Il “regime del margine” è un regime speciale Iva previsto per i “rivenditori di beni usati, di oggetti d’arte, di antiquariato o da collezione”, la cui disciplina è dettata dagli articoli 36-40 del decreto legge 41/1995.
La normativa nazionale recepisce la direttiva 94/5/Ce del Consiglio, del 14 febbraio 1994, adottata nel quadro della realizzazione di un sistema comune Iva (secondo quanto previsto dall’articolo 32 della direttiva 77/388/Cee del 17 maggio 1977).
L’esigenza alla base della disciplina europea e, di riflesso, di quella interna, è “evitare fenomeni di doppia o reiterata imposizione per i beni che, dopo la prima uscita dal circuito commerciale, vengono ceduti a un soggetto passivo d’imposta per la successiva rivendita, con conseguente ulteriore imposizione ai fini Iva in relazione al prezzo di vendita da questi praticato” (cfr circolare min. Finanze n. 177 del 22 giugno 1995).
Dal punto di vista oggettivo, quindi, il regime del margine si applica, essenzialmente, ai “beni usati” ovvero, per usare la terminologia del legislatore europeo, ai “beni d’occasione”, vale a dire ai “beni mobili suscettibili di reimpiego, nello stato originario o previa riparazione”.
Come meglio si preciserà in seguito, i soggetti interessati dal regime del margine possono comunque scegliere di applicare le ordinarie regole Iva. Inoltre, secondo il più recente orientamento giurisprudenziale, il regime de quo non ha natura agevolativa. Infatti, “anche se va escluso che il regime del margine abbia carattere agevolativo, (…) lo stesso è un regime speciale di assolvimento dell’imposta, per cui è onere di colui che richiede di accedervi provare la effettiva ricorrenza di tutti gli elementi normativamente richiesti, sia oggettivi sia soggettivi (…)” (cfr Corte di cassazione, sentenza n. 3089/2016).
Al pari di qualsiasi altro regime speciale Iva, anche quello del margine si caratterizza per essere strutturato secondo un meccanismo derogatorio rispetto alle regole generali previste in materia di imposta sul valore aggiunto. La specialità del regime in esame emerge sotto diversi aspetti. Innanzitutto, il calcolo dell’imposta dovuta non avviene secondo l’ordinario sistema “imposta da imposta”, bensì secondo quello “base da base”.
La base imponibile dell’imposta relativa alla rivendita, infatti, è data dalla differenza (margine) tra il prezzo di vendita e quello d’acquisto, aumentato delle spese di riparazione e di quelle accessorie. In altri termini, la base imponibile su cui applicare l’aliquota Iva prevista per la tipologia di bene oggetto di rivendita non è data dal corrispettivo della cessione, ma dall’utile lordo, cioè dal “margine”, che residua a favore del rivenditore.
Per la determinazione del “margine” e, quindi, della base imponibile, sono previsti, a seconda della tipologia dei rivenditori e dei beni commercializzati (nonché delle modalità della rivendita), tre diversi meccanismi:
– metodo analitico
– metodo forfettario
– metodo globale.
Ognuno di essi implica differenti obblighi formali e contabili a carico del contribuente. Tuttavia, fatto salvo quanto appena ricordato, i soggetti interessati all’applicazione del regime del margine restano comunque assoggettati a tutti gli adempimenti cui sono ordinariamente tenuti (ex Dpr 633/1972), relativi agli obblighi di certificazione dei corrispettivi (scontrino e ricevuta fiscale) e di emissione del documento di accompagnamento dei beni viaggianti, non espressamente derogati dalle disposizioni speciali previste dal citato Dl 41/1995.
Come precisato dall’Amministrazione finanziaria, il regime del margine deve essere tenuto distinto da quello relativo alle cessioni di rottami (articolo 74, commi 7 e 8, Dpr 633/1972).
I due regimi, infatti, “interessano due distinte categorie di beni: il regime del margine disciplina le cessioni di beni usati, intendendosi per tali quelli che sono suscettibili di reimpiego nello stato originario o previa riparazione; il regime sui rottami disciplina le cessioni di beni che, viceversa, non sono suscettibili di reimpiego senza essere sottoposti a ulteriore lavorazione”.
Tuttavia, “in particolari ipotesi può verificarsi che l’operazione economica di acquisto e rivendita di un bene sia interessata dall’applicazione di entrambe le normative speciali. È il caso, ad esempio, di un rivenditore di rottami che acquisti presso un privato un’auto da demolire e che successivamente rivenda i singoli pezzi di ricambio ancora funzionanti”.
Con riguardo a tale caso particolare, l’Amministrazione ha chiarito che “in relazione alla rivendita, si verificano le condizioni richieste per l’applicazione del regime del margine poiché il bene oggetto della rivendita è stato acquistato presso un privato e inoltre ha caratteristiche tali da poter essere utilizzato nello stato in cui si trova o previa riparazione. La cessione del pezzo di ricambio dovrà quindi essere assoggettata a imposta con le particolari regole del margine” (circolare n. 28/E del 21 giugno 2004, paragrafo 12.8).
Tutto ciò premesso, con il presente contributo si passerà in rassegna la disciplina del regime, analizzandone, in primo luogo, le condizioni (oggettive e soggettive) generali di applicazione, per poi esaminare le regole particolari di volta in volta previste con riferimento ai tre diversi meccanismi di determinazione del margine cui si è fatto cenno poc’anzi.
Infine, si ricorda che:
- il regime del margine è stato esteso, con alcune particolarità, anche alle cessioni di beni mobili usati e di oggetti d’arte, d’antiquariato e da collezione effettuate da esercenti agenzie di vendita all’asta che agiscono in nome proprio e per conto di privati, in base a un contratto di commissione (articolo 40-bis, Dl 41/1995, introdotto dall’articolo 45 della legge 342/2000)
- il regime in esame trova applicazione anche nel settore delle auto usate.
Entrambi gli aspetti, peraltro, non saranno approfonditi nel presente lavoro, in quanto saranno oggetto di successivi contributi.