La legge di bilancio 2018, nell’ambito delle agevolazioni a favore dei soggetti operanti nel settore del Fintech (tecnologia digitale applicata ai servizi finanziari), ha introdotto uno specifico regime fiscale dei proventi derivanti dalle attività di crowdfunding e peer to peer lending: quali novità fiscali per questo settore?
Si prevede, infatti, la loro qualificazione in termini di redditi di capitale e l’applicazione di una ritenuta a titolo d’imposta nella misura del 26% (articolo 1, commi 43 e 44, legge 205/2017). Con il presente contributo, suddiviso in due parti, si intende fornire una sintetica descrizione del nuovo regime di tassazione. L’analisi delle regole fiscali sarà preceduta dalla descrizione delle caratteristiche principali del comparto delle attività Fintech, nel cui ambito si collocano le piattaforme di peer to peer lending.
Il settore Fintech
Il termine Fintech è il risultato dell’unione delle parole “finanza” e “tecnologia” (tecnofinanza, financial tecnology, tecnologia applicata alla finanza). Esso, quindi, indica in senso lato “l’innovazione finanziaria resa possibile dall’innovazione tecnologica, che può concretizzarsi in nuovi modelli dibusiness, processi o prodotti, producendo un effetto determinante sui mercati finanziari, sulle istituzioni o sull’offerta di servizi” (cfr. la recente Indagine conoscitiva della Banca d’Italia del dicembre 2017, il documento del Financial stability board, “Fintech credit Market structure: business models and financial stability implications“, nonché Lo sviluppo del Fintech. Opportunità e rischi per l’industria finanziaria nell’era digitale).
Le attività Fintech si collocano, pertanto, all’interno del più generale processo di digitalizzazione dell’economia e si caratterizzano per l’applicazione delle innovazioni tecnologiche ai servizi finanziari, ma non solo. Infatti, in ambito Fintech tali innovazioni investono tutti i settori dell’intermediazione bancaria e finanziaria:
- credito (crowdfunding)
- servizi di pagamento (instant payment)
- valute virtuali (bitcoin)
- servizi di consulenza (robo-advisor)
- tecnologie di validazione decentrata delle transazioni (blockchain o Dlt – distributed ledger technology), di identificazione biometrica (impronta digitale, retina o riconoscimento facciale), di supporto all’erogazione di servizi (cloud computing e big data).
In altri termini, le attività Fintech potenzialmente interessano ogni parte del mercato dei servizi bancari e finanziari, ponendosi all’interno di un processo di continua sperimentazione di servizi innovativi, fondati su nuove relazioni tra intermediari finanziari (tradizionali e non), imprese, istituzioni e individui.
Il crowdfunding
Nell’ambito delle attività Fintech si colloca, tra le altre, la macrocategoria dei servizi di crowdfunding, cioè strumenti di raccolta fondi per un progetto o un’attività specifica, mediante un invito pubblico.
Il crowdfunding si articola nei seguenti modelli applicativi:
- investment-based crowdfunding: emissione di strumenti rappresentativi del capitale sociale ovvero di titoli di debito o altri strumenti finanziari, distribuiti tramite piattaforme on line
- invoice trading crowdfunding: cessione di crediti commerciali a un gruppo di investitori tramite piattaforma on line
- social lending e/o lending-based crowdfunding e/o peer to peer lending: strumenti attraverso i quali una pluralità di soggetti può richiedere a una pluralità di potenziali finanziatori, tramite piattaforme on line, fondi rimborsabili per uso personale o per finanziare un progetto.
Il peer to peer lending
Il peer to peer lending rientra, quindi, nel novero dei servizi di crowdfunding e rappresenta uno strumento di finanziamento, alternativo rispetto agli intermediari creditizi, attraverso il quale “famiglie e piccole imprese vengono finanziate direttamente da una moltitudine di investitori. L’incontro tra domanda e offerta di fondi (da parte di privati o investitori istituzionali) avviene su una piattaforma informatica che valuta il merito di credito dei debitori e gestisce i flussi di pagamento tra le parti” (vedi “Il lending-based crowdfunding: opportunità e rischi” in Questioni di Economia e finanza, Banca d’Italia, n. 375, marzo 2017).
Questo canale di finanziamento si distingue dalle altre tipologie di crowdfunding poiché “finanziatori e prenditori sottoscrivono (direttamente o indirettamente) un contratto di debito, con il quale i primi forniscono una somma in denaro e i secondi si impegnano a restituire il capitale (quasi sempre maggiorato da un tasso d’interesse) in un dato lasso temporale“.
Attraverso il peer to peer lending singoli investitori, società che offrono servizi di gestione patrimoniale, investitori istituzionali o banche finanziano famiglie, associazioni senza scopo di lucro, Pmi.
I modelli operativi adottati dai gestori delle piattaforme on line, “che facilitano l’incontro tra domanda e offerta di finanziamenti“, sono molto eterogenei. Tuttavia, è possibile indicare le seguenti caratteristiche comuni:
- raccolta delle domande di finanziamento provenienti dai potenziali debitori, con l’indicazione delle informazioni essenziali sul progetto da finanziare
- selezione dei potenziali debitori sulla base del loro merito di credito
- assegnazione di un rating relativo al livello di probabilità che il prestito venga ripagato
- possibilità di finanziare anche solo una quota del prestito richiesto
- gestione dei flussi di pagamento tra debitori e investitori
- utilizzo di procedure standardizzate e automatizzate
- erogazione dei servizi attraverso canali digitali
- remunerazione mediante commissioni proporzionali all’importo del debito e dell’ammontare investito.
