamento sul lavoro. “In questo momento non sono in grado di dire se” un intervento sul cuneo fiscale, abbastanza impegnativo dal punto di vista delle risorse comunque sia strutturato, possa essere “alternativo” o portato avanti in parallelo alle ipotesi di riduzione dell’Irpef, tutto si deciderà “con la prossima legge di Stabilità”, ha ribadito Poletti, spiegando che le risorse andranno di sicuro trovate per rafforzare le politiche sociali. “Se devo dire la mia priorità nella legge di Stabilità – ha sottolineato – è il social act, tutti gli interventi che guardano al versante sociale” perché “dobbiamo sì fare un grande sforzo per la crescita” ma “bisogna anche dare una mano a chi non ce la fa a salire sul treno della transizione”.
Nel mentre, il prodotto interno lordo dell’Italia nel 2016 crescerà dell’1,1%, mentre sia nel 2017 sia nel 2018 accelererebbe dell’1,2%. A tagliare le stime del Pil è Bankitalia: le precedenti previsioni stimavano una crescita dell’1,5% sia per il 2016 che per il 2017. Banca d’Italia spiega che “il quadro previsivo risente della debolezza dello scenario internazionale, che riflette soprattutto il rallentamento delle economie emergenti, in linea con le valutazioni più recenti delle organizzazioni internazionali”.
Nelle proiezioni per l’Italia nel prossimo triennio elaborate dagli economisti della Banca d’Italia nell’ambito dell’esercizio coordinato dell’Eurosistema, si evidenzia, quindi, come “i principali fattori di incertezza che gravano su questo scenario sono di natura globale: una prosecuzione della fase di debolezza delle economie emergenti e una ripresa meno intensa di quelle avanzate potrebbero frenare gli scambi internazionali più a lungo di quanto qui prefigurato; un aggravamento delle tensioni geopolitiche potrebbe tradursi in un aumento della volatilità dei mercati finanziari e dei premi per il rischio”. In questo quadro, “la crescita dell’Italia sarebbe sospinta soprattutto dalla domanda interna”.
Quanto all’inflazione, rimarrebbe ancora pari a zero nella media di quest’anno per poi risalire solo gradualmente (allo 0,9% nel 2017 e all’1,5 nel 2018) riflettendo sia il contributo della componente importata, sia quello dei prezzi interni, trainati soprattutto dalla ripresa ciclica dei margini di profitto”. Al netto della componente energetica, precisa l’istituto nelle sue stime, l’indice dei prezzi al consumo aumenterebbe dello 0,6% nel 2016, dell’1% nel 2017 e dell’1,5% nel 2018.