La Camera dei Deputati ha definitivamente approvato la legge di delegazione europea 2014. La legge reca i criteri di delega per la trasposizione nell’ordinamento nazionale di numerose importanti direttive europee. Tra queste figura la direttiva 2014/59/UE che istituisce un quadro di risanamento e risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di investimento (la cosiddetta BRRD).
Cosa prevedono le nuove norme per affrontare le crisi bancarie?
La direttiva BRRD istituisce un regime armonizzato per la gestione delle crisi delle banche, che comprende: a) misure per prevenire l’insorgere di crisi e misure di intervento precoce idonee ad affrontare con successo casi di banche in difficoltà; b) misure preparatorie perché una eventuale risoluzione possa essere condotta rapidamente e con i minimi rischi per la stabilità finanziaria del Paese; c) strumenti di risoluzione comuni a tutti i Paesi membri per risolvere efficacemente le crisi in alternativa alla liquidazione quando la crisi stessa potrebbe avere un impatto sull’intero settore; d) istituzione del Fondo nazionale di risoluzione.
La finalità della direttiva è quella di evitare liquidazioni disordinate, che amplifichino gli effetti e i costi della crisi, dotando l’autorità di risoluzione di strumenti che consentano un intervento precoce e efficace, riducendo al minimo l’impatto del dissesto sull’economia e sul sistema finanziario. In Italia l’autorità di risoluzione è la Banca d’Italia.
Che cosa accade in caso di crisi bancaria oggi?
La legislazione attuale prevede che le banche non possano essere assoggettate a procedure concorsuali diverse dalla liquidazione coatta amministrativa. Si tratta di una procedura volta alla liquidazione della banca in crisi, che comporta l’azzeramento del capitale (quindi la perdita di valore per gli azionisti) e la cessione del patrimonio residuo per rimborsare i creditori. Il grado di soddisfazione dei creditori dipende dalla realizzazione dell’attivo, quindi i creditori possono trovarsi nella condizione di perdere integralmente il proprio credito se il patrimonio residuo non è sufficiente a soddisfare tutti i crediti. Fanno eccezione i titolari di conto corrente perché fino all’importo di 100.000 euro i depositi sono rimborsati dai sistemi di garanzia dei depositi.
Maggiori tutele a favore dei creditori possono derivare dalla decisione dello Stato in cui risiede la banca in crisi di salvare la banca stessa utilizzando soldi pubblici, cioè risorse messe a disposizione non dai creditori della banca ma da tutti i contribuenti.
Che cosa accade con le nuove norme che derivano dal recepimento della direttiva BRRD?
La legge nazionale disciplinerà la procedura di risoluzione, di nuova introduzione, in alternativa alla liquidazione coatta amministrativa. La possibilità di attuare misure di sostegno pubblico risulterà fortemente limitata, in modo da ridurre il rischio che vengano utilizzate risorse dei contribuenti per salvataggi di singole istituzioni bancarie.
Che cosa è il bail-in e a chi si applica?
Il bail-in è uno strumento di risoluzione che si attiva qualora l’azzeramento del capitale non sia sufficiente a coprire le perdite. Questo strumento consente alla Banca d’Italia (l’autorità nazionale di risoluzione) di svalutare alcune categorie di crediti vantati da terzi nei confronti della banca, così come di convertire quei crediti in azioni al fine di soddisfare esigenze di ricapitalizzazione. Proprio come oggi una liquidazione coatta amministrativa potrebbe chiamare i creditori a sopportare perdite a causa della crisi della banca. Con le nuove norme nessun creditore può subire perdite maggiori di quelle che avrebbe sopportato in caso la banca fosse stata sottoposta a liquidazione coatta amministrativa secondo la normativa oggi in vigore.
La direttiva invece esclude esplicitamente alcune categorie di crediti escluse dal contributo alla risoluzione della crisi bancaria. Ad esempio, oltre che i depositi protetti (cioè i depositi ammessi al rimborso da parte di un sistema di garanzia dei depositi, fino a 100.000 euro), sono escluse le passività garantite, le disponibilità detenute dalla banca per conto del cliente (per esempio il contenuto della cassetta di sicurezza o i titoli depositati in un conto apposito), o i crediti da lavoro o dei fornitori. L’autorità di risoluzione può escludere altre categorie di crediti, al ricorrere di determinate condizioni secondo una valutazione da fare caso per caso.
Il coinvolgimento nel processo di risoluzione di quei crediti non esclusi dalla direttiva è applicato alle varie categorie secondo un ordine preciso, che prevede prima l’azzeramento del capitale e delle riserve (con perdite per gli azionisti) e poi (se necessario) la svalutazione o conversione degli strumenti aggiuntivi di capitale e delle altre categorie di debito subordinato. Successivamente la svalutazione/conversione si applicherebbe ai crediti non subordinati e non garantiti.
La Banca di Italia può utilizzare anche le risorse del Fondo nazionale di risoluzione, tenendo quindi indenni talune categorie di creditori, purché sia soddisfatta la condizione che azionisti e creditori abbiano assorbito le perdite per un ammontare pari almeno all’8% del totale passivo. La condizione dell’8% di bail-in minimo deve essere rispettata anche nel caso di sostegno finanziario pubblico.
E i depositi?
La direttiva BRRD ha introdotto dei criteri di privilegio dei crediti (la cosiddetta depositor preference): gli Stati nazionali devono modificare la gerarchia dell’insolvenza in modo tale che i crediti dei depositanti siano preferiti rispetto ai crediti chirografari e così fa l’Italia con il recepimento della direttiva. Il massimo privilegio nella tutela riguarda tutti i depositi fino a 100.000 euro (depositi protetti) e i depositi oltre questa soglia di persone fisiche, microimprese e piccole e medie imprese. Infatti i depositi protetti sono sempre esclusi dal bail-in, mentre in ragione della depositor preference anche i depositi sopra soglia di persone fisiche e piccole e medie imprese potranno risultare sostanzialmente indenni.