In Senato via alle audizioni sulla nota di aggiornamento del Def. L’Istituto di statistica conferma che le stime riviste del governo sono in linea con i dati attesi, ma ammonisce: “la fiducia delle famiglie è significativamente indebolita dalla durata della crisi”. Per la Corte dei Conti “permangono potenziali elementi di fragilità nel percorso programmatico di finanza pubblica”.
Basta incertezza sulle tasse, soprattutto per quelle sulla casa. Nel promuovere il nuovo quadro dei conti pubblici tratteggiato dal governo con la nota di aggiornamento del Def, la Corte dei Conti suggerisce all’Esecutivo di “approfondire” l’impatto sulla crescita che si punta a ottenere attraverso il piano taglia-tasse annunciato da Matteo Renzi, che partirà il prossimo anno dalla Tasi sulla prima casa, dopo che negli ultimi anni ci sono stati ripetuti e “a volte contraddittori” interventi. E mette in guardia dal rischio che previsioni che per ora sono “ragionevoli”, ma che potrebbero rivelarsi “troppo ottimistiche” soprattutto per il mutato quadro internazionale, possano avere un effetto negativo sulla fiducia, che proprio ieri l’Istat ha registrato al top dopo gli anni più bui della crisi.
Lo stesso istituto di statistica, sentito in Parlamento sul Def, certifica che le stime riviste del governo sono in linea con i dati attesi (il Pil anche nel quarto trimestre registrerà una crescita tra +0,2% e +0,4%, confermando in sostanza il +0,9% previsto dall’esecutivo). Allo stesso tempo però, visto che la crescita più robusta nella strategia del governo fa perno sulla ripresa della domanda interna, invita a fare attenzione perché “l’espansione dei consumi potrebbe essere meno rapida” del +1,5% previsto dal governo perché influenzata “da una moderata riduzione della disoccupazione e da un più lento ripristino delle condizioni di fiducia delle famiglie, significativamente indebolite dalla durata della crisi”. Peraltro anche i magistrati contabili mettono in guardia perché “permangono potenziali elementi di fragilità nel percorso programmatico di finanza pubblica, che attengono alla tenuta del quadro di riferimento” esterno e “alla composizione della manovra”.
Anche perché l’aumento programmato del deficit “riduce i margini di protezione rispetto a una valutazione che potrebbe rivelarsi troppo ottimistica degli andamenti tendenziali” esponendo la gestione del bilancio “agli effetti di una perdita di fiducia che risulterebbe incompatibile con l’ attuale impostazione”. Incertezze derivano poi dalle previsioni del gettito fiscale, che potrebbe essere “inferiore a quanto stimato”. Mentre andrebbero meglio specificate le misure che si vogliono mettere in campo per disinnescare le clausole di salvaguardia non solo per il 2016 ma anche per gli anni successivi (oltre 26 miliardi nel 2017, circa 29 a regime nel 2019).
Uno dei pilastri della manovra doveva essere la spending review da 10 miliardi di cui, come notano anche i tecnici di Camera e Senato, non c’è più traccia specifica nel Nota. E se va bene immaginare un percorso più ‘morbido’, visto che già “lo sforzo nei tendenziali è notevole” e che misure troppo drastiche sarebbero recessive, la Corte dei Conti ricorda allo stesso tempo che proprio “adeguati risultati nel controllo della spesa appaiono come il più importante fra i fattori di credibilità” per il Paese.