Con la sentenza n. 113/2017 la Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per l’Emilia Romagna, emette un verdetto di condanna per danno erariale pari al complessivo importo di 1,5 milioni di euro (oltre a rivalutazione monetaria e interessi legali) a carico dell’ex sindaco di Bologna e di sette assessori, nonché del dirigente comunale firmatario del parere di regolarità tecnica.
Il tutto in relazione una delibera di Giunta del 2009 che autorizzava la società di trasporto pubblico locale a partecipare a una società di progetto, nell’ambito della concessione di progettazione, costruzione e gestione della navetta con monorotaia sopraelevata, destinata a collegare l’aeroporto e la stazione centrale della Città metropolitana.
I primi due criteri per la determinazione del danno erariale, poggiano, pertanto, sul medesimo presupposto della rinnovazione della procedura di gara. In ordine al tale punto il Collegio osserva che anche laddove fosse stata annullata la delibera 311/2009, ciò non avrebbe dato necessariamente luogo al rinnovo dell’intera procedura. L’affidataria avrebbe ben potuto dar corso alla progettazione e costruzione dell’opera ed individuare un partner diverso da ATC per la gestione, senza alterare in alcun modo l’impianto della gara e l’allocazione dei rischi.
Non solo, ma la rinnovazione della gara prospettata dalla Procura, avrebbe certamente esposto l’Amministrazione agli oneri e spese necessari all’indizione di una nuova gara, nonché al rischio che andasse deserta, come del resto era avvenuto per la stessa infrastruttura nella prima procedura. In ogni caso, il primo criterio per la quantificazione del danno lamentato dalla Procura è un danno ipotetico, fondato su valutazioni di carattere meramente presuntivo, che richiedono una indagine di dati statistici, comparazioni e ricerche di mercato di cui non è dato rinvenire traccia nell’atto di citazione. Manca cioè la prova della effettiva perdita patrimoniale che l’Amministrazione comunale avrebbe subito in conseguenza della pretesa violazione delle norme in questione.
Se è ben vero, infatti, che la giurisprudenza ha riconosciuto come la prova della maggior spendita di denaro pubblico conseguente alla violazione delle norme sulla concorrenza, possa essere fornita anche facendo riferimento alla comparazione con i ribassi altrimenti conseguibili, tale mezzo di prova presuppone comunque da un lato che il danno erariale sia provato e dall’altro che la comparazione avvenga con gare per lavori o servizi “dello stesso genere di quello in contestazione.