dichiarazione-non-veritiera-modello-f24È reato di “falso in atto pubblico” la redazione non veritiera dell’F24. Al vaglio di legittimità la natura giuridica della delega di pagamento ai fini della sanzionabilità penale delle affermazioni ingannevoli riportate alla banca incaricata dell’incasso.


Il contribuente, che attesta falsamente all’impiegato della banca – che partecipa alla compilazione del modello F24 – di essere autorizzato a dedurre, dal proprio debito fiscale, il credito di un altro contribuente, è punibile per falso in atto pubblico. È quanto affermato dalla Corte di cassazione con la sentenza n. 18803 del 2 maggio 2018.

 

La vicenda processuale

 

La Corte di appello, riformando la sentenza del tribunale, assolve l’imputato incriminato di aver compilato il modello F24 con dati non veritieri. In particolare, qualifica il fatto come falso in scrittura privata e, in considerazione dell’intervenuta depenalizzazione della condotta, lo assolve. La parte civile, ossia il titolare del credito utilizzato scorrettamente in compensazione dall’imputato, propone, quindi, ricorso per cassazione, deducendo la violazione di legge in ordine all’errata qualificazione giuridica della condotta. Il ricorrente, certamente non contesta il fatto che il modello F24 fosse stato compilato dall’imputato attestando, falsamente, di essere stato da lui autorizzato a utilizzare i propri crediti fiscali in compensazione dei suoi debiti, ma, considerando la natura di atto pubblico del modello F24, la parte civile ritiene, che si configuri un falso ideologico – nella specie, in atto pubblico – punibile ai sensi dell’articolo 483 del codice penale.

 

La pronuncia della Cassazione

 

La Corte suprema aderendo all’orientamento maggioritario sul punto, in riferimento alla natura di atto pubblico del modello F24, ritiene configurabile, in presenza di attestazioni non veritiere in esso contenute, il reato di falso in atto pubblico, punibile ai sensi dell’articolo 483 del codice penale.

 

Osservazioni

 

Al vaglio di legittimità, la natura giuridica del modello F24 ai fini della sanzionabilità penale della compilazione non veritiera dello stesso. Confermato l’orientamento maggioritario della giurisprudenza di legittimità (cfr, tra le tante, Cassazione, 50569/2013), in base al quale i modelli F24 – di versamento di somme a titolo d’imposta presso gli sportelli delle banche delegate a tale incasso – costituiscono degli atti pubblici.
A conferma dell’assunto, i giudici di legittimità rilevano la funzione svolta dal modello F24, che, compilato dal privato – e completato dagli addetti agli istituti di credito delegati per la riscossione delle imposte – funge, per la normativa di settore, da attestazione del pagamento delle stesse, avvenuto alla presenza del dipendente della banca delegata, e costituisce la prova documentale dell’adempimento dell’obbligazione tributaria, con efficacia pienamente liberatoria del contribuente.

 

Dalla disciplina contenuta nell’articolo 19, Dlgs 241/1997 si deduce, invero, che l’amministrazione finanziaria delega agli istituti bancari l’incasso delle somme dovute a titolo di imposta, attribuendo così alle medesime, e ai dipendenti che per esse operano e che materialmente eseguono l’operazione, gli stessi poteri attestativi che hanno i propri dipendenti, così che l’atto di versamento e di ricevuta rilasciato, assume la medesima efficacia probatoria di quello che sarebbe stato formato dai funzionari pubblici, e di conseguenza, anche la medesima efficacia liberatoria dell’obbligazione tributaria.

 

La natura di atto pubblico del modello F24, consente di prendere le distanze dai quei pronunciamenti isolati in cui esso viene configurato o solo come un attestato del contenuto di altri atti o solo come una scrittura privata.

 

Il modello F24 non può essere considerato un’attestazione del contenuto di un altro e diverso atto, ma costituisce esso stesso l’atto di pagamento dell’imposta, visto che, con la sua sottoscrizione e la consegna alla banca delegata, il contribuente incarica (con delega irrevocabile) la banca a corrispondere all’Amministrazione finanziaria la somma contestualmente versata (o a disposizione del contribuente presso il medesimo istituto).
Così, come la tesi, secondo cui il modello F24 costituisce soltanto una scrittura privata, muove da un’incompleta considerazione della natura e della funzione dell’atto, che non consiste nella sola dichiarazione di volontà del contribuente di versare le imposte dovute ma che, come si è già ricordato, costituisce anche la prova del pagamento delle stesse  avvenuto alla presenza del dipendente della banca delegata dall’amministrazione finanziaria a riscuoterle.
Dalla natura di atto pubblico del modello F24 deriva, pertanto, nell’ipotesi di sua compilazione non veritiera, la configurabilità del reato di “falso in atto pubblico”, punito ai sensi dell’articolo 483 del codice penale e non la falsità in scrittura privata, depenalizzata poi a seguito dell’abrogazione dell’articolo 485 cp, a opera del Dlgs 7/2016.

 

Nella specie, quindi, l’attestazione non veritiera, fatta all’impiegato della banca – che partecipa alla redazione del modello F24 – di essere stato autorizzato a dedurre dal proprio debito fiscale il credito di un altro contribuente, in quanto falso in atto pubblico, configura un’ipotesi di falsità ideologica penalmente sanzionata.