A oggi, il peer to peer lending copre solo una piccola quota del mercato dei finanziamenti, sebbene si tratti di un settore in continua espansione. Cina, Regno Unito e Usa sono i paesi in cui questo strumento è maggiormente diffuso.
In Italia il peer to peer lending è operativo dal 2008, ma finora non ha trovato una significativa diffusione, anche a causa delle incertezze del quadro regolamentare.
In questo contesto, tuttavia, è intervenuta la Banca d’Italia che, con il provvedimento 8 novembre 2016 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, Serie generale n.271, del 19 novembre 2016), ha dettato disposizioni per la raccolta del risparmio dei soggetti diversi dalle banche, dedicando specifica attenzione anche al social lending.
Innanzitutto, la Banca d’Italia ha ribadito che il social lending (o lending based crowdfunding o peer to peer lending) è uno strumento attraverso il quale una pluralità di soggetti può richiedere a una pluralità di potenziali finanziatori, tramite piattaforme on line, fondi rimborsabili per uso personale o per finanziare un progetto.
In secondo luogo, si prevede che l’operatività dei gestori dei portali on line e di coloro che prestano o raccolgono fondi tramite gli stessi portali (rispettivamente, finanziatori e prenditori) è consentita nel rispetto delle norme che regolano le attività riservate dalla legge a particolari categorie di soggetti (ad esempio, attività bancaria, raccolta del risparmio presso il pubblico, concessione di credito nei confronti del pubblico, mediazione creditizia, prestazione dei servizi di pagamento).
Con riguardo alla raccolta del risparmio tra il pubblico, il provvedimento ricorda che tale attività è, in linea di principio, vietata sia ai gestori sia ai prenditori. Tuttavia, anche per questi soggetti operano le deroghe al divieto di raccolta di risparmio tra il pubblico previste dall’articolo 11, Dlgs 385/1993 (Testo unico bancario).
In particolare, per quanto riguarda i gestori, non costituisce raccolta di risparmio tra il pubblico:
- la ricezione di fondi da inserire in conti di pagamento utilizzati esclusivamente per la prestazione dei servizi di pagamento dai gestori medesimi, se autorizzati a operare come istituti di pagamento, istituti di moneta elettronica o intermediari finanziari autorizzati a prestare servizi di pagamento
- la ricezione di fondi connessa all’emissione di moneta elettronica effettuata dai gestori a tal fine autorizzati.
Per i prenditori, invece, non costituisce raccolta di risparmio tra il pubblico:
- l’acquisizione di fondi effettuata sulla base di trattative personalizzate con i singoli finanziatori. Con riguardo alle modalità operative tipiche delle piattaforme di social lending, le trattative possono essere considerate personalizzate allorché i prenditori e i finanziatori sono in grado di incidere con la propria volontà sulla determinazione delle clausole del contratto tra loro stipulato e il gestore del portale si limita a svolgere un’attività di supporto allo svolgimento delle trattative precedenti alla formazione del contratto. Per non incorrere nell’esercizio abusivo della raccolta del risparmio, i prenditori si avvalgono esclusivamente di piattaforme che assicurano il carattere personalizzato delle trattative e sono in grado di dimostrare il rispetto di tale condizione anche attraverso un’adeguata informativa pubblica
- l’acquisizione di fondi presso soggetti sottoposti a vigilanza prudenziale, operanti nei settori bancario, finanziario, mobiliare, assicurativo e previdenziale.
Infine, la Banca d’Italia precisa che:
- la previsione di un limite massimo, di contenuto importo, all’acquisizione di fondi tramite portale on line di social lending da parte dei prenditori è volta a impedire ai soggetti non bancari di raccogliere fondi per ammontare rilevante presso un numero indeterminato di risparmiatori
- sono comunque precluse ai gestori e ai prenditori la raccolta di fondi a vista e ogni altra forma di raccolta collegata all’emissione o alla gestione di mezzi di pagamento a spendibilità generalizzata
- restano ferme le possibilità di raccolta senza limiti da parte di banche che esercitano attività di social lending attraverso portali on line.
Nell’ambito di tale disciplina, quindi, i gestori delle piattaforme on line non entrano a far parte del contratto di finanziamento stipulato tra finanziatore e prenditore, ma svolgono unicamente una serie di attività di supporto alle parti (ad esempio, raccolta delle domande di finanziamento, selezione dei potenziali debitori sulla base del loro merito di credito, assegnazione di un rating, gestione dei flussi di pagamento, incasso degli interessi e rimborso del capitale).
Il profilo fiscale
Nell’indagine conoscitiva sopra ricordata, la Banca d’Italia ha sottolineato che “con riferimento alla normativa fiscale, una delle principali preoccupazioni dell’industria Fintech è legata all’assenza di incentivi agli investimenti tramite piattaforme di crowdfunding”.
In questo scenario, quindi, si è inserita la legge di bilancio 2018 (con le disposizioni dettate dai ricordati commi 43 e 44 dell’articolo 1), con l’obiettivo di rendere la tassazione dei proventi derivanti dalle attività di peer to peer lending fiscalmente competitiva rispetto a quella degli impieghi finanziari tradizionali.
L’esame specifico del nuovo assetto tributario sarà oggetto della seconda parte del contributo.